I sindaci scendono in campo. Si sentono leader. I loro
concittadini li hanno eletti per fare gli amministratori pubblici, ma
loro, ovviamente, se ne fregano chiamati come sono dalla forza del
destino, dalla predestinazione dei grandi e dall'ego smisurato a più
alti incarichi. E' tutto un fiorire di sindaci in camper,
in conferenza, in televisione, in raduni di partito. Multicolor, in
arancione, ma anche in rosso stinto pdimenoelleino o in viola appassito.
Liste annunciate e programmi formidabili, pret a porter autunno/inverno
saltano fuori ovunque. Chi li ha eletti e gli paga lo stipendio rimane
attonito, cornuto e mazziato. I sindaci vogliono
portare esperienze e capacità (mai) dimostrate dai Comuni in Parlamento.
Si sentono sottovalutati, sono tutti potenziali premier, da De Magistris a Renzi a Pisapia. Bersani deve sentirsi come Cesare alle Idi di marzo, con dei Maramaldi ("Vili, voi uccidete un uomo morto!" -
zombie non si può dire -) al posto di Bruto. I sindaci dovrebbero
occuparsi solo delle città che amministrano fino alla conclusione del
loro mandato. I municipi non sono dei trampolini di lancio per la loro
carriera politica. Scherziamo? Ti rompono gli zebedei per farsi eleggere
e poi non si occupano del Comune a tempo pieno? E' una presa per il
culo. Chi gestisce città complesse come Firenze non dovrebbe neppure
avere il tempo di andare al cesso. Se vuol fare altro aspetti la fine
del suo mandato.
Discutiamo allora dei successi dei sindaci, in
particolare dei debiti che le varie amministrazioni hanno accumulato in
questi anni. Alla fine del 2011 la classifica delle città più indebitate vedeva al primo posto Milano con 3.931 milioni
di euro (avete letto bene, quasi QUATTRO MILIARDI DI EURO), quindi
Torino con 3.200, Napoli 1.589, Genova 1.328, Roma 1.149, Catania 522,
Firenze 495, Verona 409 e Palermo 338. Un qualunque sindaco sotto il
peso di questi debiti, come un buon padre di famiglia, non dovrebbe
dormire di notte. Quando il debito di un'amministrazione cresce,
aumentano le tasse comunali e le tariffe delle municipalizzate, come i
trasporti pubblici a Milano, e diminuiscono i servizi ai cittadini. Un
Comune può avvitarsi, finire in bancarotta e
commissariato come Parma e recentemente Alessandria. Potrebbe succedere
nel 2013 alle città più indebitate. L'unica risorsa prima del crack
è vendere i beni del Comune (o meglio dei cittadini) all'asta, come
avviene a Torino. Eletto lo sindaco, gabbato lo santo. Se un'azienda va
in bancarotta, il titolare finisce in galera. Se un Comune va in
bancarotta, il sindaco finisce in Parlamento e, magari, diventa pure
ministro.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento