Si chiamano sinkex (sink exercise), un termine militare con
cui si indica la pratica di colpire e affondare una propria
nave-bersaglio. Per la Marina degli Stati Uniti si tratta di un modo
veloce per smaltire le vecchie navi da guerra e permettere allo stesso
tempo l’addestramento dei militari all’uso di nuovi armamenti contro un
obiettivo reale.
C’è solo un problema: i test di sinkex
hanno un forte impatto ambientale a causa dei duraturi effetti nocivi
degli inquinanti presenti a bordo delle imbarcazioni da far colare a
picco. Per questo motivo suscita polemiche la decisione della US Navy
di confermare l’affondamento di tre navi dismesse nel corso delle
grandi operazioni militari che si svolgono questo mese al largo delle
isole Hawaii. Si tratta della RIMPAC, una importante esercitazione
navale svolta ogni due anni, alla quale parteciperanno i mezzi o il
personale militare di Australia, Canada, Cile, Colombia, Francia, India,
Indonesia, Giappone, Malesia, Messico, Paesi Bassi, Nuova Zelanda,
Norvegia, Perù, Filippine, Russia, Singapore, Corea del Sud, Tailandia,
Tonga, Regno Unito e Stati Uniti. Nel fitto programma di test previsti,
le unità navali Kilauea, Niagara Falls e Concord,
saranno i primi vascelli-bersaglio ad essere affondati con siluri,
bombe ed altri ordigni, dopo una moratoria sugli esercizi di sinkex di
quasi due anni, messa in atto per i discussi effetti negativi
sull’ecosistema marino.
Per decenni la Marina americana ha
distrutto le sue navi senza che vi fosse alcun controllo sugli
inquinanti rilasciati nell’ambiente. Le zone maggiormente interessate da
queste operazioni sono state le aree del Pacifico a nord della Hawaii e
quelle al largo della costa californiana. Solo negli ultimi dodici anni
sono oltre cento le imbarcazioni da guerra affondate dalla Marina
Militare USA. In alcuni casi si tratta di portaerei grandi come tre
campi da calcio e contaminate da metalli pesanti, policlorobifenili e
PBC, come la USS America o la portaelicotteri classe Iwo Jima.
Soltanto a partire dal 1999, in seguito alle pressioni esercitate
dall’opinione pubblica, l’Environmental Protection Agency (EPA)
ha ordinato alla Marina, almeno sulla carta, di rimuovere buona parte
del materiale tossico-nocivo presente a bordo delle imbarcazioni in
disarmo e di stilare una relazione annuale con la stima approssimativa
delle sostanze tossiche presenti.
Come sostanziosa contropartita,
l’EPA ha esentato i militari dall’osservanza di alcune leggi federali
antinquinamento che vietano espressamente tali pratiche in mare. Nel
2010, lo stop agli esercizi di sinkex era sembrato mettere la parola
fine a questa pericolosa pratica militare, un’aspettativa rivelatasi
un’illusione in seguito all’annuncio di un ritorno al passato da parte
della US Navy. Una sgradita sorpresa che ha scatenato le
proteste di molte organizzazioni ambientaliste e il ricorso ad una
petizione da parte del Center for Biological Diversity. I
militari vengono accusati di violare molti accordi Ocse e diversi
trattati internazionali come la Convenzione di Londra sulla prevenzione
dell’inquinamento marino, la Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti
organici persistenti e la Convenzione di Basilea sul controllo dei
movimenti transfrontalieri di rifiuti.
”Chiediamo alla Marina di rispettare la moratoria sui sinkex”, ha detto Sé Colby, responsabile del Basel Action Network,
”se le navi continueranno a finire sui fondali sarà troppo tardi per
rimediare ai danni procurati alle nostre preziose risorse marine”.
Affondare una nave da guerra obsoleta è infatti una pratica altamente
pericolosa per via delle sostanze nocive presenti in molti suoi
componenti. In linea generale i materiali tossici che possono venire
dispersi nell’ambiente sono l’amianto, usato per l’isolamento, le acque
stagnanti di zavorra, i refrigeranti dei motori, i metalli usati per la
costruzione, gli agenti chimici del materiale antincendio, gli oli e i
combustibili e vari prodotti chimici. Tuttavia, per la US Navy
il nuovo ricorso agli esercizi di affondamento non è in discussione. I
sinkex vengono ritenuti una preziosa risorsa per lo studio e la
progettazione delle future navi da guerra. Ma fino a che punto il
progresso dell’ingegneria bellica può giustificare la dispersione
nell’ambiente di pericolosi inquinanti? La Marina rassicura che nel
corso dei test verrà rispettato scrupolosamente quanto previsto dalle
direttive dell’Epa, ovvero una distanza della nave bersaglio di
cinquanta miglia nautiche rispetto alla costa, in acque profonde almeno
seimila metri.
C’è però anche un altro tema ad infiammare il dibattito contro il ricorso ai sinkex:
l’enorme spreco di risorse. Si pensi che soltanto le tre navi che
verranno mandate a picco questo mese sono composte da circa 38mila
tonnellate di acciaio, alluminio, rame e piombo che potrebbe essere
riciclato. Questi test non sono quindi soltanto una minaccia per
l’ambiente, sottolinano dal Basel Action Network, ”la scelta
della Marina di scaricare i suoi veleni nell’Oceano mette anche a
rischio centinaia di posti di lavoro nell’industria americana del
riciclaggio navale”. E mentre la polemica non si placa, le manovre al
largo delle Hawaii sono già cominciate. Dureranno fino al prossimo 3 di
agosto e vedranno in azione migliaia di uomini, quarantadue navi da
guerra, sei sottomarini e una decina di aerei da combattimento.
Fonte
USA: la più becera deficienza fatta Stato.
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