Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

26/03/2011

Libia: considerazioni ignoranti.

Prendo spunto da questo articolo e dall'ultimo commento apparso sul blog per esporre alcune considerazioni, che nel titolo ho indicato come ignoranti in quanto l'unica certezza sul caso Libia, è l'assenza più o meno totale d'informazioni affidabili su quanto s'è verificato fino a oggi.
Se all'inizio della vicenda pensavo che i fatti di Tripoli si sarebbero incastonati senza particolari specificità nel mosaico delle rivoluzioni arabe, progressivamente ho iniziato a cambiare opinione, perché gli elementi che fanno strano in questa storia sono troppi per non essere considerati.
La particolarità libica si manifesta fin dalle prime battute perché, a differenza di quanto visto nel resto delle proteste arabe, nella Cirenaica i manifestanti divengono immediatamente miliziani con l'AK47 in mano avviando una guerra civile in cui stride il fattore tempo. Gli insorti sì sono armati con troppa facilità e sono avanzati verso Tripoli troppo velocemente per non far pensare a un logoramento fuori dall'ordinario del controllo di Gheddafi sul Paese e sulle forze armate. Parimenti, la fulminea rotta che Gheddafi ha saputo imporre agli insorti nella settimana precedente la risoluzione ONU desta sospetto.
Alla luce di quanto sì è verificato non ritengo fantascientifico che i movimenti sul suolo libico, siano stati pilotati dal triumviro di volenterosi che, fin dalle prime battute, sì dichiararono pronti all'uso della forza per tutelare la popolazione libica dai massacri (per ora privi di alcun fondamento anche giornalistico) di Gheddafi. A supporto di questa tesi c'è la propaganda anglo-francese, autrice di una retorica interventista che credevo relegata alle nebbie del secolo scorso, ma anche la rapidità e violenza d'impatto con cui la risoluzione 1973 è stata applicata da Francia, UK e USA. Il bombardamento di colonne corazzate e delle abitazioni/rifugi di Gheddafi, poco aveva a che fare con l'applicazione di una zona d'interdizione al volo, che nell'interpretazione più lasca possibile, avrebbe previsto al massimo la distruzione al suolo delle sole difese aeree (radar e postazioni SAM). La gestione delle sortite aeree e in particolare la mancanza di una catena di comando che assegnasse obiettivi e una tabella di marcia precisa e stringente per i "volenterosi", ha connotato l'operazione Odyssey Dawn come una sorta di resa dei conti dei singoli belligeranti nei confronti del regime libico. In quest'ottica, non trovo casuale l'ambiguità con cui l'Italia s'è calata nella situazione. Il nostro governo, conscio d'avere in Gheddafi un partner economico di prim'ordine, ha immediatamente mal visto il grilletto facile di Francia e Inghilterra. La costante richiesta del passaggio di comando alla NATO, oltre che una moderazione delle operazioni volte a ricondurre la parti in causa a una soluzione diplomatica delle proprie vertenze, va interpretata in questo senso.
A questo punto, vale la pena domandarsi cosa abbia spinto i volenterosi a presentarsi sui cieli libici con tanta foga. A livello generale c'è sicuramente il solito interesse energetico, la Libia infatti è ben messa quanto a riserve d'idrocarburi, le cui concessioni sono gestite a livello statale e assegnate in buona parte allo sfruttamento di ENI e compagnie collegate a Cina, Russia e India. Penetrare nel mercato libico sarebbe quindi strategico per Francia, Inghilterra e USA al fine di contenere l'espansione di poli energetici concorrenti e permetterebbe ai volenterosi di riportare nei ranghi l'Italia, che nei confronti della Libia ha sempre avuto una politica poco allineata al blocco occidentale.
Sarkozy, inoltre, ridando spolvero al ruolo internazionale della Francia, tenta di riguadagnare consenso interno in vista delle presidenziali del 2012.
Gli USA, invece, oltre alla canonica questione petrolifera, penso siano molto interessanti al precedente diplomatico che la guerra contro la Libia potrebbe rappresentare in un immediato futuro. La risoluzione 1973, infatti, potrebbe essere usata per richiedere un'analoga pronuncia dell'ONU nel caso di proteste in Iran, al fine d'ottenere un avvallo formalmente inappuntabile all'intervento americano verso quello che si connota sempre più come l'ultimo nemico della politica statunitense, soprattutto quando i regimi arabi storicamente "amici" degli USA reprimono nel sangue le sommosse, politicamente sostenute anche dall'Iran.
In mezzo a questo mare in tempesta a prenderla nel culo sarà come di consueto l'Italia. Nel caso Gheddafi riuscisse a rimanere in sella, troncherà il sodalizio con l'alleato traditore, se a spuntarla saranno i "ribelli" non ci sarà posto per coloro che non li hanno sostenuti fermamente e fin dall'inizio, Italia dunque fuori dai giochi con sommo gaudio dei volenterosi che chiuderebbero una partita con noi aperta dai tempi di Enrico Mattei.
Cornuti e mazziati insomma, a dimostrazione che la politica viscida dell'intrallazzo e delle mezze misure fa giusto bene agli interessi personali di qualcuno, non a quelli della comunità e men che meno all'umanitarismo di cui un po' tutti in questi giorni si riempiono la bocca.

Nessun commento:

Posta un commento