Il Canada, oltre ad essere terra (splendida) di grizzly e querce rosse, negli ultimi 3 decenni è stata anche la patria di diverse formazioni metal di notevole caratura.
Dei migliori, cioè i Voivod, parlammo in passato (parte prima, parte seconda), questa volta tocca agli Annihilator.
Rispetto a tutti gli altri nomi che si potrebbero tirare in ballo (dai Rush ai Gorguts), il gruppo diretto da Jeff Waters è senza dubbio quello che più facilmente salta fuori quando ci sì avvicina alla musica pesa canadese.
A dispetto di quanto si potrebbe pensare, gli Annihilator si guadagnarono questo merito sul campo, pubblicando quello che probabilmente è il miglior disco d'esordio, quanto meno nell'ambito del thrash metal, che sì sia mai visto. Parlo ovviamente di Alice In Hell, un album di caratura superiore, che nell'89 riuscì ad emergere in un panorama thrash già ampiamente spremuto dal mercato e prossimo al collasso. Prima del fattaccio, gli Annihilator piazzeranno un'altra perla intitolata Never, Neverland, che in buona sostanza riprende e perfeziona a livello maniacale lo stile presentato appena un anno prima, uno stile in cui la tecnica non è mai il fine ma il mezzo, per altro padroneggiato con maestria sopraffina, per costruire brani carichi di coinvolgimento in cui la banalità non è mai contemplata. In ambito schiettamente thrash, ai tempi, solo i Megadeth erano in grado di fare altrettanto.
Tanta roba insomma, peccato sia durata poco. A partire dal successivo Set the World on Fire il gruppo sì concede una serie di aperture stilistiche che, a seconda dei punti di vista, sì possono interpretare con l'esigenza di allargare gli orizzonti artistici oppure il conto in banca della Roadrunner. Sta di fatto che il thrash che rese famoso Waters e compagni è andato completamente a farsi benedire, a favore di composizioni il cui intento pare sia quello di dar battaglia nelle classifiche del rock più o meno melodico. Il trend non sarà invertito dal successivo King Of The Kill in cui a discapito del nome si salva (per altro benissmo) solo la traccia che da nome al disco, il resto merita considerazione giusto se vi garbano la melodia che sfocia ogni tre per due nel melenso.
Sì capisce abbastanza chiaramente che gli annientatori di Ottawa sono ormai alla frutta, situazione che non sarà smentita dai successivi Refresh The Demon e Remains, senza dubbio i punti più bassi toccati dall'estro di Waters (per capirci, paragonabili a cagate stile Load/Reload, Risk o Jugulator). Un parziale ritorno alla luce sì verifica solo nel 1999 con la pubblicazione di Criteria for a Black Widow che merita un ascolto se non altro perché al microfono ritorna Randy Rampage. Una permanenza nuovamente breve la sua, a conclusione del toru promozionale dell'album, infatti, il suo posto verrà rilevato da Joe Comeau, già chitarrista negli Overkill che inaspettatamente fornisce una prova di tutto rispetto sia su Carnival Diablos (che non è nulla di che) sia sul successivo Waking the Fury probabilmente il miglior album pubblicato da Waters dopo Never, Neverland.
Delle uscite successive si può giusto apprezzare il tentativo del gruppo di tornare "in carreggiata", i risultati tuttavia sono stati ampiamente sotto la decenza, rendendo gli Annihilator una formazione sostanzialmente priva di un perché, il cui limite sta tutto in quel Waters che 20 anni era invece il valore aggiunto.
Meglio ricordarli così:
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