Viene da chiedersi quale sia il peccato originale italiano, perché il paese sia condannato a sprofondare in una politica paludosa incapace di indicare una via di salvezza, un cammino che rassicuri quanti si sentono oppressi, indignati e impotenti. La domanda diventa più ossessiva quando, inevitabilmente, si tenta un raffronto con quanto accade altrove.
Mentre il presidente del Pd, Rosy Bindi, flirta con l'ex banchiere Alessandro Profumo che ha offerto di mettere la sua esperienza al servizio della politica attiva (forse era al corrente di un'imminente indagine nei suoi confronti, che di questi tempi è come una wild card per entrare nell'agone politico), il capo dei socialdemocratici tedeschi, il principale partito di opposizione, apre il dibattito sul predominio delle banche nella vita pubblica e la necessità di riformare un sistema finanziario che ha portato i mercati sull'orlo della rovina.
Tutt'altri argomenti rispetto alle ritirate sull'Aventino, abbandonando il campo di battaglia. Per Sigmar Gabriel, il leader del Spd, è il momento di affrontare la grande questione sociale che si è imposta negli ultimi anni.
Nell'intervista concessa allo Spiegel, Gabriel mette in guardia la politica, che ha perso la fiducia dei cittadini poiché si è dimostrata incapace di arginare la supremazia del sistema bancario e dei mercati finanziari. In altre parole, ecco la questione: il governo è attribuito al popolo o ai mercati finanziari? Le teorie neoliberiste si sono rivelate un disastro ovunque sia praticato alla stregua di una religione. Si è sostenuto che se non si fossero seguite le (non) regole dei mercati finanziari le economie interne sarebbero rimaste staccate dal carrozzone che invece le aveva adottate con ortodossia.
L'obiettivo è riconquistare il modello di sviluppo dell'economia sociale di mercato, restituendo alla giustizia sociale la stessa dignità di cui gode la libertà di mercato. Una riconduzione all'equilibrio tra capitale e benessere collettivo. Per questo motivo, Gabriel ritiene che "è importante che il maggior numero di persone si unisca alle iniziative pacifiche contro il dominio dei mercati finanziari".
Il leader dei socialdemocratici non si ferma alla teoria - che sarebbe già qualcosa di buono rispetto allo sterile refrain della politica nostrana - ma propone soluzioni concrete: la prima mossa sarebbe quella di separare nettamente le banche commerciali, che devono sostenere le imprese, l'economia reale, dalle attività di investimento devote alla speculazione selvaggia. Il motivo è molto semplice: se la banca che compie entrambi le attività - senza una parete divisoria - rischia la bancarotta a causa di "scommesse" sbagliate, le imprese che chiedono accesso al credito per produrre e mantenere in piedi migliaia di posti di lavoro si vedrebbero stringere i cordoni della borsa. Facile, giocare come al casinò con i soldi altrui quando una banca è troppo grande per fallire. Troppo facile, quando lo Stato soccorre con iniezioni di liquidi gli incalliti giocatori (leggasi banchieri), salvo far ricadere tutto sulle spalle della società. Il principio sacrosanto per cui Responsabilità e Rischio debbano procedere di pari passo, è stato stralciato di netto dalle pratiche finanziarie. Sigmar Gabriel, in Germania, può permettersi di sfidare anche un colosso come le Deutsche Bank che ricava il 70 per cento dei profitti dal ramo investimenti. La domanda che poniamo al nostro principale partito di opposizione - inutile chiederlo alla maggioranza che (non) governa il paese - è se anche loro sono in grado di fare lo stesso con Unicredit e Intesa San Paolo. O, forse, un peccato tanto originale, quanto "misterioso", glielo impedisce?
Fonte.
Ti puoi capire, si parla di una catto-comunista come la Bindi... per fortuna che non sì è tirato in ballo il baffo in barca a vela...
Mentre il presidente del Pd, Rosy Bindi, flirta con l'ex banchiere Alessandro Profumo che ha offerto di mettere la sua esperienza al servizio della politica attiva (forse era al corrente di un'imminente indagine nei suoi confronti, che di questi tempi è come una wild card per entrare nell'agone politico), il capo dei socialdemocratici tedeschi, il principale partito di opposizione, apre il dibattito sul predominio delle banche nella vita pubblica e la necessità di riformare un sistema finanziario che ha portato i mercati sull'orlo della rovina.
Tutt'altri argomenti rispetto alle ritirate sull'Aventino, abbandonando il campo di battaglia. Per Sigmar Gabriel, il leader del Spd, è il momento di affrontare la grande questione sociale che si è imposta negli ultimi anni.
Nell'intervista concessa allo Spiegel, Gabriel mette in guardia la politica, che ha perso la fiducia dei cittadini poiché si è dimostrata incapace di arginare la supremazia del sistema bancario e dei mercati finanziari. In altre parole, ecco la questione: il governo è attribuito al popolo o ai mercati finanziari? Le teorie neoliberiste si sono rivelate un disastro ovunque sia praticato alla stregua di una religione. Si è sostenuto che se non si fossero seguite le (non) regole dei mercati finanziari le economie interne sarebbero rimaste staccate dal carrozzone che invece le aveva adottate con ortodossia.
L'obiettivo è riconquistare il modello di sviluppo dell'economia sociale di mercato, restituendo alla giustizia sociale la stessa dignità di cui gode la libertà di mercato. Una riconduzione all'equilibrio tra capitale e benessere collettivo. Per questo motivo, Gabriel ritiene che "è importante che il maggior numero di persone si unisca alle iniziative pacifiche contro il dominio dei mercati finanziari".
Il leader dei socialdemocratici non si ferma alla teoria - che sarebbe già qualcosa di buono rispetto allo sterile refrain della politica nostrana - ma propone soluzioni concrete: la prima mossa sarebbe quella di separare nettamente le banche commerciali, che devono sostenere le imprese, l'economia reale, dalle attività di investimento devote alla speculazione selvaggia. Il motivo è molto semplice: se la banca che compie entrambi le attività - senza una parete divisoria - rischia la bancarotta a causa di "scommesse" sbagliate, le imprese che chiedono accesso al credito per produrre e mantenere in piedi migliaia di posti di lavoro si vedrebbero stringere i cordoni della borsa. Facile, giocare come al casinò con i soldi altrui quando una banca è troppo grande per fallire. Troppo facile, quando lo Stato soccorre con iniezioni di liquidi gli incalliti giocatori (leggasi banchieri), salvo far ricadere tutto sulle spalle della società. Il principio sacrosanto per cui Responsabilità e Rischio debbano procedere di pari passo, è stato stralciato di netto dalle pratiche finanziarie. Sigmar Gabriel, in Germania, può permettersi di sfidare anche un colosso come le Deutsche Bank che ricava il 70 per cento dei profitti dal ramo investimenti. La domanda che poniamo al nostro principale partito di opposizione - inutile chiederlo alla maggioranza che (non) governa il paese - è se anche loro sono in grado di fare lo stesso con Unicredit e Intesa San Paolo. O, forse, un peccato tanto originale, quanto "misterioso", glielo impedisce?
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Ti puoi capire, si parla di una catto-comunista come la Bindi... per fortuna che non sì è tirato in ballo il baffo in barca a vela...
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