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01/09/2025

Libia - Haftar nel triangolo Ankara-Cairo-Riad

Il feldmaresciallo Khalifa Haftar continua a dimostrarsi il vero arbitro del futuro libico. Non ha incarichi di governo, non è riconosciuto ufficialmente come capo di Stato, eppure stringe accordi militari con Russia, Bielorussia e Turchia. Il suo peso politico e militare, consolidato negli anni, si traduce oggi in una capacità di manovra internazionale che va ben oltre i confini della Cirenaica. Haftar si muove come un capo di Stato de facto, pur senza esserlo, e il suo nome è ormai imprescindibile nei tavoli diplomatici che contano.

L’asse con Ankara e la partita energetica

La recente visita a Bengasi del capo dell’intelligence turca Ibrahim Kalin certifica una svolta. Ankara non si limita più a sostenere il Governo di Unità Nazionale di Tripoli ma estende il dialogo anche alla Cirenaica, investendo sul terreno della ricostruzione e dello sviluppo economico. Al centro, l’accordo marittimo che consente alla Turchia di esplorare petrolio e gas nelle acque contese tra Creta e la Libia: un’intesa che coinvolge Bengasi, che potrebbe attrarre anche l’Egitto, e che apre un nuovo fronte con Grecia e Cipro. In gioco non c’è solo la sicurezza, ma il controllo delle risorse energetiche del Mediterraneo orientale, cruciale per il futuro dell’Europa e della stessa Turchia.

La sponda egiziana e il sostegno saudita

Haftar consolida parallelamente il rapporto con il Cairo. La nomina del figlio Khaled a capo di Stato maggiore dell’LNA ha ricevuto le congratulazioni ufficiali del generale egiziano Ahmed Khalifa, un segnale forte di legittimazione. L’Egitto non solo offre appoggio politico, ma costruisce con Bengasi una cooperazione militare destinata a radicarsi nel lungo periodo. In parallelo, la Turchia ha riallacciato i rapporti con l’Egitto e il ministro Hakan Fidan ha incontrato l’omologo Abdelatty, con il benestare dell’Arabia Saudita. Questo triangolo Ankara-Il Cairo-Riyad ridisegna le alleanze regionali, puntando a stabilizzare la Libia e al contempo a isolare l’influenza europea.

Una famiglia al comando dell’LNA

La trasformazione più evidente è però interna: i figli di Haftar, Saddam e Khaled, hanno assunto i vertici dell’Esercito Nazionale Libico. Il primo come vice comandante generale, il secondo come capo di Stato maggiore. Una vera dinastia militare che ricorda più i meccanismi tribali che i modelli istituzionali moderni, ma che di fatto garantisce continuità di comando e fedeltà all’interno dell’LNA. Questo rafforzamento “familiare” può apparire fragile agli occhi occidentali, ma in un contesto libico frammentato rappresenta un fattore di stabilità.

Le esercitazioni navali congiunte tra la Marina turca e l’LNA, culminate con l’arrivo della corvetta Tcg Kinaliada a Bengasi, mostrano come il legame militare stia già producendo risultati concreti. Allo stesso tempo, la Russia e gli Emirati Arabi Uniti restano partner attivi, offrendo supporto logistico e politico. Haftar diventa così il punto di convergenza di interessi multipli: Ankara cerca accesso energetico, Il Cairo garanzie di sicurezza, Mosca una base nel Mediterraneo, Riyad un argine all’instabilità.

Geopolitica e geoeconomia: l’Europa esclusa

Il quadro che emerge è quello di una Libia che, a quindici anni dalla caduta di Gheddafi, si avvicina a una possibile riunificazione grazie all’asse costruito attorno ad Haftar. Ma il processo avviene con un’assenza lampante: l’Unione Europea. Grecia e Cipro rischiano danni diretti dagli accordi turco-libici, mentre l’Italia e altri Paesi mediterranei restano marginali, spettatori impotenti di un ridisegno degli equilibri regionali che avviene sulle loro coste. La partita energetica nel Mediterraneo orientale, tra idrocarburi e rotte migratorie, si gioca ormai senza l’Europa.

Scenari futuri

Il rafforzamento di Haftar e della sua famiglia nell’LNA segna un passaggio cruciale: da leader regionale a figura centrale del Mediterraneo allargato. Se la roadmap ONU verso elezioni e governo unificato troverà realizzazione, sarà inevitabilmente con il consenso di Haftar e dei suoi alleati esterni. In caso contrario, la Libia rischia di trasformarsi in un protettorato informale diviso tra potenze regionali, con l’Europa confinata al ruolo di vittima collaterale delle nuove intese.

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