Reykjavik. Il primo ministro Johanna Sigurdardóttir è
rinchiusa all'interno dell'Althingi, il parlamento islandese, per
spiegare al governo e ai deputati perchè non è possibile rimandare o
peggio ancora cancellare il pagamento dei debiti nei confronti di Gran
Bretagna e Olanda. Fuori dal parlamento il popolo islandese non ci sta.
Persone di tutte le età e di ogni estrazione sociale si sono radunate,
prima a decine, poi a centinaia, per mostrare il prorpio dissenso
battendo su pentole, bidoni e pali della Luce. Trombe, fischietti e
megafoni portano il frastuono all'inverosimile. Di tanto in tanto dalle
finestre del Palazzo fa capolino qualche testa Che guarda preoccupata. I
manifestanti non mollano, continuano per ore fino a buio inoltrato.
Saltano all'unisono, la terra trema. "Abbiamo già mandato a Casa un
governo e un parlamento. Faremo lo stesso con loro", dice uno dei tanti
giovani presenti. Kristin, Che di anni ne ha 72, è agguerrita: "Stiamo
perdendo tutto, I nostri risparmi, le nostre case. Noi non ci stiamo a
pagare I debiti di pochi farabutti banchieri Che sono fuggiti all'estero
e viaggiano Sui loro jet privati a nostre spese. Non lo permetteremo!"
Dopo
il default del 2008 a causa del crollo del sistema bancario, per due
volte il popolo islandese ha votato dei referendum per opporsi al
pagamento di debiti mostruosi generati dalla gestione criminale delle
tre principali banche del Paese.
Fonte.
Gente così tenace e partecipativa meriterebbe la copertina del Time, ma penso che il periodico americano, anche quest'anno riserverà al proprio pubblico un vincitore molto più scontato.
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