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15/06/2011

Se una cosa è fatta bene in patria o all'estero vuol dire che l'esercito non ci ha messo le mani.

Risposte concordate: operazione ‘trasparenza’ del ministero sul poligono sardo di Quirra.

La procura di Lanusei (Sardegna) ha aperto un'inchiesta per disastro ambientale per la presenza di cadmio, piombo, uranio e napalm. Il tutto causato dalle esplosioni di ordigni. Un militare indagato. La Difesa, però, ha diffuso un questionario ai militari per indirizzare le loro risposte.

Domande e risposte preparate in anticipo, addirittura le cose da dire off the record. È già tutto scritto e deciso, nero su bianco, come dovranno comportarsi e cosa dire i militari italiani, se interrogati sui poligoni di Quirra e di Campo San Lorenzo, i cui dodicimila ettari sono stati messi sotto sequestro dalla procura di Lanusei per il reato di disastro ambientale. Qui, infatti, sorgenti e pozzi, secondo la magistratura, sono contaminati da nano-particelle prodotte dalle esplosioni di ordigni. Davanti a una tale situazione il ministro della Difesa ha varato una linea basata sulla “trasparenza” il cui obiettivo è assicurare, sempre e comunque, che finora non è stato ancora accertato il nesso di causalità tra le attività del Poligono sardo di Salto di Quirra, l’uranio impoverito (che comunque non viene adoperato) e le malattie sviluppate da militari, abitanti e animali della zona.

Il piano, intitolato “In difesa della salute e dell’ambiente”, è stato distribuito recentemente, in forma riservata, in una riunione presso il gabinetto del ministro della Difesa con i vari responsabili della comunicazione per “definire una nuova linea di condotta sull’attività dei poligoni sardi ed evidenziare l’impegno delle Forze Armate a tutela del diritto alla salute del personale della Difesa, della collettività e dell’ambiente, con particolare riferimento ai poligoni militari”.

Insomma, se per la procura di Lanusei esistono le prove che le esercitazioni hanno causato gravi danni alla salute degli uomini e degli animali, che è stato usato uranio impoverito, che l’acqua potrebbe aver subito contaminazioni di nano-particelle provenienti dalle esplosioni del munizionamento, e provocato anche alcuni tumori registrati tra gli abitanti di Villaputzu e Quirra, per il governo la storia sta in altri termini. E così alla domanda: tra i comuni di Quirra e di Escalaplano è stata denunciata un’elevata incidenza di tumori potete escludere che sia collegata in qualche modo alle attività del Poligono? La risposta sarà: “Non sono un esperto di patogenesi o di oncogenesi, le dico però che le nostre famiglie abitano nei comuni limitrofi al Poligono, che noi viviamo e lavoriamo all’interno della base. Siamo i primi a poter affermare di essere interessati perché venga fatta luce sulle cause dell’insorgenza di queste malattie. La nostra disponibilità a collaborare a qualsiasi informazione e fornire dati è totale”. E ancora: “Sei militari e un generale che prestavano servizio al poligono sono recentemente morti per tumore del sistema linfatico”. Risposta: “Non sono un esperto di patogenesi o di oncogenesi, il resto uguale alla precedente”.

Altro consiglio è quello di ponderare bene l’uso di smentite e precisazioni, perché a volte possono avere l’effetto opposto, e di cimentarsi in iniziative di tutela della salute e dell’ambiente anche con con il ministero della Sanità, Università, Regioni, e associazioni ambientaliste come Legambiente, Lipu. Ma perchè la strategia di comunicazione sia “credibile” servono “appositi “monitoraggi” della situazione delle Forze Armate (salute del personale, ambiente, smaltimento rifiuti), statistiche nazionali e locali sulla incidenza di particolari patologie, con riferimento anche al personale militare che opera o ha operato nei poligoni”. Insomma, nulla è lasciato al caso in questa nuova tattica di ‘trasparenza’.

Insomma, se il ministero elude la questione con domande prestampate, la magistratura prova a vederci chiaro. L’inchiesta del procuratore Domenico Fiordalisi, infatti, ha portato sinora all’iscrizione nel registro degli indagati di tre persone: Tobia Santacroce, generale in pensione, ex comandante dell’Ufficio inquadramento, accusato di disastro ambientale colposo e omicidio volontario doloso, Gilberto Nobile e Gabriella Fasciani, due chimici indagati per falso ideologico in atto pubblico per aver attestato la non anomalia di particelle metalliche presenti nei polmoni e negli organi di ovini da loro analizzati. Dalle testimonianze acquisite è emerso inoltre che almeno un missile con una testata da guerra all’uranio impoverito è stato sparato, che tra i rifiuti interrati ci sono sostanze con cadmio, piombo, antimonio e napalm e che tra gli animali malformati ci sono capi con sei zampe, con gli occhi dietro le orecchie e, appunto, a due teste.

Un altro filone di indagine riguarda le morti sospette. Per questo è stata ordinata la riesumazione di una ventina di salme tra pastori e militari per verificare la presenza di particelle Alfa, emesse dall’uranio impoverito. L’ultimo atto disposto da Fiordalisi è stato appunto il sequestro del Poligono.

Eppure, di fronte a un’inchiesta della procura, il governo sceglie di “ridurre il livello di apprensione nella collettività” adottando “misure di comunicazione a tutela dello sforzo e degli investimenti nella ricerca sempre più spinta di soluzioni sostenibili per le attività istituzionali, e minimizzare o neutralizzare il danno d’immagine per Difesa e Forze armate”. Il che mette qualche ombra sul fatto che la salute della popolazione e un’informazione chiara stiano veramente l’obiettivo dei corpi militari.

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