Il carbone può diventare verde e trasformarsi in
energia pulita. Ma il sogno economico, occupazionale e, perché no,
ambientalista dell’unica miniera di carbone ancora attiva in Italia
rischia seriamente di rimanere lettera morta per l’immobilismo di chi
gestisce il potere centrale. Una storia di sviluppo mancato.
I tecnici lo chiamano “sistema integrato miniera centrale” e altro non è
che un ambizioso (e all’avanguardia) progetto per la produzione di
energia, gas metano e acque termali utilizzando il carbone e l’anidride
carbonica che si ricava dalla combustione. Di fatto, un programma di
interventi in grado di ridurre al minimo le emissioni di sostanze
inquinanti nell’ambiente e allo stesso tempo produrre ricchezza.
Non è fantascienza, bensì quello che dovrebbe succedere (governo permettendo) nella miniera di carbone di Nuraxi Figus,
piccola località della Sardegna sud occidentale in provincia di
Carbonia Iglesias. Proprio qui si trova l’unica miniera di carbone
ancora funzionante in Italia. Un sito che ha un giacimento ricchissimo
con il quale si potrebbe scrivere una nuova pagina dello sviluppo del
territorio, alle prese con una crisi drammatica che concede poche
speranze all’esercito di disoccupati, cassintegrati, lavoratori in
mobilità. Da qui dovrebbe ripartire il rilancio della Carbosulcis,
con la privatizzazione della concessione mineraria (attualmente in mano
alla Regione), la realizzazione di una centrale elettrica da alimentare
con il carbone e impatto ambientale praticamente azzerato perché
l’anidride carbonica prodotta dalla combustione del carbone dovrebbe
essere catturata e iniettata nel sottosuolo invece che dispersa
nell’atmosfera.
Da non trascurare le prospettive occupazionali: ai 500 posti di lavoro
della miniera, dovrebbero aggiungersi 700 lavoratori della centrale e
altri 1000 legati agli investimenti in innovazione per lo stoccaggio
della Co2. Il progetto prevede la costruzione di una centrale capace di
produrre energia elettrica attraverso la cattura della Co2 ed il suo
stoccaggio in profondità, fino a 1000 metri sotto il livello del mare.
In pratica le emissioni di anidride carbonica che derivano dalla
combustione in una centrale andrebbero canalizzate e “sparate” nel
sottosuolo attraverso un complesso impianto meccanico. Dalla reazione
dell’anidride carbonica stoccata in una profondità così elevata e in
un’area ricca di carbone si ricaverebbero gas metano e acqua termale.
La produzione della miniera di Nuraxi Figus dovrebbe attestarsi attorno
alle 800 mila tonnellate di carbone l’anno da vendere per la produzione
di energia utile alle aziende di Portovesme, quelle
periodicamente alle prese con gli alti costi energetici e la minaccia di
sanzioni da parte dell’Ue per gli aiuti di Stato.
Il costo dell’investimento è di un miliardo e mezzo di euro. Primo passo
è la predisposizione di un bando per l’individuazione del soggetto
contraente per la realizzazione del sistema miniera centrale; la sua
realizzazione, invece, deve avvenire tramite un bando internazionale. Il
tutto attraverso una serie di passaggi che partono dall’azienda: la
Carbosulcis, attraverso la Sotacarbo (acronimo di società tecnologie
avanzate carbone), ha predisposto il progetto che è stato poi presentato
alla Regione; da qui è passato al ministero dello Sviluppo economico
che, a sua volta, ha inoltrato il tutto all’Unione europea. Il
coinvolgimento delle istituzioni europee è necessario per scongiurare il
rischio che, in caso di utilizzo di risorse pubbliche, si possa parlare
di aiuto di Stato in virtù della partecipazione della Regione al
progetto.
Si attendono dunque risposte dall’Unione europea, ma molto dipende dall’azione di Regione e Governo. Francesco Sanna,
senatore del Pd, segue con attenzione la vicenda Carbosulcis e
caldeggia il progetto, ma si mostra scettico: “Sono un sostenitore
critico perché il progetto è ottimo, ma in mani sbagliate. E’ da due
anni che chiediamo al governo nazionale di sapere che fine ha fatto il
progetto in sede comunitaria: in Parlamento non hanno mai dato le
delucidazioni del caso. Il risultato della latitanza del governo è che
sono stati dati 100 milioni di euro non al nostro progetto, ma a quello
di Porto Marghera, dove il carbone non c’è e va portato con le navi”. La
speranza si unisce alla preoccupazione per le sorti dell’unica miniera
di carbone ancora attiva sul territorio nazionale. Un mondo che ha
ispirato anche un lavoro artistico, ovvero una mostra (dal titolo
“Mauri/Minatori/Mineros”) del fotografo Adriano Mauri che
dà spazio alle memorie dal sottosuolo attraverso gli sguardi in bianco e
nero dei minatori. La mostra è approdata di recente in Argentina e nei
prossimi mesi sarà ancora in giro per il mondo: 35 ritratti in bianco e
nero, con testi scritti da Marco Delogu, direttore artistico del Festival della fotografia di Roma.
Fonte.
Le cazzate purtroppo non hanno le gambe corte come le bugie.
A distanza di sei anni dalla prima uscita pubblica del "carbone pulito" citato da Prodi intorno al 2005 quale soluzione per i mali energetici dell'Italia , l'argomento ora torna d'attualità in Sardegna.
Casualmente, anche qui troviamo un prestanome della cosiddetta sinistra a far da sponsor al carbone, la stessa sinistra che in Liguria ha fatto quadrato col PDL avallando l'ampliamento della centrale a carbone di Vado Ligure di proprietà Tirreno Power, società casualmente partecipata per il 39% dalla Sorgenia di Carlo De Benedetti, casualmente sponsor mediatico e non del PD.
Madonna quante casualità che girano intorno al carbone... sarà per questo che, da nero qual'è, attraverso una marea di informazione spazzatura si tenta di farlo divenire verde...
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