L’impressione di essere guidati – come Unione Europea e governanti nazionali – da un branco di incompetenti per quanto riguarda le questioni strategiche era già fortissima. Appena temperata dalla insana fiducia instillata nelle opinioni pubbliche circa la loro capacità di controllare le questioni economiche e finanziarie, ben rappresentate dai vincoli inseriti nei trattati che definiscono il “pilota automatico” dell’austerità sui conti pubblici.
Ora anche questa deve crollare davanti all’evidenza.
Sentiamo tutti i giorni che i vertici europei stanno da tempo pensando di sequestrare i fondi russi depositati in banche europee, per una cifra sempre un po’ ballerina ma stabilmente sopra i 140 miliardi per quanto riguarda il solo Belgio, e forse 210 in totale, o di più. Soldi che verrebbero utilizzati per sostenere la guerra dell’Ucraina contro la Russia e, se poi ne avanzano, anche per la ricostruzione dei territori che resteranno a Kiev.
Dal punto di vista commerciale e legale, si tratta di un vero e proprio furto che – fra l’altro – mette in discussione la “difesa della proprietà privata” nell’area del pianeta che più ha fatto di quest’ultima l’unica “libertà” che conti. Per non parlare del rischio che altri paesi, resi edotti dal comportamento piratesco dei poteri europei, portino via i loro soldi verso porti più sicuri (in Europa sono depositati soldi e beni di circa 90 paesi).
Ma, si potrebbe dire, cosa volete che sia un furto davanti ad una guerra e ai suoi orrori...
Sia pure, ma almeno bisogna saper fare i ladri, no?
E invece quegli svalvolati al vertice della UE – von der Leyen, Kallas, Dombrovskis, ecc. – ogni giorni se ne inventano una nuova per arrivare al punto, man mano che scoprono i problemi che rendono un azzardo quell’idea.
Dopo aver deciso di prendersi quei fondi e farne quel che avevano in mente, si sono accorti che Euroclear Bank, il braccio finanziario dell’istituzione belga, è alquanto restia a farsi togliere i 140 miliardi russi che amministra con profitto (mica crederete che quei soldi stiano fermi in una cassaforte invece di essere investiti da qualche parte, no?).
Si sta andando verso una trattativa di pace – è l’argomento – anche se alla UE non piace il come questo possa avvenire. E nella trattativa c’è naturalmente anche la questione delle sanzioni alla Russia, che potrebbero subito dopo essere cancellate. A quel punto il “legale proprietario” potrebbe richiederli indietro e non ci sarebbe alcuna possibilità di negarglieli. Pena il chiudere i mercati finanziari europei ai “foresti”...
Se la UE se li prende per pagare il conto in Ucraina, quando bisognerà restituirli saranno però i belgi a doverglieli dare. E per l’economia di quel piccolo paese 140 miliardi sono una cifra che può metterlo in ginocchio. Quindi chiede una “garanzia europea” che copra il rischio di una causa internazionale persa in partenza.
Ok, dicono i grandi pensatori al vertice della UE. Chiediamo alla Banca Centrale Europea (la Bce, presieduta da quell’anima buona sempre disponibile di Christine Lagarde) di fare da “prestatore di ultima istanza”, tanto è lì che si stampano gli euro...
Ma l’istituto di Francoforte spiega subito sottovoce che “la proposta della Commissione europea viola il suo mandato”. Non che non vorrebbe, insomma. È che proprio non può, non è previsto dalla legge (dal trattato europeo fondativo) – sarebbe un finanziamento diretto degli Stati, cosa vietatissima secondo i criteri dell’“austerità” ordoliberista.
È qui che i superbi geniacci dell’Unione Europea – quelli che manco conoscono i trattati che dovrebbero applicare – cominciano a somigliare a pugili suonati, quelli che dopo un ko si rialzano e vogliono riprendere il combattimento, ma inciampano nella nebbia.
E va beh, dicono subito, allora la garanzia la metteranno tutti e 27 i paesi membri. Cosa volete che siano 140 miliardi divisi tra loro? Al massimo ci dice “no” solo Orbàn, che ne dovrebbe mettere al massimo uno o due...
