C'è chi ha paragonato l'azione talebana a Kabul di ieri con l'attacco dei vietcong a Saigon del 1968
che diede il via alla famosa offensiva del Tet. A parte il fatto che in
entrambi i casi sono stati attaccati l'ambasciata Usa e il palazzo
presidenziale, le due operazioni appaiono imparagonabili per le loro
dimensioni: cinque battaglioni comunisti a Saigon, meno di dieci talebani a Kabul.
Facendo però le debite proporzioni l'analogia appare meno assurda. Se una decina scarsa di guerriglieri
è riuscita a penetrare nella zona più sorvegliata della capitale, a
colpire gli obiettivi più sensibili e a tenere in scacco per ben venti ore
centinaia di soldati appoggiati da elicotteri da guerra, cosa sarebbe
accaduto se e l'attacco fosse stato sferrato da cinque battaglioni di
talebani?
Nonostante Usa e Nato minimizzino, a nessuno sfugge
la gravità di quanto accaduto. Un pugno di guerriglieri travestiti da
donna a bordo di un pulmino pieno di armi sono riusciti a penetrare fino
ai margini della blindatissima 'Green Zone' di
Kabul, superando senza problemi tutti i checkpoint disseminati per la
città, mentre altri loro compagni attuavano attentati suicidi diversivi
in differenti zone della città.
Il commando è poi riuscito a prendere posizione in un edificio in costruzione a ridosso della Zone Verde all'interno del quale, nei giorni precedenti, era stato nascosto un vero e proprio arsenale.
Da lassù i talebani hanno comodamente bersagliato per ore l'ambasciata
Usa, il quartier generale della Nato, il palazzo presidenziale e la sede
dei servizi segreti afgani.
Le immagini
dei soldati americani che rispondono al fuoco talebano dall'interno del
compound dell'ambasciata Usa, diffuse dalla Nato a scopo
propagandistico, ricorda le scena di un film western con il fortino militare di 'visi pallidi' assediato da centinaia di indiani.
Peccato che gli indiani-talebani che hanno tenuto sotto tiro per venti
ore i soldati americani fossero solo cinque. Fossero stati cinquecento
avrebbero conquistato Kabul?
"Impossibile preparare ed effettuare una simile operazione senza la collaborazione di qualche simpatizzante all'interno delle forze di sicurezza", ha dichiarato Mohammed Naim Hamidzai Lalai, presidente del Comitato sicurezza del parlamento.
Anche secondo l'agenzia americana privata d'intelligence Stratfor,
"riuscire a fare arrivare in quella zona di Kabul diversi uomini,
esplosivi e armi pesanti implica per forza di cose un qualche sostegno da parte delle forze di sicurezza afgane addette alla sorveglianza".
Visto e considerato che, al di là delle cessione formale delle
responsabilità avvenuta a luglio, la gestione della sicurezza di un area
sensibile come il centro di Kabul è ancora supervisionata dall'intelligence Usa, qualche ruolo in questa clamorosa vicenda potrebbe averla giocata anch'essa.
Questo piccolo 11 settembre afgano avrà il suo peso nelle trattative in corso tra Kabul e Washington sul mantenimento di basi permanenti Usa in Afghanistan dopo il 2014. Un'eventualità che il consigliere di Karzai alla sicurezza, Rangin Dadfar Spanta, ha ufficializzato per la prima volta al parlamento afgano proprio mentre il commando di supertalebani metteva a ferro e fuoco Kabul. Coincidenze.
Fonte.
Nessun commento:
Posta un commento