Il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (CAT) ha espresso un duro atto d’accusa nei confronti di Israele. In un nuovo rapporto pubblicato venerdì, l’organismo ONU denuncia l’esistenza di una politica statale de facto finalizzata all’uso organizzato e diffuso della tortura contro i prigionieri palestinesi. Una pratica che, secondo gli esperti, ha subito una grave escalation dall’inizio delle operazioni militari a Gaza nell’ottobre 2023.
Il documento, frutto del monitoraggio periodico sui paesi firmatari della Convenzione contro la tortura, dipinge un quadro agghiacciante delle condizioni detentive. Le testimonianze raccolte da gruppi per i diritti umani e durante le inchieste riferiscono di “ripetute e gravi percosse, attacchi con cani, elettrocuzione, waterboarding, uso prolungato di posizioni di stress e violenza sessuale”.
I terroristi israeliani impongono umiliazioni ai prigionieri: sono “costretti a comportarsi come animali o urinando loro addosso”, disumanizzandoli nel tipico schema di un’ideologia suprematista come è il sionismo. Vengono loro negate le cure mediche e, in alcuni casi, l’uso eccessivo di mezzi di contenzione ha portato all’amputazione degli arti.
Per l’ONU, poi, ci si trova davanti a una vera e propria “sparizione forzata” quando si parla della controversa normativa sui “combattenti illegali”. Con essa, Israele arresta sistematica civili, spesso minori, donne incinte e anziani, con l’accusa di essere in sostanza terroristi, e li costringe a una lunga detenzione senza accesso ad avvocati o familiari, i quali a volte hanno dovuto aspettare mesi per sapere cosa fosse successo ai loro cari.
Il Comitato ONU rileva l’assenza di una legislazione che proibisca esplicitamente la tortura, sottolineando come i funzionari pubblici possano spesso evitare la responsabilità penale invocando il principio di “necessità” per le pressioni operate durante gli interrogatori. L’ONU ha dunque chiesto a Tel Aviv di istituire un reato in linea con la Convenzione contro la tortura.
Ha inoltre domandato l’istituzione di “una commissione d’inchiesta ad hoc indipendente, imparziale ed efficace per esaminare e indagare su tutte le denunce di tortura e maltrattamenti” e di “perseguire i responsabili, compresi i superiori gerarchici”. Purtroppo, sono decenni che queste richieste cadono nel vuoto, e la comunità occidentale guarda dall’altra parte.
Israele, attraverso il suo ambasciatore Daniel Meron, ha respinto le accuse definendole “disinformazione” e ribadendo l’impegno del Paese a rispettare i principi morali anche di fronte alla minaccia terroristica.
Ma quasi contemporaneamente, l’esecuzione sommaria di due uomini palestinesi a Jenin, diffusa in un video che non lascia spazio a interpretazioni, e l’assassinio di due bambini a Gaza che raccoglievano legna lungo la “Linea Gialla” che divide in due la Striscia, hanno solo confermato che il terrorismo da cui difendersi per raggiungere la pace è quello israeliano.
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