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01/09/2025

Francia sull’orlo del baratro economico

Il ministro delle Finanze Éric Lombard ha lanciato un allarme che fino a pochi anni fa sarebbe sembrato fantascienza: Parigi potrebbe chiedere assistenza al Fondo Monetario Internazionale se il governo guidato da François Bayrou cadesse in seguito al voto di fiducia previsto per l’8 settembre. Il cuore del contendere è un piano di austerità da 44 miliardi di euro che combina tagli alla spesa, aumenti fiscali e persino la soppressione di due giorni festivi. La maggior parte dei partiti ha già annunciato la propria contrarietà, preparando il terreno a una crisi politica ed economica di vasta portata.

Le radici della crisi

Per capire come sì sia arrivati a questo punto bisogna guardare a una serie di dinamiche accumulate negli ultimi anni. La Francia ha visto crescere il proprio debito pubblico fino a superare il 110% del PIL, alimentato da anni di spesa sociale elevata, dalla gestione della pandemia e, più recentemente, dagli effetti della guerra in Ucraina e dell’inflazione energetica. Il deficit di bilancio resta stabilmente oltre il 5%, ben al di sopra dei parametri europei.

A ciò si aggiunge una crescita economica anemica. Le industrie manifatturiere francesi hanno perso competitività rispetto ai concorrenti tedeschi e asiatici, mentre il settore dei servizi non riesce a trainare la crescita come in passato. Le tensioni sociali, esplose con i Gilet Gialli e poi con le proteste contro la riforma delle pensioni, hanno ridotto la capacità del governo di varare riforme strutturali.

Sul piano finanziario, i tassi d’interesse in rialzo hanno reso più oneroso rifinanziare il debito. La Francia spende oggi più di 50 miliardi l’anno in interessi, una cifra che riduce drasticamente i margini di manovra per politiche sociali o industriali. In pratica, il Paese vive una spirale in cui il debito genera nuovi costi che alimentano ulteriore debito.

La dimensione politica

Il piano Bayrou nasce in questo contesto: un tentativo drastico di rassicurare i mercati e Bruxelles sulla sostenibilità delle finanze francesi. Ma l’austerità ha un costo politico altissimo. Tagliare 44 miliardi significa ridurre servizi pubblici già in sofferenza, aumentare tasse su una popolazione provata dall’inflazione e persino toccare simboli come le festività. Non sorprende che i partiti di opposizione, dalla sinistra radicale ai repubblicani, abbiano trovato un raro terreno comune nel rigettare la proposta.

Se il governo dovesse cadere, l’ipotesi estrema evocata da Lombard – ricorrere al FMI – diventerebbe un segnale devastante: la seconda economia dell’Eurozona, fondatrice dell’Unione europea e della stessa moneta unica, ridotta a chiedere aiuto a un’istituzione che storicamente interviene nei Paesi emergenti in crisi di bilancia dei pagamenti.

Le implicazioni europee

Una crisi francese non resterebbe confinata a Parigi. L’Eurozona vive ancora il trauma della crisi greca e la prospettiva che la Francia, pilastro insieme alla Germania del sistema europeo, finisca sotto tutela del FMI metterebbe in discussione la stessa stabilità dell’euro. I mercati reagirebbero con un’impennata dello spread francese, che già oggi è in crescita, e con ripercussioni sull’Italia e sugli altri Paesi più indebitati.

La Germania, alle prese con la sua crisi industriale e con la riconversione verso la difesa, non potrebbe facilmente sostenere da sola l’architettura europea. Bruxelles si troverebbe costretta a scelte dolorose: aumentare i fondi comuni per salvare Parigi, oppure accettare un ridimensionamento dell’integrazione economica.

Le radici geopolitiche

Le difficoltà francesi non nascono solo da fattori interni. La guerra in Ucraina ha sconvolto gli equilibri energetici, imponendo costi elevati e interrompendo forniture convenienti. Le tensioni con l’Africa francofona hanno indebolito la posizione geopolitica di Parigi, riducendo l’accesso a risorse strategiche e minando il ruolo della Francia come potenza regionale. Sul fronte industriale, la competizione globale con Stati Uniti e Cina ha mostrato i limiti della capacità europea di difendere i propri campioni nazionali.

In altre parole, la Francia paga oggi non soltanto i debiti del proprio welfare, ma anche i costi di un ordine internazionale che l’ha vista arretrare rispetto alle grandi potenze.

Conclusione: una crisi di sistema

La possibile caduta del governo Bayrou e l’ipotesi di un ricorso al FMI non sono soltanto un episodio di politica interna. Sono il sintomo di una crisi più ampia che tocca le fondamenta economiche, sociali e geopolitiche della Francia. Se Parigi dovesse davvero chiedere aiuto al Fondo, l’intero progetto europeo ne uscirebbe indebolito.

Ancora una volta, il cuore del problema è la sovranità. Un Paese che ha fatto della grandeur la propria cifra rischia di trovarsi sotto tutela esterna, incapace di decidere da solo le proprie politiche economiche. E questa, per la Francia e per l’Europa, sarebbe la vera sconfitta.

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