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30/08/2011

16 miliardi nel cesso.

Sulle nostre teste, e soprattutto sui nostri conti pubblici, incombe un impegno di spesa per l’acquisto di un nuovo cacciabombardiere a decollo verticale, l’F35. L’Italia, con diversi governi (Prodi, Berlusconi, D’Alema, Prodi e nuovamente Berlusconi) si è impegnata ad acquistare 131 velivoli per un costo complessivo di 16 miliardi di euro nel miraggio di ritorni occupazionali ed economici per le aziende che partecipano al consorzio guidato da Lockheed Martin e Base System che coinvolge anche l’italiana Finmeccanica. Ma quello del supercaccia si è rivelato un progetto con grossissimi problemi tecnici e costi completamente fuori controllo, tanto da spingere gli Stati Uniti a ripensare e addirittura mettere in forse l’intero programma.

Lo scorso 2 agosto, dopo un black out al sistema di controllo di uno dei veivoli, il Joint Program Office ha deciso di tenere a terra tutti gli esemplari in prova nelle basi di Edwards e Patuxent. L’episodio, ennesimo di una lunga serie di gravi problemi tecnici che affliggono il costosissimo progetto, è stato tenuto sotto silenzio sino a quando la stampa specializzata ha cominciato a far filtrare la notizia. I caccia sono rimasti a terra sino al 18 agosto, quando il sito della Lockheed Martin ha pubblicato la notizia della ripresa dei voli di prova confermando che una valvola del sistema di alimentazione e condizionamento si è bloccata e che i costruttori, d’intesa con il Pentagono, stanno ancora indagando sulle cause.

Il faraonico programma di costruzione e acquisto del nuovo cacciabombardiere è a rischio da mesi, almeno da quando il Gao (Governement Accountability Office) ha pubblicato un voluminoso rapporto che mette in luce come tempi e costi di progettazione siano fuori controllo: secondo l’ultima revisione il ritardo è di 5 anni e il budget è cresciuto a 56,4 miliardi di dollari (+26%). Dopo nove anni di sviluppo e quattro di produzione, non si è ancora riusciti a dimostrare che la progettazione del velivolo sia stabile, che i processi produttivi siano maturi e che il sistema – in sintesi – possa dirsi affidabile. Solo il 3% dei 32 test condotti a terra è affidabile e il 4% delle potenzialità dei Joint Strike Fighter è stato scientificamente dimostrato da test di volo o in laboratorio.

Rispetto a quelli oggi in dotazione all’aeronautica militare il nuovo cacciabombardiere ha una fortissima accentuazione sul ruolo di attacco pur mantenendo la definizione “multiruolo” per tutte le tre versioni F-35A, F-35B, F-35C : convenzionale (CTOL), a decollo corto e atterraggio verticale (STOVL), imbarcata (CV). Ovviamente l’F-35 può trasportare anche armi nucleari secondo la logica dell’US Air Force ed è anche il primo caccia sottoposto al Chemical and Biological Program, al fine di ottenere il requisito necessario che assicuri sia una capacità di sopravvivenza all’equipaggio, sia una capacità di resistenza alla degradazione del velivolo dopo un attacco chimico o biologico. La crescita dei costi dell’F-35 viene paragonata a quella dell’F-22 Raptor, programma terminato anzitempo proprio per la elevata spesa: il prezzo unitario del velivolo si attesta su una media di 92,4 milioni di dollari contro i 50 previsti nel 2002, l’intero programma ha già raggiunto la cifra di 382 miliardi di dollari in 25 anni per l’acquisto di 2.457 aerei.

In sostanza il budget è stato sforato del 64% rispetto alle previsioni, oltre il limite del 50% stabilito dalla legge Nunn-McCurdy che prevede la cancellazione di un programma.  Dunque per continuare si deve definire questo programma vitale per la sicurezza del paese. La Gran Bretagna, per esempio, ha deciso come si evince dal bilancio 2011 della MoD (Ministry of Defence) di rinunciare alla versione a decollo corto e atterraggio verticale, per le sue portaerei e punta solo al modello C convertendo le Queen Elizabeth con cavi d’arresto e catapulte.

A Fort Worth il processo di assemblaggio finale non è ancora completato e Lockheed Martin si difende rispetto ai ritardi nella produzione (almeno 13 mesi) e alla contrazione dei requisiti richiesti, promettendo di abbassare i costi della versione A dal 2016-2017 a 60 milioni per aereo, escluso il motore. Il costo unitario di un motore sarebbe di oltre 30 milioni ed anche il budget in dotazione all’azienda motoristica è stato ampiamente sforato. Il costo dello sviluppo è stimato attorno ai 7,28 miliardi contro i 4,8 previsti.

Nel 2011 il segretario alla difesa americano Robert Gates ha deciso di eliminare il motore alternativo della Rolls-Royce. Un solo F-35 completo verrebbe a costare circa 80 milioni di dollari, ma non si conta il fatto che il Pentagono ha deciso di diminuire il numero di velivoli da finanziare che significa un aumento dei costi. A ciò bisogna aggiungere i nuovi problemi emersi sulla componente software dell’aereo che ha fatto decidere al Pentagono l’aut-aut: o tutto si risolve entro il 2011 o si sospendono i finanziamenti. Le esitazioni dei paesi che si sono impegnati a comprare il nuovo cacciabombardiere e la decisione di mettere la versione a decollo corto e atterraggio verticale (STOVL) in stand-by, rende la pianificazione della produzione incerta.

Sia la Marina USA che quella italiana, che nel dicembre 2010 ha svolto a bordo della portaerei Cavour una riunione con rappresentanti delle agenzie governative americane e italiane insieme ai rappresentanti delle ditte Lockheed-Martin, Fincantieri e Selex Sistemi integrati, non hanno un piano B nel caso di una soppressione del velivolo. L’Italia ha deciso per ora di comprare 22 F-35B e nella riunione si sono cercate le soluzioni tecniche più idonee per consentire l’imbarco del velivolo a partire dal 2016.

Fonte.

Rendiamo grazie a sinistra e destra insieme che ci hanno appioppato questo colossale pacco marchiato Lockheed-Martin, la cui unica ragion d'essere è di carattere squisitamente politico (leggasi l'ennesima leccata di culo all'amministrazione USA di turno).
Sia a livello economico, sia operativo, sarebbe stato decisamente più intelligente chiudere i reparti dotati di AMX (un autentico cesso tecnologico e operativo) e sostituire i Tornado con il terzo lotto produttivo dell'Eurofighter 2000, che avrebbe consentito all'AMI di razionalizzare al massimo la propria linea volo riducendone la dimensione ma incrementandone operatività ed efficienza logistica.
Della Cavour, invece, ce ne saremmo potuti battere il belino perché gli Harrier II già imbarcati sul Garibaldi non sono dei catorci e soprattutto la nuova ammiraglia della Marina non sì troverà mai in condizioni operative tali da richiedere una copertura aerea modello gruppo da battaglia statunitense.

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