Contrariamente a quanto si possa pensare la Colombia è un Paese molto
simile all'Italia. Ci sono mari e montagne, si insacca il maiale che è
una meraviglia, le donne sono splendide e parte delle istituzioni
scendono a patti con il crimine organizzato.
Intendiamoci, le “trattative” restano prodotti made in Italy, ci teniamo al marchio di origine, ma con la globalizzazione oramai si trovano dappertutto.
Nel 2001 senatori, sindaci, governatori della Colombia firmarono il Patto di Ralito con il quale si cercò di dare vita a un progetto di rifondazione del Paese, una sorta di versione caraibica del Piano di Rinascita Democratica di Gelli.
Oltre ai politici lo firmarono alcuni tra i capi del narco-paramilitarismo più potenti di allora. Lo firmò Diego Fernando Murillo, alias Don Berna, per anni padrone di Medellin e lo firmò Salvatore Mancuso un narcos amico della mafia calabrese.
Don Berna e Mancuso erano leader dell'AUC
(Autodifese Unite della Colombia), un'organizzazione paramilitare che
per anni terrorizzò la popolazione colombiana. Il fondatore dell'AUC, Carlos Castaño,
è stato forse il criminale più influente in Colombia. L'AUC fu
responsabile, in accordo con servizi segreti deviati, parte della
polizia e dell'esercito, dell'annichilamento dell'Unione Patriottica, il
partito di sinistra colombiano. Tra il 1985 e il 2002 migliaia di
simpatizzanti dell'UP vennero ammazzati, squartati vivi, gettati a pezzi
nel Rio Magdalena. L'AUC che si finanziava con i dollari della droga ma
anche con donazioni di imprese private, nazionali e multinazionali, agì
nella totale impunità. Anche questo fu frutto di un accordo: «Voi ci eliminate l'opposizione e noi vi lasciamo liberi di trafficare coca e armi». In Colombia c'è chi giura che fu Carlos Castaño a guidare il commando che uccise Pablo Escobar,
il leggendario trafficante di droga. E' soltanto un'ipotesi ma quel che
è certo è che nei primi anni 90', mentre in Italia le richieste dei
corleonesi arrivavano a Roma, lo Stato Colombiano scendeva a patti con i
cartelli rivali di Escobar e con Castaño per poter catturare il “Patron”
del male! I fratelli Rodríguez, narcotrafficanti a capo del Cartello di
Cali, contribuirono con importanti informazioni, Castaño ci mise uomini
fidati, la CIA dollari e ingerenze, dall'Israele arrivò
un'apparecchiatura per localizzare Escobar e lo Stato colombiano,
ovviamente, diede loro qualcosa in cambio. Nel 93' Escobar si tradì
restando per troppo tempo al telefono con il figlio e venne ucciso
mentre cercava di scappare saltando sui tetti di Medellin.
Tuttavia il traffico di droga non risentì affatto della morte del “Patron”.
Ma non sono le sole trattative a renderci simili ai colombiani. Anche in
Colombia si ha paura di denunciare, anche in Colombia la magistratura libera
subisce pressioni, anche in Colombia i giornalisti che inseguono la
verità vengono minacciati. Anche in Colombia, gran parte della
popolazione sembra anestetizzata, è così abituata alla prepotenza
dell'illegalità da non pensare che esistano mondi differenti. Per
distruggere la mentalità alternativa in Colombia si è investito in
stragi, omicidi e sparizioni, da noi la scelta, per lo meno negli ultimi
vent'anni, è ricaduta soprattutto sulle televisioni commerciali. Anche
per questo e' bene smetterla di dargli soldi!
Escobar è morto, i capi paramilitari sono stati estradati negli USA ma
l'idea che con la violenza, gli illeciti e la furbizia si possa
controllare il potere circola ancora indisturbata nel Paese. Un canale
nazionale sta trasmettendo in questi giorni una fiction sulla vita di
Escobar. In milioni restano incollati davanti alla TV. In un parco di Bogotá ho ascoltato un bimbo chiedere alla mamma: «Non ho capito, ma allora Escobar era buono o cattivo?».
Escobar era un criminale, un criminale particolare, se vogliamo anche
romantico, ma pur sempre un criminale. Non è più tempo di giustificare
trattative, stragi e silenzi con la scusa della Ragion di Stato. Né in
Italia e né in Colombia.
Un'ultima cosa ci rende simili ai colombiani: il coraggio. Nonostante i
poteri forti siano forti per davvero c'è tanta gente che in Sicilia,
come in Antioquia,
lotta quotidianamente contro l'arroganza del crimine, contro la legge
della savana, contro i sicari del potere e quelli della povertà. Ho
intervistato giornalisti coraggiosi, giovani procuratori, studenti
stanchi del fatalismo contornante. E' proprio vero, come diceva De André, che “dai diamanti non nasce niente e dal letame nascono i fiori”.
Alessandro Di Battista
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