Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Da ciascuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni

10/12/2025

Benin: fallito il golpe militare

Sono dodici i militari attualmente in custodia cautelare con l’accusa di coinvolgimento nel tentativo di colpo di stato che il 7 dicembre ha scosso il Benin. La mattina di domenica scorsa, infatti, un gruppo di uomini in uniforme mimetica ha occupato gli studi della televisione nazionale ORTB e ha annunciato la sospensione della Carta costituzionale e la chiusura delle frontiere terrestri e dello spazio aereo sul Paese. Sempre in diretta TV, gli ammutinati hanno annunciato l’istituzione di un “Comitato nazionale per la rifondazione”, prima di sospendere le trasmissioni. Il golpe non è durato, però, che poche ore, prima che il Presidente Patrice Talon dichiarasse il ripristino dell’ordine nel Paese. In soccorso del governo beninese sarebbe intervenuta la Nigeria, anche con l’invio di due aerei militari.

Alla guida del fallimentare colpo di stato beninese spicca la figura dell’ufficiale Pascal Tigri, comandante delle Forze speciali, un organo militare dipendente dalla Guardia Nazionale impiegato per difendere il Paese dagli attacchi sempre più frequenti dei corpi armati jihadisti provenienti dalle frontiere con il Niger e con il Burkina Faso. Lo stesso capo della Guardia Nazionale, Faizou Gomina, insieme al capo di stato maggiore dell’esercito beninese, Abou Issa, era stato messo in custodia dagli uomini di Pascal Tigri nella giornata di domenica.

Ricalcando i proclami degli ammutinati in Mali, Niger e Burkina Faso, Pascal Tigri ha parlato di un “deterioramento della situazione della sicurezza” in Benin. Il colpo di Stato beninese si iscrive in un quadro di altissima tensione che coinvolge i Paesi della regione a causa delle violenze e dalle incursioni frequenti delle forze jihadiste, contro le quali i governi nazionali sembrerebbero agire con politiche deboli e inefficaci. A scapito di civili, spesso vittime di attentati o costretti ad abbandonare le proprie case per sfuggire agli agguati sanguinosi dei jihadisti, e degli stessi militari. Nel mese di aprile 2025, almeno 70 soldati delle forze di Tigri erano rimasti uccisi in uno scontro con i jihadisti, e nell’ultimo anno decine di militari hanno perso la vita o sono rimasti feriti negli scontri con i gruppi armati fondamentalisti, che dai Paesi del nord mirano a espandersi adesso anche in Benin.

Circa un anno fa, il Benin era già stato interessato da un altro tentativo di golpe. Nella notte tra il 23 e il 24 settembre 2024, i presunti cospiratori Olivier Boko, un influente uomo d’affari, e Oswald Homeky, ex ministro dello sport, entrambi vicini al Presidente Talon, furono prelevati dalle loro abitazioni e arrestati. L’accusa era di aver tentato di corrompere con una cifra di quasi 2 milioni e mezzo di dollari il colonnello Djimon Dieudonne Tevoedjre, capo della sicurezza di Talon, che, invece, aveva denunciato il piano al Presidente. Boko, Homeky e Rock Nieri, un imprenditore parente di Boko, erano stati condannati a vent’anni di carcere e a pagare multe per una cifra totale che si avvicina a 100 milioni di dollari.

Anche in questo caso, Talon ha dichiarato che i responsabili del tentativo di golpe non resteranno impuniti, ma gli attori e le modalità di quanto avvenuto domenica sono diversi, e rispecchiano un quadro di instabilità regionale che, a causa delle violenze jihadiste, ha ormai superato i confini del Sahel. Per questo motivo, quello in Benin è solo il più recente di una serie di golpe che si succedono in quest’area dell’Africa da alcuni anni. Nel 2021 in Mali un colpo di stato militare aveva rovesciato il governo di Bah Ndaw. Con le stesse motivazioni degli ammutinati beninesi, nel 2022 anche nel vicino Burkina Faso i soldati guidati da Paul-Henri Sandaogo Damiba, riuniti nel Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Restaurazione, avevano deposto il Presidente Kaboré. L’anno dopo, in Niger, a due anni da un altro tentativo di golpe, la guardia presidenziale prese poi in custodia il Presidente Mohamed Bazoum e proclamò il governo a guida Tchiani, capo della giunta militare organizzata nel “Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria”.

L’obiettivo politico proclamato da ogni forza golpista che nella regione ha provato o è riuscita a salire al potere è sempre quello di garantire sicurezza alla popolazione e proteggerla dalla violenza jihadista che oramai dilaga nel Sahel e non solo. In un decennio, con un trend in vertiginoso aumento, in Africa, si sono effettivamente registrate almeno 150.000 morti legate ad attacchi jihadisti. Tra il 2020 e il 2022, le cifre delle vittime dei jihadisti sono aumentate del 60%. Solo l’anno scorso sono state uccise oltre 22.000 persone.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento