Il 20 luglio 2000, il Parlamento italiano partorisce la legge n° 211, che nel suo primo articolo così recita:
"La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati."
In pratica, quella legge sancisce l'allineamento del nostro Paese alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in memoria della Shoah.
Tanto per rompere gli indugi ancor prima che sì presentino, il sottoscritto considera suddetta celebrazione una sonora cazzata perché istituisce il ricordo per il solo genocidio nazi-fascista, dimenticando colpevolmente tutti i genocidi perpetrati nel corso della seconda metà del '900.
L'istituzione della giornata della memoria, simbolicamente, crea morti di serie A e morti di serie minori, mentre il sottoscritto pensa che i morti debbano ricevere dalla storia medesima dignità. Poco importa se la mattanza è avvenuta nell'Europa nazi-fascista, nella Cambogia dei Khmer Rossi, nel Cile di Pinochet, nell'URSS di Stalin, nell'Argentina della Giunta Militare, nella Serbia di Mladić, nella Nanchino occupata dai giapponesi, nella frontiera ovest dei nascenti USA o nell'Africa abbandonata a se stessa (almeno nei massacri) dagli ex colonizzatori europei.
La differente dignità e il diverso peso (mediante l'uso della "memoria") che sì assegna alle vittime dei genocidi e degli eccidi che hanno insanguinato la storia recente, serve esclusivamente a perpetrare un'immagine distorta della storia stessa, in cui sì mistificano regimi e popoli a ovvio favore di chi la storia la scrive perché ne ha conquistato la "proprietà" sui campi di battaglia o alla borsa di New York.
Come al solito sei troppo rigido e categorico:). Non posso biasimare il tuo pensiero perché si basa su un principio sacrosanto. “...il sottoscritto pensa che i morti debbano ricevere dalla storia medesima dignità. Poco importa se la mattanza è avvenuta nell'Europa nazi-fascista, nella Cambogia dei Khmer Rossi, nel Cile di Pinochet, nell'URSS di Stalin...”. Giustissimo. Ma tu dici “il sottoscritto considera suddetta celebrazione una sonora cazzata”. A me una “sonora cazzata” non pare, o meglio non lo è, il tentativo di custodire nella memoria il ricordo di questi avvenimenti, per lo meno in parte. Questo è apprezzabile. Che poi lo facciano diventare un'idiozia per via della superficialità delle persone, per il fatto che ne vengano fuori addirittura spettacoli in memoria dello sterminio, è un altro discorso. Ho detto “spettacoli” perché è l'esatta parola che ho sentito aggirandomi nei corridoi della scuola. I ragazzi si sono dati da fare invitando la gente ad accomodarsi in auditorium e ascoltare non so quale ennesimo inutile discorso per “non dimenticare” presumo accompagnato da chissà quali esibizioni. Come ogni anno, suddetta celebrazione comporta il dispendio di così tanto tempo per cospargere le pareti di immagini e testimonianze di superstiti, per mostrare all'ingresso dell'istituto, e non solo, i soliti oggetti significativi a cui pochi fanno caso e incollarsi al petto cartellini di colore diverso simboleggianti le varie “categorie di deportati”( ebrei, omosessuali, rifugiati politici ecc..); il tutto con beffardo disinteresse. Tale messinscena mi è sembrata piuttosto un diversivo, un pretesto per occupare il tempo in quella e non in altra maniera. È questo a suscitare indignazione capisci? Legge n°211 a parte (che a parete mio non costituisce altro che una sorta di input, di stimolo per intenderci), il 27 gennaio dovrebbe essere il giorno in cui chiunque ne senta il bisogno, possa mantenere vivo il ricordo ricollegandosi sì alla Shoah ma inevitabilmente ad ogni sorta di ingiustizia nei confronti dell'uomo, qualunque sia la nazionalità o il periodo storico poiché se si è davvero sofferenti per tali avvenimenti essi non tormenteranno un giorno soltanto ma affioreranno alle nostre menti saltuariamente. Ma cosa più importante, è farlo personalmente, nel silenzio e nella riservatezza senza sfoggiare il proprio “dolore” al mondo intero.
RispondiEliminaMi spiace, ma le celebrazioni a senso unico per me continuano ad essere una cazzata.
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