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02/09/2025

Italia e Germania fanno naufragare le sanzioni a Israele, la UE non conta nulla

Il 30 agosto si è svolto a Copenhagen il vertice informale dei ministri degli Esteri della UE. Un’altra occasione in cui non solo la UE si è mostrata divisa, ma ha ribadito ancora una volta la propria inutilità: se, come sui dazi, l’Unione non ha modificato i rapporti di forza con Washington, allo stesso modo non è in grado di imporre alcunché allo stato genocidiario di Israele.

È vero che l’incontro era informale, e non aveva dunque la capacità di prendere alcuna decisione. Ma il clima che si è respirato è quello di una UE che continuerà sulla strada della complicità nel genocidio dei palestinesi. Non paiono esserci, infatti, i numeri per imporre alcuna sanzione ai vertici di Tel Aviv, e nemmeno misure molto più limitate.

L’Alto rappresentante per gli Affari Esteri della UE, Kaja Kallas, ha sottolineato che “anche l’opzione che proponiamo, che è piuttosto indulgente per quanto riguarda la loro partecipazione al programma Horizon, anche lì non abbiamo la maggioranza qualificata”. Tra chi si oppone a questa linea ci sono l’Italia e la Germania.

I ministri degli Esteri di questi due paesi, ovvero Antonio Tajani e Johann Wadephul, parlano di un altro tipo di sanzione. Tajani ha detto: “noi abbiamo dato la nostra disponibilità con la Germania a infliggere nuove sanzioni ai coloni violenti”, scelta a cui si oppone solo l’Ungheria. Quali siano, però, i coloni ‘non-violenti’, considerato inoltre che si parla di insediamenti illegali, Tajani non l’ha specificato.

Kallas ha ovviamente scaricato le colpe dell’insignificanza della UE sul meccanismo di votazione e sulle divisioni dei 27, ma è chiaro che sta cercando semplicemente di schermare Bruxelles dall’evidente complicità nella pulizia etnica in Palestina. L’inutilità europea si palesa ancor di più se si pensa a uno dei pochi temi su cui vanno tutti d’accordo: “Israele sta minando la soluzione a due stati”.

Per la Kallas, senza la UE questa opzione sarebbe morta e sepolta. Nella realtà, lo è da tempo, forse da sempre, anche solo per le azioni di quei coloni, anche quelli ‘non-violenti’, che da decenni occupano illegalmente la Cisgiordania, e a cui ora Netanyahu vorrebbe consegnare anche Gaza, almeno in parte.

Nella capitale danese l’unica cosa che i responsabili della politica estera dei 27 membri UE sono riusciti a ripetere come un disco rotto è il totale sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia. Contro cui è già in preparazione un nuovo pacchetto di sanzioni, nella logica senza senso per cui una misura ostile come questa dovrebbe spingere Putin a una pace secondo i termini di Zelensky.

A dire il vero, anche su questo i paesi comunitari si sono ritrovati divisi. Mentre il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, ha parlato di uno “tsunami di sostegno alla guerra”, Tajani ha sottolineato come sia “emersa chiaramente una stragrande maggioranza di paesi che non sono favorevoli all’utilizzo dei beni sequestrati russi, perché non c’è la base giuridica, come ha detto la Banca Centrale Europea, per poterli utilizzare”.

Allo stesso tempo, Kallas ha rimarcato il fatto che “vista la devastazione causata è impensabile che Mosca riveda gli asset immobilizzati a meno che non ricompensi i danni causati. Noi dobbiamo lavorare ai possibili scenari, perché se poi si arriverà a un accordo di pace dobbiamo avere una exit strategy, anche perché siamo l’Ue e dobbiamo rispettare il diritto”. A meno che non si parli di Israele.

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