È stata definita la prossima bolla dell'economia statunitense, ma i suoi effetti, pur se meno intensi sul breve periodo rispetto a quella immobiliare, potrebbero costituire una bomba a orologeria per l'immediato futuro. Gli studenti Usa, scaraventati in un mercato del lavoro asfittico, non trovano più redditi sufficienti a rimborsare i debiti che hanno contratto per darsi una formazione. E a ogni rata non corrisposta, aumentano gli interessi, generando un circolo vizioso che opprime un'intera generazione.
I dati parlano chiaro. Dall'inizio della recessione, nel 2008, tutte le forme di credito si sono ridotte, tranne una: sono proprio i prestiti agli studenti, cresciuti del 511 per cento dal 1999 all'inizio del 2011, raggiungendo la cifra complessiva di 550 miliardi di dollari. Il dipartimento dell'Istruzione statunitense stima che sono già a 805 miliardi e che quota mille miliardi non è poi così lontana.
Parallelamente cresce l'insolvenza: circa l'11,2 per cento dei rimborsi eccede di 90 giorni la data prevista. Solo le carte di credito hanno un tasso d'insolvenza superiore.
In media, secondo altri dati, un (ex) studente Usa esce dal college con circa 24mila dollari di debito sulle spalle, mentre solo il 56 per cento dei neolaureati trova lavoro.
All'origine del fenomeno, c'è l'alto costo delle rette scolastiche, quelle che in inglese si chiamano tuition
e che comprendono, oltre i corsi strettamente intesi, anche tutti quei
servizi che offrono un'istruzione completa e qualificata: la stanza dove
alloggiare al college, le spese di viaggio, i libri, l'attrezzatura
tecnologica. Rientrano alla voce tuition anche quelle spese accessorie che permettono di essere più competitivi, come le lezioni private.
Ad acuire la necessità di ricorrere al prestito privato, ci sono i tagli alle borse di studio e ai finanziamenti pubblici operati da molti stati.
Ma perché le rette scolastiche crescono mentre l'economia è in recessione? Perché le iscrizioni ai college hanno continuato comunque ad aumentare, dai 14,8 milioni del 1999 ai 20,4 milioni del 2009. Buona notizia, se parallelamente non fosse diminuita l'occupazione nell'industria, cioè il lavoro "sicuro" che consentiva a molte famiglie operaie di entrare dignitosamente nell'ambita middle-class: lo status che permetteva a genitori non istruiti di iscrivere i propri figli al college.
Ed ecco quindi il fiorire di prestiti appositamente dedicati agli studenti, facilissimi da ottenere ma complicati da rimborsare, alla luce di un altro dato: le rette crescono più dei salari.
Se è vero che il debito medio di un neolaureato è inferiore a quello
delle famiglie che avevano contratto un mutuo ai tempi della bolla subprime, è del tutto evidente un altro fatto: là, si potevano almeno ipotecare le case; qui, uno studente non ha nulla da ipotecare se non se stesso, o le risorse che dovrebbero servirgli a competere nel mondo del lavoro. Valga per tutti, questo esempio tratto da AlterNet, che rivela un vero e proprio circolo vizioso.
"Tarah Toney ha lavorato in due posti a tempo pieno per permettersi il college, la McMurry University di Abilene, in Texas, e ha ancora 75mila dollari di debito. Dopo sei anni ha ottenuto una laurea in letteratura inglese, il suo desiderio era di insegnarla in una scuola superiore.
«Proprio al momento di laurearmi, il Texas ha preso la grave decisione di tagliare i finanziamenti all'istruzione - grazie governatore Perry [il candidato favorito alle prossime primarie repubblicane, ndr]
- e i distretti scolastici in tutto lo stato hanno bloccato le
assunzioni e cominciato a licenziare. È apparso subito chiaro che non
c'era lavoro per me nella scuola pubblica del Texas.
Dopo due mesi di ricerca, ho trovato un lavoro temporaneo in un'agenzia immobiliare. Ad agosto il mio periodo-finestra dopo la laurea è finito e la rata per ripagare i miei prestiti da studentessa è di 500 dollari al mese. Sommando questa alle altre spese, si arriva a 2.100 dollari al mese. Se non pago, mi revocheranno la licenza da agente immobiliare, di cui ho bisogno per lavorare»."
Per disinnescare la bomba a orologeria del debito studentesco, alcuni pensano a palliativi. L'assemblea legislativa del New Jersey, per esempio, ha allo studio un disegno di legge per vietare un aumento superiore al 2 per cento annuo nelle rette del college. Altri, come l'ex manager e attuale blogger RJ Eskow, propongono di rispolverare una soluzione da New Deal roosveltiano: lo stato assuma i neolaureati per costruire le infrastrutture di cui il Paese ha bisogno.
Ma da alcuni settori si propone anche una soluzione "islandese": l'annullamento del debito, da considerarsi come un vero e proprio stimolo alla crescita economica. Il democratico Hansen Clarke
ha presentato una risoluzione al Congresso (firmata da altri 12
parlamentari) che prevede proprio questa via d'uscita, che permetterebbe
a circa 35 milioni di cittadini Usa di risparmiare tra i 400 e i 1000 dollari al mese per reinvestirli, così si spera, in un'economia asfittica.
Fonte.
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