A giudicare dai primi 3 mesi di questo 2011, il concorso che incoronerà la rabbinata dell'anno sarà notevolmente frequentato e, ahimè, penso non "premierà" la magra figura collezionata dall'artista a tutto tondo di turno, ma la decadenza di una cultura intera, la nostra.
Il grottesco che il mondo ha toccato negli ultimi giorni (a partire dal 19 marzo) non trova analogo contraltare nemmeno in perle della cinematografia come Fracchia la belva umana.
Mediaticamente ridimensionata la sciagura giapponese (in cui si contano 8 mila decessi, 12 mila dispersi e la cappa della contaminazione alla filiera alimentare del paese) da 4 giorni ci tocca assistere passivamente allo sviluppo patetico di quello che, negli intenti iniziali, doveva essere il capitolo libico della primavera araba. Peccato che la risoluzione dell'ONU 1973 redatta (dolosamente) con i piedi e interpretata (criminalmente) in modo ancora peggiore dal fronte dei volenterosi (chi è lo stronzo che s'inventa questi termini? -ndr) ha definitivamente consegnato la diplomazia occidentale all'almanacco perpetuo della barzelletta peggiore e, lo dico una volta per tutte, ha chiuso il cerchio con la politica del fumo inaugurata dal negro della Casa Bianca all'indomani del suo insediamento nell'appartamento che più conta al mondo.
Basta una semplice domanda per demolire (anche) il nostro operato degli ultimi 4 giorni (giusto per limitare i danni): che cazzo stiamo facendo in Libia?
Sì possono dare infinite risposte a questo quesito, tutte più o meno interessate e filantropiche, ma nessuna rispondente al vero. L'unica inappellabile è: l'ennesima infamata! tessuta dalla politica più meschina assaporando il profumo quasi dimenticato del colonialismo (francese e inglese -ndr) dei bei imperi andati e quello sempre attuale degli idrocarburi.
Facciamo più schifo che spavento!
Quando si parla di argomenti seri, I N.A. calzano sempre a pennello. Sarà un caso ???
RispondiEliminaBelin hanno scritto dei testi totalmente fuori parametro per la media del metal.
RispondiEliminaQuello di When freedom dies è di un'attualità sconcertante.
Quel che di buono poteva venire da un rivolgimento, anche violento, in Libia (leggasi, caduta di un leader ridicolo e instabile come Gheddafi, che non ho mai sopportato) verrebbe automaticamente inquinato e 'guastato' dalle ingerenze occidentali.
RispondiEliminaTutta la 'simpatia' che mi avevano ispirato gli insorti di Bengasi quando avevano issato gli striscioni "No foreign intervention" si é dissipata e sfarinata quando, con le chiappe che tremavano vista la ri-avanzata dei lealisti del Colonnello, li hanno rapidamente messi in dispensa riducendosi a piagnucolare perché la Nato imponesse la no-fly-zone.
A questo punto il meglio che riesco a sperare é che qualche generale pro-Gheddafi, che però non abbia tanta voglia di vedere i suoi uomini bombardati fino all'ultimo per difendere uno svitato, prenda una decisione chiara e gli spari un colpo in testa, aprendo subito dopo trattative serie con gli insorti della Cirenaica.