Nessun discorso infatti, per quanto ben costruito e cesellato, può risultare efficace per colpire l’attenzione di chiunque. Anche Shakespeare e Sofocle, in fondo, non parlano a tutti.
Quelle carogne di “influencer” affittati per occupare uno spazio mediatico già molto affollato – che comincia a pendere dalla parte contraria a Israele, nonostante la poderosa macchina dell’Hasbara e i suoi terminali nelle redazioni mainstream – non avevano alcuna possibilità di far cambiare idea a chi guarda foto e filmati dalla Striscia e ne trae l’inevitabile certezza: è in corso un genocidio, attuato con bombardamenti, spari, torture sui prigionieri anche bambini e fame. Mancano le camere a gas, unica differenza “tecnica” con l’Olocausto.
Il loro “target” non è affatto l’opinione pubblica mondiale, ma l’elettorato statunitense, e in special modo quello trumpiano. Anche all’interno di quel mondo fetido, evidentemente, qualche crepa si andava creando. E dato che si tratta del principale pilastro di consenso su cui sì àncora il sostegno Usa al genocidio, era necessario mettere in campo uno show di attorucoli che sanno come parlare a quel mondo.
La qualità dello spettacolo, come sempre quando si fa un investimento “commerciale”, è proporzionale alla cultura del pubblico di riferimento...
Bisogna insomma guardare a quel che sta accadendo in America per capire almeno in parte fino a che punto è in crisi l’egemonia “culturale” sul mondo e le forme che va assumendo la “risposta Maga” alla crisi.
La testata Axios, che ha ormai sostituito il “bideniano” POLITICO come credibilità informativa, ha stilato una sintetica lista delle principali iniziative trumpiane per riscrivere l’identità culturale degli Stati Uniti. Che poi significa, a cascata, tentare di ridisegnare il volto dell’intero Occidente euro-atlantico, visto il ruolo ricoperto sia a livello finanziario che militare dagli USA...
“Nel racconto del MAGA, l’America è l’erede delle antiche civiltà europee, costruita su una fondazione giudeo-cristiana di identità bianca, meritocrazia, ruoli di genere tradizionali e famiglia nucleare”.
Sembra un discorso general-generico, magari un po’ tradizionalista e “salviniano”, ma a ben guardare già a questo livello viene operata una drastica amputazione proprio dell’identità occidentale classica. Che non è soltanto “giudaico-cristiana”, come ripetono gli ascari fascistoidi dalle nostre parti, ma forse soprattutto greco-romana.
La differenza culturale principale sta nella diversa strutturazione valoriale tra un mondo da “ordinare” secondo i dettami di un dio assoluto che si occupa fin nei dettagli delle vicende umane, sovraordinando “comandamenti” alle leggi che elaborano e, all’opposto (o comunque diversamente), un mondo in cui molti “dei specializzati” (guerra, amore, caccia, agricoltura, ecc.) si occupano sostanzialmente dei fatti loro con qualche incursione-commistione con le vicende di alcuni umani, che peraltro vivono secondo le proprie regole, cambiandole anche spesso.
È la differenza tra l’obbedienza e la scelta, con tutte le conseguenze del caso, anche tragiche.
Una religione monoteista è già di per sé una mezza gabbia in cui gli umani si ritrovano a vivere “conformandosi” o “dannandosi”, ma si arriva facilmente alla follia – e allo sfruttamento furbesco della credulità popolare – quando si assume il “testo sacro” fondativo come comandamenti da prendere alla lettera.
Abbiamo sperimentato, nel cristianesimo, la difficoltà di accedere al metodo scientifico ogni qual volta l’osservazione empirica entrava in contrasto con la Bibbia (Copernico, Giordano Bruno e Galilei ne sanno qualcosa). Se poi si assume – come avviene tra i “cristiani evangelici” o gli ebrei ortodossi – il Vecchio Testamento come “verità rivelata” e indiscutibile, allora il pateracchio diventa evidente. E pericoloso.
Se “il popolo di dio” viene reinterpretato da “insieme dei credenti” (per scelta e per fede) a “comunità superiore”, legata da vincoli di sangue e/o di obbedienza a prescindere, ecco che si creano le basi per un suprematismo millenarista fondato su... chiacchiere.
