Tra il dire e il fare, si sa, c’è di mezzo quell’enorme distesa
d’acqua chiamata mare. Ecco, nel mare delle mille cose da fare, il governo dei tecnici
si deve essere dimenticato alcune cosette che però aveva pensato bene
di annunciare alla pubblica opinione. Quello che potete leggere qui
sotto è solo un piccolo registro, compilato cogliendo fior da fiore tra i
migliori titoloni della grande stampa montiana. Certo, si poteva
continuare, approfondire, specificare. Si poteva chiedere lumi sugli
effetti delle liberalizzazioni che dovevano valere almeno uno 0,2% di crescita l’anno. O ancora l’equità
come stella polare del governo mentre si rinuncia a qualunque
intervento progressivo in materia di tassazione, persino a chiedere un
contributo un po’ più sostanzioso a quelli che hanno usufruito
dell’ultimo scudo fiscale di Giulio Tremonti. Non è
però il desiderio di completezza che muove questa pagina, ma quello di
fissare per iscritto una sorta di memento, anche e soprattutto per noi:
pure coi tecnici in sella, o in groppa, le magnifiche sorti e
progressive bisogna sempre sudarsele.
IL FONDO TAGLIA IMPOSTE
- Entra. No, non entra. Sì che entra. No, niente da fare. Del vorticare
di bozze marzoline della legge delega con cui il governo dei bocconiani
intende rivoluzionare il fisco italiano (bisogna vedere ancora i
decreti attuativi), il fondo per abbassare le tasse coi
proventi della lotta all’evasione è stato la star incontrastata: un po’
perché ce n’è bisogno, un po’ perché si dice che sia praticamente
l’unico modo per creare crescita, un po’ perché è uno di quegli
argomenti che tira. E allora è partito l’annuncio: ecco il superfondo.
In realtà, poi, non se n’è fatto niente e ad aprile è arrivato il
contrordine: “Salta il fondo taglia-tasse”. I partiti ci hanno riprovato
qualche settimana dopo e sono pure ripartiti i titoli sui giornali.
“Tagliare le tasse in astratto è possibile”, si lasciava andare lo
stesso Monti in maggio. Poi, un mese dopo, il premier passava
dall’astratto al reale: “E’ impossibile tagliare le tasse a breve”.
Adesso, nella famigerata fase 2 della spending review (che, a stare ai
titoli, pare già fatta), riparte la tarantella visto che il testo Giavazzi
che mira a tagliare i contributi alle imprese per circa 10 miliardi di
euro, prescrive esplicitamente che quei soldi siano utilizzati per
incidere sul cuneo fiscale (le tasse sul lavoro). Difficile con un Pil
che scende del doppio rispetto alle previsioni del governo (a proposito,
“la ripresa comincerà nel secondo semestre 2012” annuncia il Def), ma
tanto a breve ricomincia la campagna elettorale e quindi toccherà di
nuovo ai professionisti dei partiti annunciare la riduzione delle tasse
(Alfano, per dire, ha già iniziato).
L’AUTOSTRADA SALERNO-REGGIO CALABRIA – Corrado Passera,
che è un generoso, s’è immolato: “Ci metto la la faccia: via i cantieri
entro il 2013”. Potrebbe farsi male. Non è tanto una questione di
traffico – quest’anno va meglio del solito: forse si sono organizzati
meglio, forse la gente va meno in vacanza – ma proprio dei cantieri.
Intanto nel tratto lucano i cantieri, esattamente come negli anni
scorsi, sono ancora là: è tanto vero che la polizia stradale ha pensato
bene di piazzarci gli autovelox. C’è poi la questione del tratto
calabrese. E qui forse le parole di Passera possono essere vere in ogni
caso: lui vuole chiudere i cantieri entro l’anno prossimo, ma ci sono
almeno 60 chilometri – soprattutto sulla Sila – in cui i cantieri non ci
sono proprio perché mancano i soldi. All’Anas, comunque, dicono che
finire i lavori già avviati entro il 2013 è durissima, portare a termine
tutti i cantieri previsti è semplicemente impossibile.
