Solo
gli storici ricordano la battaglia del solstizio, del giugno del 1918,
combattuta tra le truppe italiane e quelle austro-ungariche. Eppure si
tratta forse della più sanguinosa battaglia combattuta in territorio
italiano dal periodo postunitario ad oggi. Circa duecentocinquantamila
tra morti, feriti e dispersi in una settimana, una tragedia di
proporzioni epocali, di cui quasi centomila italiani. Si vede che la
memoria collettiva coltiva processi di selezione degli eventi che non
hanno nulla a che vedere con il senso delle proporzioni. E nemmeno con
quello del ridicolo basti dire che una immane tragedia come quella del
giugno 1918 è ancora oggi celebrata ufficialmente come festa
dell’artiglieria. Nei manuali di storia militare, dove i morti
appartengono ad uno score quasi sportivo, la battaglia del solstizio è
classificata come uno scontro in campo aperto dove il perdente (in
questo caso l’impero austroungarico) aveva attaccato con la certezza
della vittoria persino stampando in anticipo il materiale amministrativo
per la gestione delle zone italiane occupate.
E’
così è andata a Mario Monti nello scorso fine settimana a Bruxelles
per quanto riguarda la trattativa sui dispositivi di regolazione dello
spread, quelli di futura gestione delle banche e dei fondi di
“stabilizzazione” finanziaria europea. Monti è arrivato in Belgio con i
tedeschi praticamente convinti di ratificare le loro condizioni di
“salvataggio” delle banche ancorato ai tagli dei bilanci pubblici, di
fatto imponendo a tre quarti di Europa il taglio radicale dei servizi e
degli investimenti pubblici come obbligo per risanare le perdite di
qualche lustro di finanza d’assalto delle banche europee. Monti, agendo
di concerto con Spagna e Francia, ha imposto alla Germania un’altra
strada, che non risolve alcuna questione sociale, che tende a separare
il destino delle banche da quello dei bilanci pubblici. Le prime,
secondo l’intesa negoziale raggiunta a Bruxelles, saranno direttamente
finanziate separando il loro stato contabile da quello dei conti delle
nazioni. Almeno nelle intenzioni, perchè far entrare a regime un
accordo del genere non è affatto cosa scontata, si tratta un
rovesciamento di una politica la cui ratifica era data per fatta dalla
Germania. Niente di eccezionale il lavoro di Monti, perchè a tagliare
la spesa sociale ci penserà il mercato finanziario in ogni caso, ma di
sicuro utile per far sopravvivere qualche grossa banca.
A
differenza di quanto ha detto e scritto la propaganda italiana,
drogata dall’effetto Balotelli, sul vertice di Bruxelles Monti non ha
vinto “per l’Italia” la sua battaglia del solstizio. Ma per quella parte
di sistema bancario europeo messo a crisi dal primato tedesco
(politico, economico, finanziario) nella governance europea. Sistema
italiano, spagnolo, francese al quale non è certo dispiaciuta l’alleanza
con le banche che parlano inglese (anche oltreoceano) le quali
gradivano la strategia Monti che, sulla carta, garantisce maggiori
immissioni di liquidità nella finanza globale. Ma che la vittoria del
solstizio non porti buone notizie per l’economia è praticamente
scontato. Per capirlo basta seguire non solo le statistiche istat ma
anche le dichiarazioni del nuovo presidente di Confindustria Squinzi che
sembra un capo dell’opposizione (se mai esistesse) al governo Monti.
In
definitiva in Italia si sono imposte delle priorità della negoziazione
politica direttamente ispirate dalla big finance (trattare sul
rifinanziamento delle banche e sul finanziamento degli stati) ad un
livello tale da lasciare persino indietro le esigenze del capitalismo
industriale. Il mainstream dei media italiani si è semplicemente
adeguato per cui oramai la politica viene rappresentata come esistesse
solo su quel terreno. Per cui il risultato, la cui tenuta nel tempo è da
verificare, ottenuto da Monti a Bruxelles è stato venduto dai media
italiani come uno score politico “per l’Italia”. Quando la politica, e
meno che mai la politica economica, e “l’Italia” non avevano molto a che
vedere con quanto accaduto.
E’
anche bene ricordare che, come precondizione per partecipare alla
battaglia di Bruxelles, l’Italia ha dovuto approvare senza dibattito
parlamentare la sostanziale abolizione dell’articolo 18. La battaglia
del solstizio di Monti è quindi costata cara agli italiani, dal punto
di vista simbolico, quanto quella del 1918. E non è finita: sempre per
tenere il livello di combattimento, sul piano finanziario, Monti si sta
apprestando a tagliare la spesa amministrativa, deprimendo
ulteriormente l’economia (se ne è accorta anche Repubblica), per una
decina di miliardi di euro e l’occupazione di qualche decina di
migliaia di unità. Le campagne europee di Monti stanno costando a
questo paese il benessere o, forse, la sopravvivenza ma che importa:
già si sono aperti i giochi per la presidenza del consiglio del 2013 e
per l’elezione del presidente della repubblica sempre per il prossimo
anno. E, si sa, chi protesta è un populista senza senso di
responsabilità.
Allo stesso tempo,
fossimo in Monti, eviteremmo di gioire una volta raggiunta Vittorio
Veneto (il pareggio di bilancio). E’ proprio quando una guerra è vinta
che i regimi cambiano. Ma questo è un insegnamento della storia
politica che sembra lontano, tra un’intervista a D’Alema su Corriere
sulla composizione del prossimo governo e una a Casini su Repubblica
sullo stesso tema. Eppure c’è qualcosa di anomalo, un convitato di
pietra per tutti questi giochi che sembra così lontano, così vicino
come diceva Wim Wenders.
per Senza Soste, nique la police
Fonte
Sì direbbe che la terza guerra mondiale si stia combattendo a colpi di finanza.
per Senza Soste, nique la police
Fonte
Sì direbbe che la terza guerra mondiale si stia combattendo a colpi di finanza.
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