È noto – almeno ai nostri lettori – che consideriamo la classe politica italiana ed europeo di livello infimo. E che indichiamo la causa di questo degrado nella struttura istituzionale dell’Unione Europea, che affida a dei trattati scritti seguendo le follie macroeconomiche dell’ordoliberismo di 30 anni fa il compito di regolare a tempo indefinito le scelte politiche – e di spesa pubblica – dei singoli paesi.
Questo meccanismo, dopo così tanto tempo, ha selezionato un ceto politico irresponsabile in senso letterale, ossia incapace di assumere autonomamente una qualsiasi decisione che sia in contrasto con il “pensiero unico” vigente in Europa, affidandosi nei casi incerti alle decisioni degli “organismi superiori”. Siano questi la tecnoburocrazia di Bruxelles (che a fine carriera nazionale vanno spesso ad integrare) oppure il vertice militare della Nato, che ha fin qui obbedito alle volontà dei presidenti Usa.
Si comprende dunque bene perché abbiano assunto ruoli apicali personaggi decisamente di quinta fila, buoni per le photo opportunity e i discorsetti scritti da un ghost writer, ma terribilmente nudi – intellettualmente privi di qualsiasi abito – una volta messi da soli davanti a un microfono o un post social non supervisionato da qualcuno bravo. I nomi sono tutti quelli che conoscete bene – Stoltenberg, Rutte, Kallas, von der Leyen, Borrell e giù precipitando fino all’Italia.
Poi ci sono anche gli sconosciuti, pronti a sparar fesserie tali che si scopre solo dopo essere stati investiti di un incarico nazionale prestigioso. Per esempio Dovilė Šakalienė, ministra della Difesa della Lituania, teoricamente pari grado del “nostro” – si fa per dire – Guido Crosetto.
“Teoricamente” in senso stretto, perché la Lituania è – come gli altri due gemelli baltici – un paese con scarsa popolazione (2,8 milioni di persone), un esercito in proporzione, ma praticamente senza marina e senza aviazione, tant’è vero che ci stanno i caccia italiani per le “emergenze” e il primo reparto tedesco dai tempi della Guerra Mondiale.
Ciò non toglie nulla alla dignità di una “nazione”, ovviamente, specie per noi europei abituati a trattare con San Marino, il Lichtenstein, Andorra o il Lussemburgo (ci piacciono i piccoli paradisi fiscali). Ma a livello di relazioni internazionali vale il principio esistente anche tra gli individui: conti per quello che pesi, e sei tanto più considerato “serio” quanto più ti affidi all’intelligenza piuttosto che alla forza. Specie se quest’ultima non ce l’hai.
Invece i baltici, per motivi storici o ideologici (vi sovrabbondano i nazisti eredi di quei “Fratelli della foresta” – collaborazionisti delle SS – celebrati di recente addirittura da Ursula von der Leyen, casualmente anche lei discendente diretta di gerarchi del Reich), sembrano voler incarnare il motto “anche le formiche hanno la tosse”.
La ministra lituana Dovilė Šakalienė, dicevamo, in mancanza di altri meriti rilevanti, si è fatta notare negli ultimi giorni per un suo post in cui invitava i colleghi a “fare come la Turchia 10 anni fa” la prossima volta che un aereo russo attraverserà il loro spazio aereo.
Si riferiva ad un Sukhoi Su-24 russo abbattuto da un F-16 turco mentre era impegnato in una operazione di bombardamento in Siria, vicino Latakia. Si può tranquillamente sorvolare se sia vero o no che l’aereo russo in quel caso avesse sconfinato, cosa che Mosca ha negato e sembrerebbe confermata dal fatto che il velivolo cadde in territorio siriano e i due piloti erano stati poi uccisi dai miliziani dell’Isis sostenuti da Ankara che ora “governano” a Damasco.
Si può sorvolare anche sui dettagli tecnici. Quel Sukhoi era un aereo da attacco al suolo, dotato perciò di missili aria-terra, di fatto impossibilitato a sostenere una battaglia aerea. Mentre i Mig vicini allo spazio estone erano armati di missili aria-aria e quindi perfettamente in grado di duellare con i due F-35 italiani fatti decollare in quell’occasione.
