Sembra essere tornata la calma in Benin dopo il tentato colpo di Stato di domenica scorsa, 7 dicembre, che per alcune ore aveva fatto temere un’altra presa del potere da parte di una giunta militare, dopo quelle avvenute con successo nei vicini Mali, Guinea, Burkina Faso e Niger.
Contrariamente a quanto era avvenuto nei precedenti golpe in altri paesi del Sahel, decisivo è stato in questo caso l’intervento della “Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale” (Cedeao in francese, Ecowas in inglese), il blocco regionale sostenuto dalla Francia che si è mosso immediatamente per impedire il successo del putsch, organizzato formalmente per liberare il paese dalla “dittatura” del presidente Patrice Talon.
Da quando è stato eletto nel 2016, il leader sostenuto dalla Francia ha accentuato gradualmente il proprio autoritarismo senza riuscire a garantire la sicurezza delle regioni del nord minacciate dalla violenza dei gruppi jihadisti. Recentemente il governo ha escluso dalle prossime elezioni presidenziali, previste nel 2026, il principale partito di opposizione, e il potere dovrebbe passare da Talon al suo attuale ministro delle finanze Romuald Wadagni.
A guidare la risposta regionale al tentativo di golpe è stata la Nigeria, la cui presidenza ha confermato l’invio in Benin di alcuni caccia per prendere il controllo dello spazio aereo del paese. Gli aerei da guerra nigeriani hanno anche compiuto alcuni bombardamenti, distruggendo alcuni veicoli blindati schierati nelle strade dai golpisti.
Abuja ha inoltre fatto sapere di aver inviato anche truppe di terra a supporto delle forze armate del Benin rimaste fedeli al presidente.
Il rapido intervento militare della Nigeria può essere letto come un segnale inviato a Washington sull’efficienza e sulla capacità delle proprie forze armate di operare a livello regionale, dopo che nelle scorse settimane il presidente americano aveva duramente attaccato il governo del paese, accusato di non fare nulla per impedire “il massacro dei cristiani” da parte dei gruppi jihadisti.
In Benin sono giunti anche altri militari appartenenti alla cosiddetta “forza di riserva” della “Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale” provenienti da Sierra Leone, Costa d’Avorio e Ghana per “sostenere il governo e l’esercito repubblicano del Benin nel preservare l’ordine costituzionale e l’integrità territoriale”.
Già prima dell’arrivo a Cotonou delle truppe dell’ECOWAS, comunque, alcuni reparti dell’esercito fedeli al governo hanno attaccato la base militare di Togbin dove erano riuniti i soldati ribelli. Secondo quanto riportato in un comunicato ufficiale, durante l’incursione è stata uccisa la moglie di Bertin Bada, capo di Stato maggiore di Talon, mentre il generale è riuscito a fuggire. Non si avrebbero notizie neanche del capo dei golpisti, Tigri Pascal leader del “Comitato per la rifondazione militare” che sarebbe riuscito a far perdere le proprie tracce.
L’intervento militare del blocco regionale vicino alla Francia ha ovviamente irritato i Paesi membri della “Confederazione degli Stati del Sahel” (Aes), vale a dire Burkina Faso, Mali e Niger, i quali hanno denunciato la violazione del proprio spazio aereo dopo che un velivolo militare nigeriano è atterrato in Burkina Faso.
In una dichiarazione congiunta trasmessa sui canali televisivi dei tre Paesi, la Confederazione – un’alleanza strategica fondata nel 2023 dalle rispettive giunte militari che hanno espulso le truppe francesi e statunitensi e si sono avvicinate a Mosca – ha fatto sapere che “un aereo di tipo C-130 appartenente all’Aeronautica militare della Repubblica federale della Nigeria è stato costretto ad atterrare a Bobo-Dioulasso, in Burkina Faso, a seguito di una situazione di emergenza”. Un’indagine “ha rivelato che questo aereo militare non era autorizzato a sorvolare il Burkina Faso”, si legge nella dichiarazione, letta dal ministro della Sicurezza e della Protezione civile del Mali, Daoud Aly Mohammedine, che ha “condannato con la massima fermezza questa violazione del suo spazio aereo e della sovranità dei suoi Stati membri” ed ha annunciato la messa in stato di allerta delle difese aeree e antiaeree dello spazio aereo della Confederazione.
Con il passare dei giorni è apparso chiaro che il tentativo di golpe è stato sventato grazie all’intervento diretto da parte della Francia, sponsor principale del presidente Talon e preoccupata per le conseguenze che la sua rimozione dal potere avrebbe potuto avere su ciò che resta della sua influenza nella regione del Sahel.
L’intervento della Cedeao, come ha confermato l’Eliseo, ha ottenuto il sostegno logistico di Parigi, che ha fornito supporto “in termini di sorveglianza, osservazione e logistica” alle forze armate del Benin.
Secondo alcuni media un aereo specializzato in operazioni di intelligence, immatricolato in Francia, ha a lungo sorvolato Cotonou – sede del governo del Benin – per varie ore proprio nel corso del tentato golpe.
Francia e Benin sono legati da accordi di cooperazione militare sin dal 1977. Dopo l’aggravarsi della minaccia jihadista nella regione questa collaborazione si è rafforzata. Con la fine dell’operazione Barkhane in Mali e la perdita delle basi militari in tutti i paesi dell’Alleanza degli stati del Sahel la Francia ha ulteriormente rafforzato i suoi legami con il Benin, anche se formalmente nel paese non può contare sulla presenza di una base militare a disposizione delle proprie truppe.
La presenza militare francese in Benin – che ufficialmente non può contare sulla disponibilità di una vera e propria base – è peraltro finita in passato nel mirino delle giunte golpiste del Sahel, e in particolare di quella del vicino Niger, che nel dicembre 2023 ha accusato le autorità beninesi – d’intesa con Parigi – di addestrare terroristi sul loro territorio, circostanza negata dal governo di Cotonou.
Il Benin è rimasto ormai uno degli ultimi alleati della Francia nel Sahel, e un suo eventuale scivolamento nell’orbita russa significherebbe per Parigi una battuta d’arresto decisiva in una regione in cui l’influenza francese è stata negli ultimi anni fortemente ridimensionata.
Nel continente africano Parigi mantiene una presenta militare fissa in soli cinque paesi: Ciad, Senegal, Costa d’Avorio, Gabon e Gibuti.
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