Il romanzo di James Cain, Il postino suona sempre due volte
ha avuto forse il miglior adattamento cinematografico con l'edizione
del 1946, quella diretta da Tay Garnett, in una fase creativa del noir
americano.
Il noir degli anni '40 e '50 si è sempre giocato tra un canone stilistico tutto proprio per definire l'espressività dei personaggi, una certa dimensione morale in grado di accentuare i tratti di disperazione dei protagonisti, un senso della trama dove le azioni premeditate e gli imprevisti compongono la complessità narrativa del disastro. Il postino suona sempre due volte ha queste caratteristiche, in modo tale da far assumere il volto di Lana Turner (nella foto) a ruolo di uno dei simboli del noir, nonostante diverse parti melodrammatiche, e della complessità narrativa che porta al disastro.
La vicenda dello spread italiano, legata a quello spagnolo, sembra proprio essere rappresentabile secondo i canoni del film di Garnett. La complessità della vicenda narrata sembra tendere inevitabilmente verso il disastro: come nella trama cinematografica l'ucciso (nel film il marito per opera della Turner e dell'amante postino, nella realtà i diritti sociali e del lavoro) non porta l'ordine sperato. Anzi il rito di sacrificio, dell'articolo 18 come dello stato sociale, è piuttosto un capitolo che aggiunge pagine alla narrazione di un disastro. Fuor di metafora: quando con Berlusconi lo spread toccava quota 500 si parlava di necessità di "riforme impopolari" per rimettere il paese in rotta di navigazione.
Il noir degli anni '40 e '50 si è sempre giocato tra un canone stilistico tutto proprio per definire l'espressività dei personaggi, una certa dimensione morale in grado di accentuare i tratti di disperazione dei protagonisti, un senso della trama dove le azioni premeditate e gli imprevisti compongono la complessità narrativa del disastro. Il postino suona sempre due volte ha queste caratteristiche, in modo tale da far assumere il volto di Lana Turner (nella foto) a ruolo di uno dei simboli del noir, nonostante diverse parti melodrammatiche, e della complessità narrativa che porta al disastro.
La vicenda dello spread italiano, legata a quello spagnolo, sembra proprio essere rappresentabile secondo i canoni del film di Garnett. La complessità della vicenda narrata sembra tendere inevitabilmente verso il disastro: come nella trama cinematografica l'ucciso (nel film il marito per opera della Turner e dell'amante postino, nella realtà i diritti sociali e del lavoro) non porta l'ordine sperato. Anzi il rito di sacrificio, dell'articolo 18 come dello stato sociale, è piuttosto un capitolo che aggiunge pagine alla narrazione di un disastro. Fuor di metafora: quando con Berlusconi lo spread toccava quota 500 si parlava di necessità di "riforme impopolari" per rimettere il paese in rotta di navigazione.
Oggi, dopo aver
impoverito e non poco il paese indebolendo la sua capacità di produrre
ricchezza, lo spread è di nuovo a quota 500 e la situazione continentale
è peggiorata rispetto a qualche mese fa. Basti dire che il calo
dell'euro è legato ad una sfiducia complessiva, accentuata da chi è in
grado di specularci, della finanza globale nei confronti della moneta
continentale. Aver seguito una politica di austerità, accelerando le
tendenze di disgregazione economica e sociale in corso, ci ha portati a
questo. Il bello è che nel PD tutto questo si chiama "senso di
responsabilità nei confronti del paese". Se c'è un luogo dove
l'LSD non è mai passato di moda è la politica istituzionale italiana. E
ne deve circolare tanto: basti dire che mai nella storia della
repubblica, Confindustria aveva usato un linguaggio da opposizione.
Come
nel noir americano, oltre alla dinamica della catastrofe, sono presenti
anche gli altri due registri narrativi. Si tratta infatti, in una
tempesta la cui dinamica non è affatto chiara al corpo sociale, di
costruire le narrazioni per spiegarla all'audience e alla società. E chi
costruisce queste narrazioni, chi ne detiene i codici di linguaggio,
esercita potere di controllo sull'intera superficie sociale. Perché ha
l'egemonia sulla spiegazione della crisi e sulle indicazioni sul "che
fare". Non a caso l'unico vero argomento della propaganda liberista è
"non ci sono alternative a questa politica": lo si esercita più con il
governo della verità che con la mancanza di reali alternative concrete.
Ci si faccia caso: coloro che sono deputati ad essere protagonisti in questa crisi sono rappresentati con una unità stilistica che assume i caratteri di un vero brand del potere. Basta seguire le scenografie dei vertici che conferiscono al personaggio un brand che, in qualche modo, viene riproposto anche nelle trasmissioni nazionali. E' il noir della vicenda euro ma non è solo un fatto estetico: è una codificazione simbolica che trattiene gerachie di potere e capacità comunicative di controllo del corpo sociale.
Poi c'è la rappresentazione della (attuale) dimensione morale del potere in grado sia di rappresentare la tragedia, in modo che la società si coalizzi attorno a questo scenario, che di legittimare i personaggi. Il tipo di rappresentazione morale risente poi della scarsa qualità letteraria del potere contemporaneo: si va dalla pesante retorica neo-risorgimentale di Napolitano alla mediocrità pedante dei "compiti a casa", linguaggio imposto dalla burocrazia tedesca nei vertici europei già negli anni '90.
La propaganda neo-liberale si muove quindi su un piano espressivo che è già conosciuto ai registi noir: solo che nei telegiornali, sulla stampa e anche in rete, si usano questi piani per sfuggire alla catastrofe mentre sembrano proprio destinati, come nei film, ad accompagnarla.
Desta stupore infatti non tanto la dichiarazione della presidente FMI Lagarde ("l'euro ha pochi mesi di vita") ma la notizia che uno degli chief economist del Fondo Monetario internazionale si sia dimesso perchè la sua organizzazione avrebbe trascurato la portata della crisi europea.
In questo scenario vedere il maggior partito italiano che discute non di questi temi ma (in modo sbagliato) di coppie gay e di primarie non è altro che un invito ad aggiungere una venatura di patetico tricolore che al noir originario mancava.
Eppure in questa situazione la società italiana, a parte qualche momento critico, si manifesta sostanzialmente tranquilla. E' lo spettacolo della forza complessiva delle dinamiche microfisiche di adattamento alla crisi quello che vediamo.
Ma probabilmente è come per le prime scene di un antenato del noir: M, il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang. Quando, alla immediata vigilia della fase economica della grande depressione, la vita scorreva sostanzialmente tranquilla.
E qui bisogna ricordare qualche precedente storico: gli effetti collaterali, allo scatenamento di processi inquieti nella società, sono sempre considerevoli. Ma è sempre qualcosa di preferibile all'adattamento russo quando, dopo la presa del potere di Eltsin, la decomposizione della società sovietica, a parte qualche momento critico, è avvenuta entro un immenso silenzio di miriadi di drammi tanto sociali quanto privatamente sviluppati.
Chi parla, in questa situazione, di "pace sociale a rischio", a parte che lo fa per motivi strumentali, non si rende conto che con la crisi in corso il rischio vero che corre questo paese è che la pace sociale permanga. Difficile infatti sarà uscirne senza liberare energie collettive, anche contraddittorie.
Intanto, lo spread suona sempre due volte.Ci si faccia caso: coloro che sono deputati ad essere protagonisti in questa crisi sono rappresentati con una unità stilistica che assume i caratteri di un vero brand del potere. Basta seguire le scenografie dei vertici che conferiscono al personaggio un brand che, in qualche modo, viene riproposto anche nelle trasmissioni nazionali. E' il noir della vicenda euro ma non è solo un fatto estetico: è una codificazione simbolica che trattiene gerachie di potere e capacità comunicative di controllo del corpo sociale.
Poi c'è la rappresentazione della (attuale) dimensione morale del potere in grado sia di rappresentare la tragedia, in modo che la società si coalizzi attorno a questo scenario, che di legittimare i personaggi. Il tipo di rappresentazione morale risente poi della scarsa qualità letteraria del potere contemporaneo: si va dalla pesante retorica neo-risorgimentale di Napolitano alla mediocrità pedante dei "compiti a casa", linguaggio imposto dalla burocrazia tedesca nei vertici europei già negli anni '90.
La propaganda neo-liberale si muove quindi su un piano espressivo che è già conosciuto ai registi noir: solo che nei telegiornali, sulla stampa e anche in rete, si usano questi piani per sfuggire alla catastrofe mentre sembrano proprio destinati, come nei film, ad accompagnarla.
Desta stupore infatti non tanto la dichiarazione della presidente FMI Lagarde ("l'euro ha pochi mesi di vita") ma la notizia che uno degli chief economist del Fondo Monetario internazionale si sia dimesso perchè la sua organizzazione avrebbe trascurato la portata della crisi europea.
In questo scenario vedere il maggior partito italiano che discute non di questi temi ma (in modo sbagliato) di coppie gay e di primarie non è altro che un invito ad aggiungere una venatura di patetico tricolore che al noir originario mancava.
Eppure in questa situazione la società italiana, a parte qualche momento critico, si manifesta sostanzialmente tranquilla. E' lo spettacolo della forza complessiva delle dinamiche microfisiche di adattamento alla crisi quello che vediamo.
Ma probabilmente è come per le prime scene di un antenato del noir: M, il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang. Quando, alla immediata vigilia della fase economica della grande depressione, la vita scorreva sostanzialmente tranquilla.
E qui bisogna ricordare qualche precedente storico: gli effetti collaterali, allo scatenamento di processi inquieti nella società, sono sempre considerevoli. Ma è sempre qualcosa di preferibile all'adattamento russo quando, dopo la presa del potere di Eltsin, la decomposizione della società sovietica, a parte qualche momento critico, è avvenuta entro un immenso silenzio di miriadi di drammi tanto sociali quanto privatamente sviluppati.
Chi parla, in questa situazione, di "pace sociale a rischio", a parte che lo fa per motivi strumentali, non si rende conto che con la crisi in corso il rischio vero che corre questo paese è che la pace sociale permanga. Difficile infatti sarà uscirne senza liberare energie collettive, anche contraddittorie.
per Senza Soste, nique la police
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