Huawei ha “sconfitto” le sanzioni statunitensi e costruito “un ecosistema tecnologico totalmente indipendente” da qualsiasi vincolo con gli Usa. Parola di Tao Jingwen, presidente del dipartimento di gestione della qualità, dei processi aziendali e delle tecnologie informatiche del colosso di Shenzen che a inizio settembre, con toni trionfalistici, ha annunciato il definitivo cambio di rotta del gruppo dopo un lungo confronto con Washington avviato dall’inizio della guerra sanzionatoria e di controlli all’export lanciata dalla prima amministrazione di Donald Trump nel 2018.
2018-2025, la riscossa di Huawei
Allora Huawei era un player globale focalizzato sulla telefonia, l’oggetto del contendere erano le moderne reti 5G, dietro cui Washington temeva i cinesi potessero inserire delle backdoor sfruttabili dall’intelligence di Pechino per spiare l’Occidente tramite le infrastrutture critiche, e la corsa della Repubblica Popolare allo status di grande potenza tecnologica stava prendendo forma. Oggi, invece, la Cina gioca un ruolo determinante nelle filiere strategiche e Huawei è un suo campione nazionale di primo piano oltre la telefonia, con ramificazioni anche nel decisivo settore dell’hardware per l’intelligenza artificiale.
Tao, ricorda il South China Morning Post, ha parlato del successo del gruppo di Shenzen “lo stesso giorno in cui Huawei ha annunciato che gli utenti dei servizi token sulla sua piattaforma cloud avevano accesso al suo sistema CloudMatrix 384”, definito dal quotidiano di Hong Kong “la più grande piattaforma di formazione sull’intelligenza artificiale del settore, nei suoi data center nella provincia orientale di Anhui, nella Mongolia Interna e nel Guizhou”.
Il nuovo maxi-computer di Huawei
CloudMatrix 384 è un’infrastruttura di calcolo che sfrutta, come dice il numero, 384 processori per l’IA Ascend realizzati da Huawei. Sommati essi danno una potenza di calcolo di 300 petaflop (un petaflop significa che un unità di elaborazione può eseguire mille triliardi di operazioni in virgola mobile al secondo).
Il gruppo è ancora lontano dai 561 petaflops dei super computer di Microsoft, gli Eagle, ma l’ordine di grandezza implica una scala crescente e un sentiero di espansione tutt’altro che secondario, nel quadro di una sfida sull’IA in cui la Cina intende competere con investimenti massicci e sfruttando i vantaggi in campo energetico e di rete per rimontare la primazia Usa.
Huawei ha sfruttato lo stimolo dato dalle sanzioni Usa all’innovazione tecnologica e di prodotto sul fronte interno e alle prospettive di crescita del proprio ecosistema proprietario, accelerato anche dal sostanziale incremento di applicativi IA nella Repubblica Popolare, da DeepSeek, a Qwen di Alibaba Cloud e Kimi di Moonshot AI. E così l’assedio Usa ha prodotto un risultato imprevisto: Huawei ha aggiunto una crescente capacità di aggredire quote di mercato importanti nel campo della componentistica tecnologica alla ripresa della sua presenza primaria nel settore della vendita di smartphone superando la minaccia di crisi imposta dalla pressione Usa.
Sfida a Nvidia
La vivacità del mercato IA della Repubblica Popolare ha dato ulteriori stimoli a Huawei per proseguire il proprio sentiero di espansione sul fronte del mercato e degli investimenti. Questo, non a caso, ha suscitato l’allarme di Nvidia. Jensen Huang, Ceo del gruppo di Santa Clara dominante le borse planetarie, in quanto uomo di origine taiwanese conosce bene la filosofia imprenditoriale e scientifica della Cina e la reazione del Dragone messo sotto pressione. Huang ha capito correttamente che negare i chip alle aziende cinesi avrebbe solo stimolato la riscossa della Repubblica Popolare e dei suoi campioni e ha spinto su Trump perché permettesse la vendita di alcuni asset oltre Pacifico.
The Donald ha dato semaforo verde, ma è stato troppo tardi: ad agosto dalla Cina è arrivato l’avvertimento a non acquistare i processori H20 di Nvidia per le tecnologie IA. Difficile non vedere dietro tutto questo la mano di Huawei e della sua autarchia tecnologica. Ora giunta a uno stadio di maturazione tale da poter immaginare la sfida diretta all’egemonia tecnologica a stelle e strisce.
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