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24/08/2025

Da Ford a BMW: perché le case automobilistiche non possono fare a meno delle batterie elettriche cinesi

Fare a meno della Cina per la costruzione di auto elettriche? È una missione quasi impossibile. Lo hanno imparato sulla loro pelle diverse case automobilistiche occidentali. Prendiamo il caso delle americane Ford e General Motors (Gm). All’inizio di giugno i laboratori dei due colossi erano impegnati a trovare un modo per produrre batterie al litio-manganese (LMR) di nuova generazione con le quali alimentare i loro futuri veicoli elettrici (Ev) e smarcarsi dalla dipendenza di batterie cinesi.

La partita è seguita con attenzione anche dal governo Usa, visto che quando e se una delle due case automobilistiche statunitensi dovesse riuscire nell’impresa allora gli Stati Uniti potrebbero avere la possibilità di superare Pechino nella corsa agli Ev e alle batterie. Ebbene, l’enorme ottimismo emerso a inizio estate è già evaporato come neve al sole. Colpa delle normative imprevedibili decise dall’amministsrazione Trump, della guerra dei dazi e, soprattutto, della fine delle norme sulle emissioni che promettevano di accelerare l’adozione dei veicoli elettrici.

Si tratta di un problema non da poco perché le case automobilistiche Usa hanno difficoltà a mantenere la redditività – e a sostenere i costi elevati – spesso a causa proprio delle batterie e del controllo della Cina sulle catene di approvvigionamento del cuore degli Ev. Gm e Ford ritenevano che la tecnologia LMR potesse aiutarle a ridurre il costo delle auto elettriche, rendendole così più accessibili senza sacrificare autonomia e prestazioni, nonchè a disegnare un futuro elettrico indipendente dal gigante asiatico. Missione fallita, almeno per il momento.

Il ritorno delle batterie elettriche Made in China

L’Inflation Reduction Act mirava a ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dalle catene di approvvigionamento cinesi, in parte scoraggiando l’uso di batterie cinesi, e in parte incoraggiando gli investimenti nelle tecnologie all’avanguardia del futuro, tra cui l’energia pulita. Peccato che con i crediti d’imposta per gli Ev destinati a scadere il 30 settembre molte case automobilistiche – come la citata General Motors e Bmw – ritengano che abbia più senso tornare ad acquistare batterie cinesi a basso costo, almeno nel breve termine.

Diverse aziende avrebbero probabilmente utilizzato batterie Made in Usa per alimentare i loro prossimi veicoli elettrici, ma questo soltanto se i crediti federali non fossero terminati anni prima del previsto. Il credito d’imposta al consumo di 7.500 dollari – lo stesso che aveva aiutato gli acquirenti a compensare l’elevato costo dei veicoli elettrici, derivante principalmente dalle batterie, e convinto le case automobilistiche a portare una maggiore produzione negli Stati Uniti – è stato però di fatto bloccato dall’amministrazione Trump.

Il risultato? Nel caso di GM e Bmw, entrambe le aziende sono costrette a puntare su batterie cinesi. Il Wall Street Journal ha scritto, nello specifico, che Gm comprerà batterie LFP da Catl, il più grande produttore (ovviamente cinese) di batterie al mondo, per la prossima generazione di Chevy Bolt Ev. Bmw si trova in una situazione simile. Il suo fornitore, Automotive Envision Supply Corporation (Aesc), un produttore giapponese con diversi stabilimenti in Cina, ha sospeso la costruzione di due impianti all’inizio di quest’anno a causa di “incertezza politica e di mercato” e dovrà importare batterie Made in China.

Questione economica

Le batterie di Catl dovranno fare i conti con dazi pari a circa l’80%, ma le dimensioni e l’esperienza del gruppo cinese potrebbero comunque rivelarsi economicamente vantaggiose per Gm.

L’eventuale alternativa è rappresentata dalla coreana LG Energy Solution (Lges), ma l’azienda inizierà a convertire il suo stabilimento di batterie in Tennessee per la produzione locale di batterie al litio (LFP) soltanto alla fine di quest’anno mentre la conversione del sito non sarà completata prima della fine del 2027.

Un altro caso emblematico è rappresentato da Ford, che ha difeso la sua decisione di concedere in licenza la tecnologia delle batterie LFP a Catl, perché questo – secondo l’azienda Usa – accelererà il trasferimento delle competenze produttive del Paese (competenze da tempo cedute alla Cina). Insomma, fare a meno di Pechino è sempre più complicato e sconveniente...

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