Se vi preoccupa questo passaggio dalle argomentazioni classiche sulle strategie imperialistiche alle fantasie simil-religiose... avete perfettamente ragione: dovete preoccuparvi.
L’“America in versione Maga” si va costituendo come una formazione para-religiosa. In cui – non è inutile ribadirlo – gli interessi materiali dominanti si ammantano di credenze “giudaico-evangeliche” per strutturare un consenso interno che altrimenti la loro politica reale (concentrazione della ricchezza in poche mani, abbandono di ogni prospettiva “redistributiva” in termini di salario e welfare, ecc.) metterebbe in forse.
“Quella visione del mondo sta guidando sempre di più le politiche governative”, avverte Axios, altrimenti risulterebbe inspiegabile l’attenzione presidenziale posta – ad esempio – sulle... mostre museali.
“Trump ha ordinato allo Smithsonian Institution di revisionare le mostre che l’amministrazione ritiene problematiche per ‘tono, contesto storico e allineamento con gli ideali americani’.Attendiamoci che questa revisione tocchi presto Hollywood, con la riabilitazione dei western alla John Wayne, quando i pellirosse venivano descritti come “terroristi” ante litteram, e la cancellazione dalle videoteche di film come Soldato blu o Piccolo grande uomo, come Amistad o Il colore viola, ecc....
Trump sostiene che ci sia stato un ‘diffuso sforzo di riscrivere la storia della nostra Nazione’ dipingendola come irrimediabilmente razzista o oppressiva – incluso, dice, un’eccessiva focalizzazione su ‘quanto fosse brutta la schiavitù’.
Un funzionario della Casa Bianca ha dichiarato che Trump intende espandere la revisione dell’ideologia ‘woke’ ad altri musei oltre lo Smithsonian – un livello di supervisione senza precedenti da parte di un presidente USA.”
Ma ci sono in atto misure meno fantasiose e più immediate, che riguardano questioni cruciali come la cittadinanza, il controllo delle piattaforme social e dunque la libertà di pensiero ed espressione in qualsiasi forma.
“Lo U.S. Citizenship and Immigration Services (USCIS) ha annunciato la scorsa settimana che sottoporrà i richiedenti per l’immigrazione legale a screening per individuare ‘ideologie anti-americane’, incluse le opinioni espresse sui social media.Perché “I benefici dell’America non dovrebbero essere dati a coloro che disprezzano il paese”, ha dichiarato in una nota il portavoce dell’USCIS, Matthew Tragesser. Si comincia con i titolari di visto, ma già si alza la pressione sugli “americani storici”.
Tutti i 55 milioni di attuali titolari di visto saranno sottoposti a ‘verifica continua’ per ‘qualsiasi indicazione di ostilità verso i cittadini, la cultura, il governo, le istituzioni o i principi fondanti degli Stati Uniti”.
Essere o diventare “americani”, insomma, non dipenderà più da un fatto (l’esser figli di cittadini Usa) o dall’acquisizione in base a condizioni oggettive uguali per tutti (studio, lavoro, permanenza, persecuzioni, asilo, ecc.), ma dalle opinioni – inevitabilmente soggettive e persino variabili nel tempo – sulla storia politica del paese. Ovvero dall’identificazione o meno con l’universo culturale “Maga” o giù di lì.
“L’USCIS sta anche ampliando il requisito del ‘buon carattere morale’ per i richiedenti la cittadinanza, legando questo vago standard al ‘comportamento, l’adesione alle norme sociali e i contributi positivi’ di un individuo.È prevista insomma una revisione drastica dell’anagrafe generale, uno “sfoltimento” della popolazione legale su base ideologica, e viene ammesso esplicitamente, come un programma politico. “Penso che dobbiamo semplicemente evolverci oltre l’idea che solo perché hai i documenti in ordine, sei un americano”, ha detto l’influencer “Maga” Charlie Kirk in un suo podcast della scorsa settimana. “Devi avere il tuo spirito completamente coinvolto”.
Il Dipartimento di Giustizia continua a perseguire il divieto della cittadinanza per diritto di nascita (birthright citizenship) per i figli di immigrati privi di documenti – un diritto sancito dal 14° Emendamento – dando priorità alla denaturalizzazione per i cittadini naturalizzati che commettono determinati reati”.
