Anche l’“abilissima” Giorgia Meloni – definizione non nostra, ma comune sui media – comincia a battere in testa, uscendosene con giudizi e frasi pronte a diventare un boomerang.
La situazione per lei e il suo governo di impresentabili si fa facendo sempre più difficile sia sul piano interno che su quello internazionale, per ragioni in parte diverse ma accomunate da due guerre che sono ormai rasoi impossibili da cavalcare.
La svalvolata più chiara gli è scappata parlando della Global Sumud Flotilla, iniziativa ultra-pacifica di attivisti arrivati da ben 44 paesi, di tutto il Mondo e di tutte le religioni o visioni politiche.
Non ci riferiamo tanto a quegli aggettivi buttati lì, nelle strade di New York – “gratuito, pericoloso, irresponsabile” – perché, sebbene marinati nel cinismo peggiore, sarebbero comunque un “giudizio politico”. Discutibilissimo, persino immorale, ma in fondo solo suo.
Il primo svalvolamento pesante è nell’accusa surreale fatta a quell’insieme: iniziative come questa “sembrano prevalentemente fatte non per consegnare gli aiuti ma per creare problemi al governo”. In pratica, qualcuno avrebbe organizzato una congiura internazionale con 44 nazionalità diverse solo per mettere in difficoltà lo “splendido” governo di centrodestra...
Prendiamo quindi atto che comunque il governo ammette di essere in difficoltà, su questa cosa. Specie dopo il milione di persone scese in piazza il 22 settembre – raccogliendo l’invito allo sciopero generale di USB, Potere al Popolo e una marea di associazioni – e soprattutto dopo il terzo attacco israeliano contro la Flotilla, che stavolta ha coinvolto anche imbarcazioni italiane.
Una difficoltà visibile già nelle parole con cui inizialmente il ministro della difesa, Guido Crosetto, motivava l’invio di una fregata militare al seguito della Flotilla, definendo però “non identificati” i droni che l’avevano effettuato.
Negli stessi minuti il ministro degli esteri, Antonio Tajani, assicurava di essere in contatto con Israele per chiedere di salvaguardare l’incolumità delle persone a bordo delle navi attaccate, la prossima volta.
Che gli autori dell’attacco fossero gli israeliani era insomma certo – alla faccia delle difese d’ufficio dei vari Borghi, Gasparri, Malan, ecc. a Montecitorio – anche perché l’aereo-spia che li coordinava era stato identificato, nonostante l’assenza di insegne, grazie ai numeri sul timone (è bastata una semplice ricerca su Internet per verificare l’appartenenza).
Prima sintesi: il governo nel suo insieme fa fatica a gestire l’aggressione militare sionista contro pacifici cittadini occidentali, anche italiani, che per un verso lo costringe a “tutelare” almeno i propri connazionali e per l’altro a condannare pubblicamente il suo alleato Netanyahu.
Una fatica che ha portato subito Giorgia Meloni, dopo pochi secondi, al secondo svalvolamento: “qual è l’alternativa se non si accetta questa proposta [consegnare gli aiuti al governo, che poi li avrebbe fatti arrivare…. A Tel Aviv, ndr]? Forzare il blocco navale di Israele? E poi che cosa dovrebbe fare il governo italiano? Mandare le navi della marina militare e dichiarare guerra a Israele?”.
Fermatevi un attimo. La nave – un fregata, appunto – era appena stata mandata. Non si sa bene con quali regole di ingaggio (difendere la Flotilla abbattendo i droni di un eventuale nuovo attacco? Raccogliere in mare i naufraghi di imbarcazioni affondate? Far finta di esserci ma non farsi vedere? ecc.), ma intanto era andata.
Certo, c’è sempre il rischio che i genocidi al governo di Tel Aviv possano attaccare direttamente anche una nave militare italiana. In fondo lo avevano fatto anche con la Liberty, una nave-spia degli Stati Uniti, nel 1967. Provocando 34 morti e 171 feriti. Americani, mica palestinesi o arabi... Figuriamoci se gli manca la faccia di fare altrettanto con dei marinai italiani...
Questa possibilità deve effettivamente inquietare molto Palazzo Chigi, perché un Governo “nazionalista” dovrebbe a quel punto fare qualcosa contro Israele. Quanto meno smettere di mandargli armi che poi usa non solo per il genocidio a Gaza, ma anche “contro di noi” nel senso pieno del termine. Perché i militari sono “lo Stato”, e non puoi fare la faccia feroce con dei manifestanti disarmati che accusi – ingiustamente, ma è addirittura secondario, in questo discorso – di aver “ferito 60 agenti di polizia” e poi far finta di nulla se un “esercito straniero” apre il fuoco e malauguratamente uccide dei tuoi soldati.
Per non parlare poi della terribile possibilità che tra i soldati dell’Idf che dovessero partecipare a quell’attacco ci fossero anche cittadini italiani con doppio passaporto che combattono per Israele (almeno uno di loro è morto in battaglia, ricordiamo). Un vero incubo...
Al di là delle ipotesi fantapolitiche – è scontato che il collegamento tra i due eserciti e relativi servizi segreti cercherà di evitare disastri del genere – il nodo politico sta tutto qui: il governo italiano, “per colpa” della Flotilla, è stato messo in una posizione potenzialmente “critica” nei confronti di Israele e di Trump.
A chi si chiedeva – stupidamente – “a che serve la Flotilla”, o peggio ancora “a che serve uno sciopero generale e tante manifestazioni contro il genocidio” (sottinteso: “servirebbe ben altro...”) la risposta è arrivata dalla premier che si dice “post-fascista”.
Serve a smuovere una situazione che era immobile, a scuotere governi complici dei genocidi – tutti, non solo questo – mettendoli visibilmente in contraddizione con se stessi e le cazzate che raccontano dalla mattina alla sera.
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