LE BARRIERE ANTI-SPREAD - A leggere i giornali, dovremmo poter dormire tranquilli, lo spread sarebbe stato domato da un pezzo. Visto che sono stati annunciati in prima pagina meccanismi anti spread, unità di crisi
a palazzo Chigi, alleanze internazionali contro la speculazione.
Perfino i portavoce del governo sono rimasti sorpresi di fronte alle
fanfare della stampa. Betty Olivi, portavoce di Monti,
ha smentito ogni riunione della cosiddetta “unità di crisi” (che sarebbe
poi lo stesso Monti con Corrado Passera e Vittorio Grilli).
Il meccanismo anti-spread è stato svuotato dalla Germania fino a
diventare solo una illusione. E le grandi alleanze internazionali
anti-speculatori, che avrebbero dovuto garantire compratori per il
debito e investimenti alle aziende, non hanno mai dato risultati
concreti.
OTTO MILIARDI PER I GIOVANI – Non faccio promesse, dico che questo è un impegno del governo perché questo livello di disoccupazione giovanile
è inaccettabile. Abbiamo “potenzialmente” otto miliardi da destinare ad
interventi a favore di chi si trova nella decade dei venti. Così,
all’ingrosso, Mario Monti parlava in tv a fine maggio, mentre oggi dice
che “c’è un problema di generazione perduta” (intervista a Sette).
In realtà anche questi otto miliardi sono più virtuali che altro:
intanto si tratta di contributi comunitari già destinati a quel fine e
che il governo dei tecnici – con la sapienza tecnica conseguente –
intende destinare a programmi più efficienti. Di sicuro, ad oggi, di
quei miliardi i cosiddetti giovani hanno visto al massimo gli spiccioli.
UN MILIARDO PER I POVERI -
Effettivamente il piano per anziani e bambini in difficoltà è stato
varato a fine maggio, mentre un pensoso ministro Passera denunciava che
“la tenuta sociale in Italia è a rischio”. I ministri Barca, Riccardi e Fornero
si sono messi di buzzo buono e hanno fatto il loro bel programma di
interventi coinvolgendo pure regioni e comuni. L’unico problema è che
anche in questo caso – vedi il piano per i giovani – non si tratta di
soldi nuovi, ma della ridestinazione di risorse comunitarie e statali:
meno social card e più servizi mirati, sempre che stiano funzionando (e
sono cose che si sanno sempre dopo). Uno dei capitoli, ad esempio,
riguardava i posti negli asili nido: a settembre si scoprirà che era un
piano a lungo termine.
IL PIANO AMATO SULLA POLITICA -
Giuliano Amato ha consegnato il suo contributo da commissario:
controlli sui bilanci dei partiti alla Corte dei Conti, contributi
statali in proporzione a quelli privati e riduzione dei distacchi
sindacali. E’ un pezzo di quello che sui giornali viene chiamato
“spending review fase 2” (o fase 3, dipende dal giornale e da come si
conta). Peccato che quelle misure siano già tutte più o meno legge:
quelle sui partiti sono state approvate dal Parlamento qualche settimana
fa, il taglio dei distacchi sindacali è già contenuto nel decreto di
tagli divenuto legge mercoledì. Anzi, rispetto a questa spending 2 che è
già nella 1, il governo è stato ancora più cattivo del suo commissario:
ha tolto soldi anche ai Caf e ai patronati che Amato non voleva
toccare.
SPENDING REVIEW, LE SEGNALAZIONI INUTILIZZABILI -
Paginate di celebrazione per l’iniziativa democratica del governo:
segnalazioni dal basso degli sprechi nella pubblica amministrazione,
così che poi il commissario straordinario Enrico Bondi potesse
intervenire a fare giustizia con la sua spending review. “Così si
eliminano gli sprechi, i consigli di 135mila cittadini”, titolava il
Corriere il 24 giugno. Poi si è scoperto che c’era un problema di
privacy, nell’utilizzo delle segnalazioni. E che quindi non si potevano
toccare. Non se ne è mai più saputo niente, Monti ha fatto sapere che
erano state prese in considerazione. Ma la spending review di Bondi e
del governo non presenta traccia delle presunte centinaia di migliaia di
suggerimenti che sarebbero arrivati dal basso.
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