È l’incerta ideologia del governo attuale, insomma, a delineare il modo di pensare della popolazione futura, non quella popolazione nel suo insieme a decidere quali ideologie sono dominanti, ammissibili, tollerate. Una specie di “congelamento” dell’evoluzione politica e storica, una “fissità” che non lascia inevitabilmente spazio alla stessa possibilità di affrontare i problemi sempre nuovi e diversi che un paese deve affrontare nel rapporto col resto del mondo.
En passant, la natura del concetto di “libertà” si restringe in modo estremo, al punto da coincidere – di fatto – con la sola “libertà di impresa”. Ideologia razzista/suprematista e ideologia di classe, del resto, coincidono.
Pensare di poter restare “egemoni” con questa strumentazione indifferente al mutare dei tempi dovrebbe sollevare inquietudine anche nella classe momentaneamente dirigente, magari anche solo perché si rischia di ritrovarsi senza strumenti culturali davanti all’insorgere di imprevisti.
Ma l’elenco degli “ordini operativi” su questo fronte indica l’esatto opposto. Trump ha infatti:
– “firmato un ordine esecutivo che dichiara l’inglese lingua ufficiale degli Stati Uniti – elevandolo da strumento pratico a marcatore di identità e appartenenza”. Rendendo così “illegali”, o quanto meno sconsigliate, tutte le lingue originarie delle centinaia di milioni di immigrati (spagnolo, italiano, tedesco, gaelico, ecc.) e forse persino le lingue dei nativi che abitavano l’America prima dell’invasione dei bianchi genocidi europei.
– Storia: “Ha ripristinato i nomi confederati alle basi militari statunitensi e ha ordinato il ritorno di alcuni monumenti confederati, condannando la loro rimozione come cancellazioni della ‘eredità’”. Come se la guerra di secessione di un secolo e mezzo fa non ci fosse stata o fosse stata vinta dagli schiavisti...
– Esercito: “Ha ripristinato il divieto per i soldati transgender, allineando il servizio militare alle norme di genere tradizionali”, rovesciando così non solo le “esagerazioni woke” che avevano caratterizzato – strumentalmente, certo – il recente sentiment culturale occidentale, ma l’intero processo evolutivo sulla libertà sessuale degli ultimi 70 anni.
– Rifugiati: “Ha creato eccezioni per gli agricoltori bianchi sudafricani mentre riduceva drasticamente l’ammissione di rifugiati da altre parti”. A conferma del fatto che il suprematismo bianco – ebrei compresi, a differenza del nazismo storico, dal che deriva la piena condivisione del sionismo – è in effetti il fondamento ideologico e psichiatrico del nuovo “regime”.
– Architettura: Ha ordinato che i nuovi edifici federali aderiscano a stili “classici”. Immaginiamo cosa potrà accadere con le “commissioni esaminatrici” dei nuovi progetti delle archistar Usa...
Anche secondo Axios, in effetti, “il progetto di Trump mina gli ideali che l’America ha a lungo celebrato come rifugio per immigrati, terra di opportunità per gli emarginati e paese che trae forza dal suo pluralismo”. Ma come si vede è una critica che resta “tutta interna” alla immarcescibile volontà di preservare una eccezionalità, o supremazia, statunitense.
Il punto chiave – per “osservatori esterni” che, come noi, magari vogliono rompere definitivamente con l’imperialismo Usa – è che questa “revisione istituzionalizzata dell’identità americana” cancella di fatto, forse persino involontariamente, il cosiddetto “soft power” statunitense. Ovvero la possibilità concreta per gli Usa di rappresentare qualcosa di “attrattivo” anche per chi non è nato o vive lì.
Essere dominati nell’immaginario di Hollywood e dintorni era – ed è ancora, in qualche misura – una “condizione a contorno” del dominio brutale del business e dell’esercito statunitense, un modo di renderlo più “accettabile” e persuasivo.
Se resta solo la forza, giustificata con i versetti del Vecchio Testamento, diventa tutto meno complicato da comprendere. Perché non resta granché da “condividere”, distinguere, articolare, ecc. Siamo nel terzo millennio, sappiamo cose che tre millenni fa erano inconcepibili...
La pretesa di continuità dell’Impero si presenterà forse anche come una ultima “guerra di religione”, l’apocalisse sognata dai più ritardati pastori evangelici. Ma fortunatamente il Medioevo è definitivamente alle nostre spalle. Non prevarranno...
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