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22/08/2012

Hot Summer. Moody's e Fitch scrivono il programma-massacro del centrosinistra. Repubblica e Unità delirano

Poche settimane fa il declassamento del debito italiano da parte delle agenzie di rating, alla stessa valutazione data al Kazakistan (titolo a rischio speculazione), suscitò il coro di riprovazione del mondo istituzionale.
Da parte del centrosinistra si arrivò a dire che le agenzie di rating andavano ignorate perché parziali e inaffidabili. Era vera solo la parte del discorso legata all'inaffidabilità, perchè i punteggi assegnati dalle agenzie di rating vengono aggiornati in automatico nei sofware che operano in transazioni ad alta frequenza. Un fenomeno da nulla che copre il 35 per cento delle operazioni in Europa, il 50 per cento in Italia e il 73 per cento a Wall Street. Pochi giorni dopo il ribasso del rating  infatti, quando c'era ancora qualche teorico di "Standard & Poor's è stata ignorata dai mercati", lo spread ha toccato di nuovo 500. Di lì le dichiarazioni di Mario Draghi sull'intervento possibile della Bce e poi la calma di questi giorni.
In breve, le agenzie di rating sono inaffidabili (è ormai leggenda il loro ruolo di depistaggio, non riuscito, nella crisi del 2008) ma le loro parole e i loro numeri sortiscono effetti concreti. I report sull'Italia diffusi da Moody's e Fitch in questi giorni non toccano i livelli di rating ma entrano direttamente in politica. Con una strada già preparata dall'attuale presidente del consiglio, e beneficiario dei loro giudizi, che da settimane ripartisce gli attori della politica nazionale in coloro che "fanno salire lo spread" e "coloro che lo fanno scendere". Ma cosa dicono Moody's e Fitch?
Per gli analisti delle due società di certificazione, l’attuale situazione di squilibrio dei paesi periferici dell'Eurozona (Italia compresa) è simile alla crisi che colpì Finlandia e Svezia tra il 1990 e il 1993. Allora alla Svezia servirono tre anni per uscire dalla recessione e tornare ai cosiddetti livelli pre-crisi mentre alla Finlandia ne servirono ben sei. Il paragone (che pare molto forzato) tra il caso dei paesi nordici e la situazione attuale dei paesi periferici dell’Europa spinge Moody’s ad affermare che “su base comparativa le contrazioni registrate nei due Paesi iberici e in Italia sono relativamente modeste (almeno fino ad ora), simili a quelle della Svezia mentre i casi di Irlanda e Grecia sono più simili a quello della Finlandia”.
In poche parole, per l'Italia si prevedono tre anni di recessione a partire dalla crisi del 2011 e poi una ripresa del Pil (poi, che la ripresa oggi non generi occupazione è altro tema, sicuramente non d'interesse per Fitch). Se si vuole, al netto degli applausi della stampa italiana di oggi, una previsione peggiorativa rispetto a quella della Banca d'Italia che di anni di recessione ne aveva stimati due.
Ma cosa deve fare l'Italia per tornare ai livelli pre-crisi (del 2011 perché per tornare al livello 2007 la strada è molto più in salita)? Moody's di fatto scrive le stesse parole ripetute da Monti dall'inizio del suo mandato “gran parte della responsabilità cadrà sui governi nazionali piuttosto che sui programmi esterni di aiuto“. Tradotto in italiano: forti ulteriori privatizzazioni, tagli per evitare un eventuale commissariamento della Bce. Moody's e Fitch si muovono secondo automatismi concettuali ultra reaganiani: privatizzare è sinonimo di crescere quindi di futura fiducia dei mercati. Giusto sulla stampa italiana, dopo essersi agitati per i giudizi negativi di luglio, si è accettato questo modo di concepire l'economia come se fosse una cosa reale.
Viene da se che Repubblica e Unità hanno rimosso, nei loro bollettini di esultanza, Moody's quando afferma “C’è un considerevole livello di rischio associato con l’implementazione di queste riforme". Il rischio sarebbe quello di privatizzazioni così forti e radicali da essere respinte dal paese. Perlomeno generando reazioni tali da metterle in discussione. Moody's, e soprattutto Fitch, chiedono quindi Monti come garante per il dopo elezioni su un programma, come è facile intuire, che è un annunciato massacro sociale.
Il bello è che testate intrise nell'Lsd, come Repubblica e l'Unità, da queste parole ne deducono "Italia salva nel 2013". Qui si sta parlando del ritorno a un Pil del 2011, quindi bassino, generato da una forte ondata di privatizzazioni (così forte, socialmente invasiva, da necessitare un garante robusto) e da tagli alla spesa pubblica di decine di miliardi di euro l'anno. Ma l'ignoranza, interessata, di Repubblica e Unità non finisce qui. Qualsiasi cosa significhi la parola "salva" l'Italia non può essere separata dal destino dell'intera eurozona. In un panorama finanziario dove, a partire da quest'estate, si declassano le banche tedesche (che possiedono titoli tossici...) tutta questa salvezza è ipotetica. Per assurdo se i conti italiani fossero "in ordine", il declino economico e finanziario del paese potrebbe tranquillamente continuare a causa degli squilibri continentali. Ma con il procedere dell'autunno si capiranno molte cose.
Una la si è compresa già ora, però. Il centrosinistra può benissimo fare le sue primarie carnevale come e quando vuole. Il programma per il 2013 l'hanno già scritto Fitch e Moody's. Le quali hanno già indicato un nome o per la futura presidenza del consiglio o per quella della repubblica. Il nome che le agenzie di rating vedono come garante di un programma di pesanti privatizzazioni e di ulteriore compressione di salari e diritti (basta leggersi i rapporti per credere). Intanto Repubblica e Unità possono continuare a delirare di "Italia salva nel 2013", inquinando l'infosfera italiana. Finché dura è così.

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