Il cuore (sottinteso) dell’argomentazione della ministra Šakalienė è che si può tranquillamente buttare giù un aereo militare russo, tanto non succede niente, pensando probabilmente di essere “protetti dall’art. 5 della Nato”. Abbattimento che tra l’altro l’Estonia non potrebbe neanche tentare visto che la sua aviazione consiste in... due aeroplani da addestramento. Quindi la Šakalienė sta chiedendo alla Nato di farlo al suo posto, con conseguenze facilmente prevedibili.
Come hanno fatto notare analisti esperti di cose militari e diplomatiche, dopo l’“incidente turco” non è che andò tutto liscio, per Erdogan, anche se Ankara era ed è un membro della Nato (il secondo esercito dell’alleanza, peraltro).
Sinteticamente. Sul piano diplomatico e commerciale:
“Il giorno dopo l’incidente Medvedev, all’epoca primo ministro, cancellò tutti i programmi di cooperazione economica con la Turchia, incluso il gasdotto Turkish Stream; le importazioni di prodotti alimentari turchi vennero bloccate, così come i permessi di lavoro dei turchi in Russia, i pacchetti-vacanza in Turchia e i voli charter dei tour operator russi, mentre i controlli di sicurezza sulle compagnie aeree turche negli scali russi furono aumentati talmente tanto da rendere loro sostanzialmente impossibile lavorarci”.
Sul piano strettamente militare:
“La campagna di bombardamento contro i turkmeni nel Latakia riprese con entusiasmo, ogni avvertimento turco a non operare vicino al confine venne ignorato completamente e i turchi si guardarono bene dall’intervenire di nuovo; un convoglio di “aiuti” proveniente dalla Turchia e diretto ai loro proxy in Siria venne bombardato e distrutto, il Ministero della Difesa russo interruppe ogni contatto con il suo omologo turco; e la Turchia ed Erdogan personalmente vennero accusati ufficialmente di essere paesi sponsor del terrorismo e di ricavare profitto dal petrolio siriano contrabbandato dai ribelli che sostenevano”.
Nel giugno 2016 Erdogan si convinse a scrivere una lettera a Putin per esprimere “il suo più profondo rammarico” per l’abbattimento del Sukhoi. I due piloti responsabili dell’abbattimento furono persino arrestati, anche perché sospettati di appartenere al movimento gülenista (responsabile del tentato colpo di stato “filo-occidentale” dello stesso anno).
La ministra della difesa Šakalienė si era fin qui fatta notare per diverse proposte di attacco/sequestro a navi dirette a San Pietroburgo, sospettate di far parte della “flotta ombra” di mercantili con cui vengono aggirate parte delle sanzioni europee. Ma non sfugge a nessuno che l’attacco diretto a forze militari russe aprirebbe un tipo di “contenzioso” decisamente più esplosivo.
Mettere il futuro del Vecchio Continente nelle mani di scervellati del genere è il modo certo di provocare disastri che ricadrebbero per intero sui popoli, mentre certi figuri avrebbero forse il tempo di mettersi in salvo.
Soprattutto, è la prova provata che il neoliberismo imperialista, oltre che ridurre a ben poco la capacità di resistenza organizzata dei lavoratori, ha distrutto anche il “versante politico” di se stesso. Proprio come ha cancellato, “grazie” ad Israele, quella super-ipocrita narrazione sui “diritti umani” quale fondamento dell’Occidente capitalistico. Il diritto alla vita, non serve un prete per capirlo, è il primo di quei diritti. Se viene annullato, gli altri sono chiacchiere da talk show...
P.s. Il degrado della qualità ha però da tempo contagiato anche la sotto-casta dei “giornalisti”. Complici i bassi salari e gli stage gratuiti, oltre all’ansia dell’omologazione, sempre più spesso si verificano strafalcioni del genere, in cui è incorso peraltro il meno devastato dei giornali italiani: IlSole24Ore. Che per qualche ore ha mantenuto nella sua edizione online questa “perla” del wishful thinking guerrafondaio.
Fonte

Nessun commento:
Posta un commento