Ma prima sarebbe bene che ascoltassero le perplessità degli altri ventisei. Sebbene i governi europei siano aperti a garantire una cifra predeterminata, infatti – secondo la confessione fatta qualche giorno fa a POLITICO sotto anonimato – sono però riluttanti a sottoscrivere quella che descrivono come una “carta bianca”. Qualche miliardo va bene, ma 140 proprio no. Perché, semplicemente, metterebbe la sostenibilità finanziaria del loro paese alla mercé di una sentenza giudiziaria, esponendoli potenzialmente a rimborsi per miliardi di euro anche per anni dopo la fine della guerra in Ucraina.
“Se le garanzie sono infinite e senza limiti, allora in cosa ci stiamo cacciando?”, ha sintetizzato un ministro finanziario rimasto anonimo.
“Per molti Stati membri, è politicamente difficile dare questa carta bianca”, ha detto un altro. Vagli a spiegare, poi, alla popolazione che devono stringere la cinghia perché bisogna ridare i soldi ai russi che hanno vinto la guerra e, come tutti i vincitori, non scuciono un centesimo...
Per assicurarsi il consenso politico, la Commissione ha mostrato ad alcuni ambasciatori UE alcune sezioni della sua proposta giuridica, ma l’importo specifico delle garanzie è stato lasciato in bianco. Ti piace la macchina? Meglio che non ti dica quanto ti può costare...
L’alternativa sarebbe allora emettere altro debito UE per coprire il deficit di bilancio dell’Ucraina. Ma l’idea è impopolare tra la maggior parte dei governi UE, perché anche questa ovviamente implica l’uso di denaro dei contribuenti. Che è già risucchiato nel riarmo e nel servizio del debito...
Un ulteriore ostacolo è l’opposizione di qualche paese – non solo l’Ungheria di Orbàn... – perché certe decisioni vanno prese all’unanimità. I furbissimi membri della Commissione – tra un arresto per corruzione e l’altro – hanno scovato un codicillo dei trattati che permetterebbe, su alcune tematiche economiche, di procedere a “maggioranza qualificata”, aggirando i veti.
L’art. 122 dei trattati consentirebbe, secondo alcuni, «di vietare, su base temporanea, qualsiasi trasferimento diretto o indiretto alla Banca centrale di Russia o a suo beneficio» senza richiedere l’unanimità. In pratica è come piazzare una bomba a scoppio ritardato nel processo di costruzione della UE (se posso essere obbligato a fare quello che non voglio, tanto vale che me ne vado alla prima occasione). Ma oltretutto resterebbe comunque il problema del Belgio, sede fisico-legale della maggior parte dei fondi russi.
Un guazzabuglio che von der Leyen & co. vorrebbero comunque mettere in piedi d’autorità, pretendendo “poteri d’emergenza” (in Italia possiamo dare lezioni, in materia...). Ma è più facile far credere che siamo sorvolati tutti i giorni da sciami di “droni russi” piuttosto che realizzare un furto lasciando in brache di tela uno dei tuoi soci...
Nel frattempo la stampa “europeista” e guerrafondaia ha già cominciato a classificare il piccolo paese come “il più valido asset russo”. Con tanto di cancelliere tedesco, Merz, che va direttamente dal premier fiammingo per fornirgli qualche garanzia verbale in più. Ma quello: “niet”, vuole garanzie vere, nero su bianco ed esigibili in caso – ormai inevitabile, dice esplicitamente – che Mosca vinca la guerra e rivoglia tutti i suoi soldi indietro.
Ma se nessuno garantisce niente (al massimo qualche spicciolo) come si fa a portare a termine una rapina con mezzi legali? Il rischio, in una comunità di Stati, deve essere condiviso; non si può scaricare tutto addosso ad uno soltanto (come fatto con l’Ucraina: “vai avanti te, che poi ti copriamo...”). Perché quello, se non è uno stupido o un suprematista esaltato, non ci sta.
Il problema, insomma, non è la resistenza del Belgio, ma l’imbuto in cui si sono cacciati questi super-governanti scelti col manuale Cencelli tra i più obbedienti al “pensiero unico”. E che perciò ogni volta che sono chiamati ad elaborare un pensiero vero, adeguato a risolvere i problemi posti dalla situazione reale, dimostrano una capacità da asilo d’infanzia.
Non perché siano “scemi”, ovviamente. Sono semplicemente le persone sbagliate nei posti sbagliati in un momento molto complicato. Messe lì per difendere banali “interessi di classe” del capitalismo finanziario e multinazionale, al ritmo di un “pilota automatico” fissato in trattati, si ritrovano a ballare musiche che non hanno mai sentito né studiato...
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