Sulla vicenda dell'Ilva, come sempre
accade quando ci sono enormi interessi in gioco, si è alzata una enorme
cortina fatta di disinformazione. Cortina che va aggiungersi alle
polveri sottili e ad altre decine di agenti inquinanti che, lo
ricordiamo per non perdere mai di vista la posta in gioco, uccidono
centinaia e centinaia di persone l'anno (per l'esattezza 1650) sul
territorio tarantino. Statistiche e perizie depositate alla mano, nei
soli due quartieri di Taranto più vicini all'Ilva ogni anno c'è un
numero di morti, provocati dagli agenti inquinanti dell'Ilva, pari alla
strage di Bologna più quella di Piazza della Loggia.
Ma facciamo una scheda su fatti e posizioni che riguardano il conflitto in corso sull'Ilva.
LA MAGISTRATURA DI TARANTO ha disposto il seguestro degli impianti
della fabbrica del capoluogo pugliese. Dopo una perizia, durata tre
mesi, che ha dimostrato come l'Ilva sia tra le cause, negli ultimi
sette anni, oltre 11.000 decessi. Si tratta del disastro ambientale più
grave della storia italiana e, da quel che si conosce, anche
dell'Europa degli ultimi 30 anni. In un primo momento, dopo aver
sequestrato l'impianto, la magistratura aveva affidato la custodia
dell'area a caldo dell'Ilva all'amministratore dell'azienda Ferrante.
Dopo che l'Ilva ha fatto ricorso contro il provvedimento l'affidamento a
Ferrante è stato tolto "per palese conflitto di interessi" (non puoi
avere la custodia di un impianto affidata dalla magistratura e
ricorrerci contro). Le richieste della magistratura tarantina sono
chiare: la produzione può riprendere solo dopo un piano di risanamento
attendibile, con tempi e modi definiti di intervento e certificato
nelle sue fasi. Un modo di procedere simile a quello dell'Epa
(Environmental Protection Agency americana) che, quando interviene,
chiede tempi e modi certi di rientro dalla fase inquinante e a quello
degli uffici federali tedeschi che si occupano di protezione
dell'ambiente.
I TIMORI di diversi cittadini e operai
tarantini, dalle fonti a nostra disposizione, si riassumono in due
punti. Il primo che l'Ilva, in un quadro giuridico e politico
indeterminato, prenda tempo e produca quanto possibile (inquinando e
uccidendo ancora) senza investire in protezione ambientale e tanto meno
su un progetto di lunga durata che preveda la bonifica dell'area. In
assenza di fondi pubblici e privati, sostengono a Taranto, istituzioni e
azienda starebbero perdendo tempo per far tornare tutto più o meno
come prima (a parte interventi di facciata). Il secondo riguarda invece
la reale durata della presenza Ilva a Taranto. Se l'azienda dovesse
intervenire davvero in misure di protezione e sicurezza, i profitti
verrebbero praticamente meno. L'ipotesi che formulano diversi cittadini
della città pugliese, che osservano il comportamento dell'azienda da
anni, è che l'Ilva sarebbe intenzionata a produrre 3-4 anni ancora per
poi chiudere. Una logica a breve incompatibile con il risanamento di
una territorio colpito dalla catastrofe ambientale italiana più grave
dal dopoguerra.
LE POSIZIONI di Sel coincidono con quelle del
presidente della regione Puglia. Che ha giudicato l'atto di revoca
della custodia dell'impianto non come un fatto che mette l'Ilva con le
spalle al muro, costringendola a risanare, ma come qualcosa che
"impedisce lo svolgersi della trattativa tra istituzioni e azienda".
Vendola, che nell'aprile scorso, aveva parlato di una situazione
"buona" nei rilievi sullo stato di salute della popolazione pugliese
continua da giorni a parlare di "ambiente" da conciliare con il
"lavoro" ma, al momento, non ha ancora parlato delle vittime (che sono
migliaia) e nè di quali piani abbia la regione per ridurle a zero. Ci
risulta piuttosto che già un anno fa, addirittura su pressione della
Uil, i sindacati confederali pugliesi (poi riallineatisi su posizioni
più aziendali) avevano chiesto un tavolo di emergenza sulla questione
Ilva.
Azienda che, in caso di conferma degli effetti del
provvedimento della procura di Taranto, ha minacciato di chiudere anche
le altre acciaierie italiane. Minaccia che non solo non è stata
contrastata dalla Fiom separando le questioni dell'Ilva da quelle degli
altri stabilimenti e ponendo il "risanamento prima di tutto" come
condizione per la riapertura di Taranto . Anzi, nelle dichiarazioni di
domenica la Fiom ha semplicemente detto "rischiamo la chiusura di tutte
le acciaierie del gruppo Riva". Messa così è la legittimazione
dell'atteggiamento dell'Ilva. Sel e Fiom sono così spostate sulle
posizioni Ilva: impianto in mano a Ferrante, anche se è parte in causa e
non soggetto terzo, la produzione riparte comunque, il risanamento si
vedrà con il tempo. Senza fissare, almeno fino al momento, tempi, modi,
investimenti e in assenza di un reale piano aziendale. Anche dalla
Fiom un piano per portare in tempi certi i morti a zero (già, perchè
qui tutti parlano genericamente di "ambiente" ma le vittime sono
migliaia) non si è visto.
I PARTITI AL GOVERNO si sono espressi
allo stesso modo. Sia Pd che Pdl e Udc chiedono a) sostanzialmente che
il governo tolga la vicenda Ilva dalle mani della magistratura,
riaprendo l'impianto prima di una non ben chiara fase di "risanamento".
b) che la vicenda non pesi nei rapporti con gli investitori
internazionali. Questo punto è forse più grave del precedente (che è
mettere il governo al di sopra della legislazione ambientale togliendo
alla magistratura potere di controllo). Significa voler dare un
messaggio agli investitori esteri che, se vengono, possono fare come
Riva.
Il ministro Clini, a suo tempo contrario persino al protocollo
di Kyoto (e che si è detto, da ministro, favorevole a nucleare, Ogm e
inceneritori), si è mosso per garantire questa linea. Va rilevato come
le intercettazioni telefoniche dei dirigenti dell'Ilva, fatte durante
l'inchiesta che ha portato al sequestro dell'impianto, abbiano riportato
la seguente affermazione fatta da uno quadri di punta dell'azienda:
"Clini è nostro". Al momento nessuna delle forze di centrosinistra in
campo (Sel, Fiom, Pd) si è posta pubblicamente il problema su quale
possa essere il ruolo di un ministro simile in una vicenda così delicata
con l'Ilva al centro del problema.
Le cronache purtroppo si arricchiranno nei prossimi giorni e ci sarà quindi da informare e da
commentare ulteriormente. Due brevi considerazioni in chiusura. La
prima è che dopo l'avvicinamento Pd-Sel-Udc siamo di fronte ad una
anticipazione sul campo di come potrebbe comportarsi un nuovo governo
composto da questi soggetti politici. La seconda che, visto che Taranto
è la prima provincia più inquinata d'Italia, la provincia medaglia
d'argento dell'inquinamento nazionale è proprio Livorno. Taranto è
l'esempio di cosa accadrebbe a Livorno in caso di disastro conclamato,
con migliaia di vittime certificate e il rischio di nuove stragi, se il
centrosinistra continuasse a manovrare indisturbato.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento