Sì è espresso più o meno in questi termini Napolitano commentando il premio Dan David che gli è stato consegnato a Tel Aviv lo scorso 9 maggio.
Leggendo le sue affermazioni, mi viene spontaneo chiedermi se il Presidente c'è oppure ci fa. Tralasciando la sviolinata espressa nei suoi confronti della politica israeliana, che utilizza i premi filantropici sperando (a ragione visto che ci riesce sempre) di far chiudere un occhio sulla nefandezze giornaliere che compie in Palestina e dintorni, a lasciarmi basito sono le parole espresse dall'inquilino più illustre del Quirinale. Nel curriculum di un uomo che afferma d'aver speso la propria vita a rafforzare la democrazia, non mi spetterei di trovarci l'appoggio alla repressione sovietica delle rivolte ungheresi del 1956, salvo poi "migliorarsi" (insieme ad altri sedicenti comunisti stile Bondi) strizzando l'occhio alla modernizzazione nazionale socialista fondata sulle tangenti.
Il mantra che accompagna ogni politico di professione che si rispetti, afferma che l'uomo dalla mente autenticamente genuina, medita e revisiona anche profondamente le proprie linee di pensiero. Sulla carta sì tratta di un principio condivisibile, ammesso che le revisioni non diventino omicidio volontario della coerenza, che a mio modo di vedere, non è mai stata la migliore amica di Napolitano, soprattutto da quando il partenopeo è approdato al sommo colle. In 5 anni spesi come Presidente della Repubblica, Napolitano s'è dimostrato molto più attento a consolidare lo status quo politico-sociale del Paese, piuttosto che le sorti della Democrazia, pubblicamente martoriata come non mai in qust'ultimo decennio.
Chi è disposto (soprattutto a sinistra) a perdonargli ogni "svista", sostiene che la firma facile su tutte le porcherie partorite dalla nostra classe politica, fosse determinata dai ristretti margini di manovra che gli sono imposti dalla Costituzione, peccato che l'abdicazione del Presidente ai seppur ridotti poteri di cui è dotato, abbia contribuito in maniera determinante al disfacimento dell'immagine politico e sociale dell'Italia tanto a livello interno, quanto estero.
In chiusura, vale la pena notare che il premio assegnato a Napolitano non è solo di carattere "rappresentativo", ma legittima il proprio peso accompagnandosi con un assegno del valore di 1 milione di dollari...
Viene il dubbio che per il buon Giorgio, l'edificazione della democrazia sia stata un business decisamente remunerativo e come potrebbe essere altrimenti dopo ben 12 legislature trascorse tra il Parlamento nazionale e quello europeo?
Uno come lui, la crisi la sente proprio da lontano, anzi, considerando l'età non la vede nemmeno!
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