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10/10/2024

Le verità nascoste di Mentana sul 7 ottobre

Dal 12 ottobre 2021 Facebook ha inserito la testata giornalistica diretta da Enrico Mentana, “Open”, all’interno della sua squadra di “collaboratori indipendenti per il fact-checking”.

Da allora “Open” monitora sistematicamente tutti i post pubblicati su Instagram e Facebook e stabilisce se si tratta di contenuti “veri” oppure “falsi” ed , ogni volta che un fact-checker valuta un contenuto come falso, Facebook fa in modo che soltanto poche persone possano vederlo e, contestualmente, invia un avviso a chi lo ha già visto. Inoltre bolla il contenuto con un’etichetta che rimanda all’analisi fatta del fact-checker.

Sia Facebook che Instagram, già dallo scoppio del conflitto in Ucraina, avevano incrementato la rimozione dei contenuti non graditi. Ma dal 7 ottobre 2023 in poi l’attività di censura e le mole di sanzioni a carico dei “trasgressori” si è – via via – fatta più intensa e massiccia fino al blocco temporaneo dei profili sgraditi quando non, addirittura, alla chiusura degli account che veicolavano contenuti ritenuti “non conformi agli standard della community”.

Già dal 2022 un’indagine della testata giornalistica indipendente statunitense MintPress aveva scoperto che centinaia di ex agenti del MOSSAD avevano raggiunto posizioni apicali in Google, Facebook, Microsoft e Amazon. [1].

E infatti a partire dal 7 ottobre 2023 moltissimi contenuti sulla Palestina, sia su Facebook che su Instagram, sono diventati “invisibili” attraverso il meccanismo dello “shadowban”. Ovvero, quando i contenuti non graditi vengono bloccati o limitati in qualche modo senza che ciò sia stato preventivamente comunicato ai suoi autori.

Tant’è che molti utenti, per difendersi da questa forma di censura opaca scrivono i loro post usando parole appositamente deformate come “Isrt***”, “H4m4s” “Pal****” quando si riferiscono ad Israele, Palestina, Gaza et. per sfuggire all’algoritmo, che però cambia in continuazione ogni volta che queste parole modificate vengono individuate e segnalate dai “moderatori” fisici o automatici.

Il risultato di queste attività di censura nascosta è che utenti con profili molto sensibili alla causa palestinese (taluni anche con ampio seguito) – proprio a partire dal 7 ottobre 2023 – hanno visto crollare le visualizzazioni e le interazioni sui propri contenuti.

Ecco, quell’Enrico Mentana, a capo di una testata che ha un ruolo centrale in questa attività di censura (esplicita o subdola), l’altroieri sera, su La7, ha condotto uno Speciale del suo Tg sui fatti del 7 ottobre 2023 dal titolo “L’orrore di un anno”, che ha ricostruito, minuto per minuto, la strage del 7 ottobre al confine con Gaza mettendo insieme, minuziosamente, tantissimi filmati, sia presi dalle telecamere di sorveglianza che da quelli girati da Hamas.

Inevitabilmente l’impatto che quelle immagini hanno avuto sugli spettatori non potrà che essere stato emotivamente sconvolgente perché, per la prima volta, sono state trasmesse in prima serata delle scene di violenza esplicita (analoghe a quelle subite dai palestinesi tutti i giorni, ma sistematicamente oscurate sui social controllati da Open) per almeno due ore senza alcuna interruzione.

Vedendo quella interminabile sequenza di immagini molto crude, anche il più convinto sostenitore della causa palestinese avrà percepito l’orrore delle esecuzioni dei civili nei Kibbutz.

E tuttavia il “documentario” realizzato da Silvia Brasca e Pina Debbi, votato unicamente a dimostrare la “ferocia dei militanti di Hamas”, presenta delle omissioni pesantissime che ne compromettono in modo assai pesante l’attendibilità, la credibilità e, soprattutto, l’imparzialità, quanto meno su una serie di aspetti niente affatto secondari che interessano tutta la vicenda del 7 ottobre.

Un’inchiesta indipendente sui fatti del 7 ottobre pubblicata il 27/10/2023 della testata statunitense di giornalismo investigativo The Grayzone, diretta dal Max Blumenthal, ha dimostrato che l’esercito israeliano, quel giorno, ha ricevuto l’ordine di bombardare le case israeliane e perfino le proprie basi dopo essere state sopraffatte dai militanti di Hamas; e che moltissimi cittadini israeliani sono stati “bruciati vivi” dai bombardamenti degli aerei israeliani intervenuti sul luogo oppure uccisi dal “fuoco amico” delle pallottole sparate dai militari dell’IDF, il cui intervento è stato inserito soltanto alla fine del documentario secondo il classico schema dell’“arrivano i nostri”.

Ed è davvero molto difficile, per fare un esempio, anche soltanto immaginare che centinaia di auto siano state carbonizzate da un piccolo esercito di guerriglieri armati di fucile e non dagli Apache israeliani.[2]

Mentana & co. coprono consapevolmente un grave scandalo: Israele ha ucciso centinaia di suoi cittadini tra il 7 e il 9 ottobre 2023. E il governo ha giustificato ideologicamente tutto ciò all’interno della società israeliana utilizzando un consolidato patto nazionale di omicidio-suicidio noto in Israele come “Direttiva Hannibal”.

Questo articolo si basa su un anno di reportage investigativo di The Electronic Intifada, su un ampio monitoraggio e traduzione dei media israeliani in lingua ebraica, sull’esame indipendente di centinaia di video, su un recente film pro-Israele trasmesso dalla BBC e dalla Paramount+ sul rave Supernova, sulle cifre ufficiali israeliane dei morti e su un rapporto poco letto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Possiamo concludere che durante l’offensiva del “Diluvio di Al-Aqsa” Israele ha ampliato l’uso della sua micidiale “direttiva Hannibal” – progettata per impedire che i soldati vengano catturati vivi come prigionieri di guerra – uccidendo molti dei suoi stessi civili.

L’uso di questi attacchi “Hannibal” è confermato anche in un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato a giugno. Il fuoco degli elicotteri, dei droni, dei carri armati e persino delle truppe di terra israeliane è stato deliberatamente intrapreso per evitare che i combattenti palestinesi prendessero prigionieri israeliani vivi che potessero essere scambiati con prigionieri palestinesi.

Su iniziativa della Divisione locale di Gaza, “Hannibal” è stato effettuato subito: meno di un’ora dopo l’inizio dell’offensiva palestinese. A mezzogiorno, il comando supremo dell’esercito israeliano (il cosiddetto quartier generale “Pit”, sotto l’edificio israeliano Hakirya, nel centro di Tel Aviv) ha ordinato inequivocabilmente di invocare la direttiva Hannibal in tutta la regione, “anche se ciò significa mettere in pericolo o danneggiare la vita di civili nella regione, compresi gli stessi prigionieri”.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, chiamato in causa dai prigionieri rilasciati e dalle loro famiglie che hanno assistito agli attacchi dell’esercito israeliano, ha dovuto infine ammettere che “centinaia di israeliani sono stati probabilmente uccisi da Israele stesso in episodi di bersagliamento “Hannibal” e di fuoco incrociato non intenzionale”. Israele, insomma, per lungo tempo è stato impegnato in un’aggressiva copertura dei suoi crimini contro il suo stesso popolo. [3]

È quanto mai chiaro che avere gravemente omesso quanto emerso dell’inchiesta di The Grayzone in ordine ad numero notevole di civili israeliani uccisi mentre erano in fuga, a piedi o in auto e, persino, dentro i kibbutz, tutti bombardati in modo indiscriminato dagli aerei israeliani, mirava a spostare tutta la rabbia e l’emotività dello spettatore sui “terroristi” di Hamas e ad offrire un’immagine salvifica delle forze militari israeliane, che compaiono solo alla fine del servizio ma le cui atrocità compiute continuamente sui civili palestinesi durante un intero anno di invasione della Striscia sono state raccolte dai giornalisti di Al Jazeera in un altrettanto terrificante docufilm pubblicato appena qualche giorno fa.

Ma la cosa ancora più incredibile è che, alla fine del servizio, Mentana ha di nuovo rilanciato le false notizie riguardanti le “decapitazioni dei bambini” e gli “stupri” presuntamente compiuti da Hamas, ben sapendo che, nei mesi successivi ai fatti del 7 ottobre è emersa in modo lampante l’assenza di prove, le evidenti discrepanze, le narrazioni distorte e parziali degli eventi, la mancanza di trasparenza, le manipolazioni delle famiglie delle vittime, le dure pressioni sui testimoni, l’assenza totale di verifiche incrociate delle testimonianze e, addirittura, dettagli poi rivelatisi letteralmente inventati di sana pianta.

Tutte accuse gravissime avanzate nei confronti del giornale che per primo le ha lanciate, ovvero, il New York Times con l’inchiesta ‘Screams Without Words’: How Hamas Weaponized Sexual Violence on Oct. 7“ (‘Grida Senza Parole’: come Hamas ha usato come arma la violenza sessuale il 7 Ottobre), curata dal Premio Pulitzer Jeffrey Gettleman, dalla regista Anat Schwartz e dal reporter freelance Adam Sella.

Quell’articolo, il cui contenuto venne rilanciato acriticamente da tutti i principali media occidentali, internazionali e italiani (in testa La Stampa: “La violentavano, poi le hanno tagliato il seno e se lo lanciavano per gioco”: l’inchiesta del New York Times scopre l’orrore degli stupri di Hamas nel raid del 7 ottobre), è stato confutato da diverse testate indipendenti come Mondoweiss [4], Electronic Intifada, The Grayzone ed Intercept.

Confutazioni e decostruzioni avvalorate recentemente da un gruppo di oltre cinquanta accademici statunitensi, professori di giornalismo, provenienti dalle più prestigiose università, che hanno sollevato questioni importanti riguardo la narrazione dei fatti del 7 ottobre da parte del NYT.

Le critiche mosse dai professori, insieme a quelle provenienti da altri settori e persino da alcuni membri del personale dello stesso New York Times, hanno confutato tanto la credibilità delle fonti utilizzate quanto il processo editoriale che ha portato alla pubblicazione del rapporto.

Inoltre, diverse smentite e testimonianze contrastanti con la versione ufficiale riguardo le presunte ”decapitazioni” e gli “stupri” da parte di Hamas, sono state rese note, successivamente ai fatti del 7 ottobre 2023, sia dagli stessi scampati alla strage che dagli ostaggi che sono stati successivamente rilasciati.

Ebbene, Enrico Mentana, in conclusione del documentario trasmesso da La7, dopo aver cercato di trovare un impossibile punto di riequilibrio dopo la trasmissione di un servizio talmente fazioso e sbilanciato, ha nuovamente rilanciato quelle ormai note fake news sulle “decapitazioni dei bambini e gli stupri di Hamas”, totalmente incurante della mole di testimonianze e documenti emersi successivamente all’azione di Hamas che hanno smentito categoricamente quella narrazione volutamente distorta dei fatti del 7 ottobre 2023.

E come se non bastasse, il vulcanico direttore del Tg de La7 ha aggiunto che “...i dati dei 41.000 morti ci vengono da Hamas e non sono verificabili”, pur sapendo che l’ultimo studio apparso a luglio scorso sulla rivista scientifica The Lancet, relativo al massacro di civili in corso a Gaza, ha confermato quanto dichiarato dal Ministero della Sanità palestinese (che censisce soltanto i morti passati per le strutture ospedaliere, quando ancora in piedi) aggiungendo, peraltro, un ulteriore tassello alla tesi del genocidio in atto a Gaza: i morti “attribuibili” alla campagna militare in corso a Gaza sarebbero ben al di sopra di quanto fino a oggi riportato, e precisamente ammonterebbero a oltre 185.000 persone, circa il 7,9% della popolazione totale della Striscia.[5]

Un’ultima considerazione che, mi pare, tuttavia, riguardi la questione più importante di tutte. Partendo dalla premessa che, inevitabilmente, ogni guerra (anche quelle di resistenza) produce orrore e violenza e che l’accanimento sui civili è diventata la cifra principale di tutti i conflitti armati degli ultimi decenni, viene da chiedersi: perché offrire due ore di immagini orribili di violenze anche inaudite sui civili di una nazione ritenuta alleata – Israele – proprio mentre si oscurano sistematicamente, sia in tv che sui social, tutte quelle che vengono inflitte ininterrottamente da un anno sugli inermi, sfiniti, affamati e disperati civili palestinesi ridotti a vivere in tendopoli o scuole usate come rifugi continuamente sottoposti ai bombardamenti israeliani?

E non parliamo degli ospedali, quasi tutti distrutti dalle bombe sioniste.

Si tratta di un doppio standard vile ed inaccettabile e chi lo usa dimostra di avere come unico obiettivo quello di utilizzare, ai fini della costruzione della propaganda di guerra e del consenso nei confronti di una sola parte, la sofferenza e l’orrore della guerra non avendo, in realtà, nessuna reale compassione per TUTTE le vittime del conflitto israelo-palestinese.

Come del resto per quelle di tutti gli altri conflitti, dal momento che opera una selezione sulla base del colore della pelle, della “razza” ma, soprattutto, delle alleanze politico-militari.

L’imperialismo, il neocolonialismo, il razzismo ed il suprematismo bianco si nutrono, anche e soprattutto, di queste cose. Non dimentichiamolo.

Note

[1] Invicta Palestina del 03/11/2022 , “Le ex spie israeliane lavorano per Google, Facebook e Microsoft” qui.

[2] THE GRAYZONE del 27/10/2023 ” October 7 testimonies reveal Israel’s military ‘shelling’ Israeli citizens with tanks, missiles” di Max Blumenthal qui.

[3] The Electronic Intifada, “ Come Israele ha ucciso centinaia di suoi cittadini il 7 ottobre” di Asa Winstanley The Electronic Intifada 7 ottobre 2024 qui.

[3] Mondoweiss.net , titolo originale completo Extraordinary charges of bias emerge against NYTimes reporter Anat Schwartz (“Straordinarie accuse di parzialità dirette alla giornalista del New York Times Anat Schwartz”) qui.

[4] THE LANCET del 10/07/2024 “Counting the dead in Gaza: difficult but essential “ di Rasha Khatib – Martin McKee – Salim Yusuf qui.

Fonte

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