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19/09/2025

Scintille intorno a Taiwan, la NATO schiera le sue navi e alza la tensione

Qualche giorno fa abbiamo riportato come la strategia per la sicurezza nazionale del Pentagono abbia spostato il suo focus dal ‘resto del mondo’ al ‘cortile di casa’ latinoamericano. Ma i punti di tensione nell’Indo-Pacifico rimangono, e lo dimostra l’ennesimo braccio di ferro avvenuto con la Cina intorno a Taiwan.

Questa volta, in maniera più esplicita, è la NATO l’attore che si confronta con Pechino. Infatti, sia un cacciatorpediniere USA sia una fregata britannica hanno seguito il percorso della portaerei Fujian, vicino alle coste dell’arcipelago taiwanese, che pochi giorni fa ha attraversato lo Stretto di Formosa.

La Fujian è la terza portaerei varata dal Dragone, è stata presentata nel 2022 e dal 2024 sta portando avanti collaudi ed esercitazioni. Il passaggio per lo stretto che separa la Cina continentale da Taiwan era parte di queste attività, “coerenti con il diritto internazionale e prive di riferimenti a Paesi o obiettivi specifici”, ha specificato Jiang Bin, portavoce del ministero della Difesa.

L’azione è stata però intesa come una dimostrazione di potenza verso l’arcipelago considerato come provincia ribelle, e non riconosciuto come Stato indipendente da quasi nessuno paese al Mondo. Soprattutto, perché si è svolta mentre gli USA stanno portando avanti col Giappone delle esercitazioni con i sistemi missilistici Typhon nell’isola di Okinawa, che proseguiranno fino al 25 settembre.

Taiwan ha risposto annunciando, lo stesso giorno del passaggio della Fujian, che il ministero della Difesa sta lavorando a un bilancio straordinario settennale, separato da quello annuale, che dovrebbe impegnare ulteriori fondi per un totale che varia tra i 22 e i 28 miliardi di euro. L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la propria deterrenza contro la Cina.

Nel frattempo, è stato annunciato un accordo per il quale l’azienda stelle-e-strisce Anduril – parte del nuovo blocco di aziende che ha acquistato peso nel complesso militare-industriale statunitense, in particolare con Trump – produrrà il missile da crociera Barracuda-500 e un drone sottomarino in collaborazione col National Chung-Shan Institute of Science and Technology (NCSIST) di Taiwan: è la prima volta che si raggiunge un’intesa simile.

Dopo aver tenuto un incontro online col segretario alla Difesa Pete Hegseth la scorsa settimana, il ministro della Difesa di Pechino ha ribadito ieri che il ritorno di Taiwan alla Cina “è parte integrante dell’ordine post-bellico”. Lo stesso ha ribadito, in sostanza, il portavoce dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato cinese.

Che la linea di faglia tra Washington e Pechino passi per Taiwan è risaputo, e tali eventi non fanno che confermarlo. Inoltre, alcune recenti dichiarazioni di Trump dimostrano che lo spostamento dell’attenzione verso l’America Latina non può prescindere dal mantenere una cintura di sicurezza intorno al Dragone.

In una conferenza stampa congiunta con Keir Starmer, durante la sua visita nel Regno Unito, The Donald ha rivelato l’intenzione di riportare in mano statunitense la base aerea di Bagram, in Afghanistan. Uno degli hub militari fondamentali degli USA, durante l’invasione ventennale del paese, viene nominato quasi dal nulla da parte del tycoon, con un nemico chiaro: la Cina.

Trump ha infatti ricordato che la base si trova “a circa un’ora di distanza da dove la Cina sta sviluppando le sue armi nucleari”. Parole che non possono passare inosservate, perché palesano lo sguardo vigile sull’arsenale nucleare del Dragone, e persino l’idea di puntarvi contro aerei e bombe. Una dichiarazione che, ancora una volta, stride con la figura di pacificatore che vuole affibbiarsi il presidente degli Stati Uniti.

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