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19/12/2010

Facce da culo.


Come da prassi, a dicembre il Time incorona la Persona dell'anno. Per farla breve, la redazione del più quotato magazine di questo pianeta spulcia tra le personalità "in vista" a livello mondiale e piazza sulla propria copertina il faccione di quella che ritiene più rappresentativa per l'anno di turno che s'avvia a conclusione.
Quest'anno, l'onore (insomma -ndr-) è toccato a prezzemolino Mark Zuckerberg che s'è guadagnato il "prestigioso" riconoscimento grazie alla propria celeberrima creatura: Facebook.
Il lettore comune, quello che s'accontenta del tozzo di pane che guadagna e sopravvive in un mondo di facciata fatto d'aperitivi il venerdì sera, smartphone in tasca (così sembra una persona importante e pure uno che ne capisce di tecnologia) e Repubblica dall'edicolante la mattina, probabilmente condivide tale scelta, quelli che invece hanno ancora un briciolo di senso critico e visibilità della situazione (questi sì che sono termini da dirigente Cristo!!! -ndr-) sentenzieranno, a ragione, che questa è la naturale scelta che ci sì poteva aspettare dal mazagine maggiormente dedito a pubblicizzare principi ed interessi dell'establishment liberale americano.
I motivi alla base d'un giudizio simile sono presto detti: assegnare la palma di persona dell'anno a un soggetto che più d'ogni altro ha snaturato il DNA anarchico e privo di qualsiasi costrizione che contraddistingue da sempre la rete, per incanalarlo in un sistema chiuso in cui centinaia di milioni di sfigati o pirla (a seconda degli specifici casi) inseriscono tutti i propri dati personali, passando poi ore a pubblicare cazzate sul proprio profilo e spiando quello di centinaia di sedicenti "amici" su cui spettegolare, è indice, se non di coscienza truffaldina (tutti dovrebbero sapere che il nerd Zuckerberg è diventato miliardario vendendo alle agenzie pubblicitarie i dati ricavati dai profili degli utenti, quindi la loro riservatezza) quanto meno d'incapacità nel riscontrare cosa è o non è progresso per la popolazione e quindi per i propri diretti lettori, visto che il Time si propone e pubblicizza come la testata d'approfondimento per definizione a livello mondiale.
La scelta di piazzare la faccia di Zuckerberg su quella copertina risulta ancor più infame perché sul sito web del Time, a mezzo sondaggio, gli interessati alla faccenda avevano scelto come persona dell'anno Julian Assange, che avrebbe ben meritato il riconoscimento non solo per gli effetti prodotti dalla sua collaborazione con Wikileaks (che diciamolo, non ha rivelato proprio un cazzo di rivoluzionario, basti pensare alle quisquilie sui rapporti Berlusconi-Putin o sui conflitti in Aghanistan e Iraq) ma soprattutto per un passato personale di fatto inesistente che, almeno a me, fa venire molti dubbi sulla genuinità del suo impegno e porta alla mente pratiche accostabili a un massone piuttosto che un novello adepto della Glasnost.
Ancora una volta dunque, l'informazione vera, finisce sul banco d'un obitorio di periferia ammazzata dagli interessi di parte che in questi decenni sì salvaguardano facendo il lavaggio del cervello mediatico a una popolazione sempre più incapace di codificare i meccanismi alla base di una società che ti rende schiavo e contento.



Dedicata all'utenza dei "social network".

2 commenti:

  1. Non mi è molto chiara la tua posizione, sinceramente. Pari criticare sia Assange-massone-messiadeipoveri che Zuckerberg; e dunque, a chi va la copertina del Time?

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  2. Questo post è una critica agli organi di stampa, che fanno disinformazione a vantaggio della classe dirigente economico-politica liberale.
    Improvvisandomi capoccia del Time, io come persona dell'anno avrei scelto Assange trattando, però, la sua "incoronazione" in modo molto critico, rilevando la nebulosità del passato di questo personaggio e l'oggettiva pochezza di rivelazioni mediaticamente dipinte come l'11 settembre della diplomazia, finendo magari per insinuare nel lettore il dubbio che il caso Wikileaks possa essere l'ennesima operazione di "destabilizzazione al fine di stabilizzare" tanto cara ai governi di mezzo mondo.

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