Il 24 dicembre l’Assemblea Popolare Nazionale di Algeri, cioè il parlamento algerino, ha approvato all’unanimità una legge che indica la colonizzazione francese, che ha riguardato il paese dal 1830 al 1962, un “crimine di Stato”. Il presidente dell’Assemblea, Brahim Boughali, ha indicato il testo come un modo per fissare la responsabilità storica dello stato francese nel processo di colonizzazione.
Nei 27 articoli della norma vengono esplicitamente citati alcuni dei crimini commessi da Parigi contro il popolo algerino: gli esperimenti nucleari nel deserto e gli annessi danni ambientali, le esecuzioni extragiudiziali, la tortura fisica e psicologica e il saccheggio sistematico delle risorse naturali e culturali del paese. La lista non ha solo un valore storico, però.
Con l’indicazione di azioni specifiche, infatti, l’Algeria pretende dalla Francia anche il risarcimento dei danni materiali e morali causati dal suo imperialismo, considerandolo un diritto inalienabile dello stato e del popolo algerino. Algeri vuole indietro gli archivi sottratti dopo l’indipendenza, così come i beni culturali rubati e anche i resti dei combattenti della resistenza ancora in possesso dei francesi.
Tra le altre cose, viene anche richiesta la bonifica dei siti dei test nucleari. Con la legge vengono inoltre stabilite misure penali per chi si macchia di apologia del colonialismo, con pene detentive da cinque a dieci anni, e sanzioni pecuniarie che si estendono anche a chi lo glorifica attraverso i media, i social o pubblicazioni di vario genere.
Ovviamente, la legge algerina non ha un potere vincolante verso l’Eliseo, ma allo stesso tempo rappresenta un importante cambiamento nel quadro delle relazioni tra l’ex colonia e “l’ex” colonialista, con importanti ripercussioni sulla situazione diplomatica dell’intera regione, la quale si è fatta sempre più complessa negli ultimi mesi.
Il ministro degli Esteri della Francia, Jean-Noël Barrot, ha detto di non voler commentare “dibattiti politici in corso in paesi stranieri”, a ribadire che il provvedimento non ha nessun potere vincolante nei confronti di Parigi. Ma ha anche affermato che si tratta di “un’iniziativa chiaramente ostile alla volontà di riprendere il dialogo franco‑algerino”.
In passato Macron ha definito la colonizzazione algerina come un crimine contro l’umanità, mentre Algeri aveva proseguito su una linea che chiedeva il riconoscimento storico, piuttosto che scuse formali e il risarcimento dei danni. Ma appunto, il dialogo franco-algerino si è fatto molto più complesso per una serie di dossier intrecciati nello scenario geopolitico.
Il riconoscimento delle mire marocchine sul Sahara occidentale; il diverso posizionamento dei due paesi del Maghreb riguardo alla causa palestinese; le accuse sull’immigrazione diretta verso la UE attraverso l’Algeria; l’inasprimento del regime dei visti per i diplomatici algerini e la preoccupazione per le relazioni intrattenute dal paese africano con Mosca, in particolare sul nucleare.
La politica imperialista europea, che vuole stringere il proprio controllo sul Mediterraneo allargato con uno sguardo al Sahel, ha trovato nell’Algeria un ostacolo non facilmente controllabile. La nuova legge algerina si inserisce in questa cornice diplomatica, e segnala la netta opposizione alle politiche neocoloniali, oltre a sollevare le responsabilità storiche delle potenze coloniali proprio nel momento in cui la loro estrema propaggine sionista ne mostra l’attualità dei crimini.
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