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26/02/2011

FIAT, terzo atto

Vi ricordate quando Marchionne rassicurava l'Italia intera affermando che Pomigliano sarebbe rimasta un'eccezione isolata all'interno del panorama produttivo aziendale, e giustificava quello scempio contrattuale affermando che lo stabilimento napoletano necessitava di un giro di vite per rimettere in riga i soliti meridionali fannulloni?
In tanti, compresa la stampa di Confindustria e gli economisti da strapazzo alla Porro, si scorticarono le mani plaudendo alla fermezza dell'italo-canadese più pagato del mondo. Siccome il nostro è un paese con memoria storica pari a zero, Marchionne ebbe gioco facile nell'allargare il famigerato scempio anche allo stabilimento di Mirafiori raccogliendo, in quell'occasione, anche il pragmatico assenso di quegli ex-comunisti con le pezze al culo ora imboscati nel PD, che rispondono al nome di Chiamparino (quella perla d'amministratore locale che ha reso Torino il comune più indebitato d'Italia), Fassino e D'Alema (la coppia che se fosse operaia avrebbe votato "Sì", peccato che poi la stragrande maggioranza dei veri operai abbia votato "No"...) già avvezzi alla sconfitta di classe perché reduci dalla sonora baccata che PCI e sigle sindacali portarono a casa nell'80, quando i 40 mila colletti bianchi della FIAT consegnarono nelle mani di Romiti la distruzione del futuro della classe operaia italiana.
Bene, tornando ai giorni nostri, nel tam tam del culo di Ruby prima e delle rivoluzioni nel Nord Africa poi è filtrato qualche articolo che richiamava al probabile approdo del neo modello FIAT anche alle Carrozzerie Bertone, nome storico della meccanica automobilistica italiana, finite nell'orbita del gruppo FIAT dopo anni di pessima gestione familiare che condussero lo stabilimento al commissariamento governativo e alla successiva cessione al Lingotto nel novembre del 2009.
Dopo 6 anni di cassa integrazione, pare che la dirigenza FIAT abbia finalmente deciso che sorte riservare alle officine Bertone, per le quali sarebbe prevista la produzione di un nuovo modello Maserati (che ancora nessuno ha visto, torniamo quindi alla farraginosità industriale del progetto "Fabbrica Italia") anche in questo caso, condizionato all'accettazione del modello contrattuale imposto coercitivamente prima a Pomigliano e poi a Mirafiori.
La faccia da culo della dirigenza FIAT (è sempre bene ricordare che Marchionne è la prima linea dietro cui si nasconde la holding familiare Agnelli-Elkann) si manifesta dunque in tutto il proprio splendore, dal momento che i presupposti che avrebbero reso il contratto vergogna "necessario" per Pomigliano, prima con Mirafiori e ora con Bertone manifestano tutta la propria faziosità, perché le officine meccaniche Bertone, oltre ad essere un'eccellenza nel settore automobilistico (che a me sta sui coglioni, ma davanti ad opere come la Stratos c'è solo da stare in silenzio) lo sono anche nella serietà dei propri dipendenti che vantano una media d'assenteismo dimezzata rispetto a quella dell'intera regione Piemonte.
Analizzando il valido articolo che Telese del Fatto Quotidiano ha pubblicato sulla questione non si riesce purtroppo a trovare una chiave di lettura sufficientemente affidabile sul caso FIAT. Il marchio (occhio a questo termine che non è usato impropriamente...) di Torino pare, infatti, più interessato a creare confusione e nascondere le proprie carte, piuttosto che dare ampio respiro a un piano industriale pubblicizzato da mesi ma al momento ancora privo di qualsiasi sostanza reale, sarà mica che Torino è sempre più in provincia di Detroit come disse tempo fa Travaglio a casa Santoro?

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