A volte basta una frase, una battuta, una dichiarazione colta tra i tanti lanci di agenzia per accendere un enorme riflettore e spalancare gli occhi (qualora fossero socchiusi) su una realtà evidente e macroscopica. O ricevere conferme su un qualcosa che esiste, c’è, ma forse anche inconsciamente si tende a rimuovere pur avendo ben presenti le nefandezze del capitalismo e dell’obbligo di mettere tutto e sempre “a profitto”, a qualunque costo. Questa sorta di epifania laica ed oscena, questa sensazione di rivelazione è parzialmente capitata anche a noi, quando ci è finita sotto gli occhi una notizia di qualche giorno fa. Eccola:
La prevenzione “è un problema che riguarda tutta la medicina. È un aspetto molto trascurato, questo perché è in conflitto di interesse con il mercato della medicina che vuole espandersi. E la prevenzione, invece, tende a ridurre spazio prevenendo le malattie. Basti pensare che più del 70% dei tumori sono evitabili. E di cancro muoiono ogni anno 180mila persone in Italia”. Lo ha detto Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, nel corso del convegno organizzato dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop) a Roma, dedicato ai dati di efficacia dei trattamenti psicologici per la messa a punto di un documento di consenso. “Nel documento – ha sottolineato Garattini che presiede la giuria del Consensus – abbiamo sottolineato il problema della necessità della prevenzione in questo ambito”.Il concetto, già espresso anche in precedenza dall’oncologo, farmacologo e ricercatore Silvio Garattini – che guida dopo averlo fondato l’Istituto di ricerca Mario Negri – è chiaro nella sua drammatica semplicità: in Italia muoiono 180mila persone all’anno di tumore. Il 70% dei tumori sono evitabili, ma serve prevenzione. La prevenzione è trascurata perchè in conflitto con il mercato che vuole espandersi. Non c’è molto altro da aggiungere. Tutto conosciuto, tutto noto, tutto risaputo: quante volte abbiamo raccontato dei tagli alla sanità pubblica, ai finanziamenti a quella privata, al dramma di tanti cittadini e di tante famiglie che, impoverendosi e perdendo potere d’acquisto non riescono più a curarsi, perchè curarsi in fretta e bene spesso costa. Nonostante l’Italia abbia un Servizio Sanitario Nazionale che – nonostante tutto – ancora tiene. Non fosse bastata tutta questa consapevolezza, è arrivata anche la pandemia a ricordarci quanto fosse necessario tornare ad investire in sanità pubblica: quando il Covid-19 dilagava nel nostro paese divenne evidente che in casi simili, di emergenza sanitaria generalizzata e pandemica, solo la sanità pubblica era in grado di salvare vite e contenere l’infezione.
Eppure, nonostante questa evidenza, nonostante la scoperta – che molti italiani fecero all’inizio di marzo del 2020 – che un paese di 60 milioni di abitanti, molti dei quali anziani, aveva a disposizione poche migliaia di postazioni in terapia intensiva, nonostante le grida d’allarme di medici, infermieri e operatori sanitari, nonostante le promesse della classe dirigente di tornare ad investire massicciamente in sanità, ci ritroviamo ancora a dover adottare provvedimenti emergenziali per “evitare di intasare le terapie intensive”. Cosa significa? Che forse questa operazione di finanziamento straordinario e strutturale alla sanità pubblica non è stato fatto sul serio, in questi due anni. E perchè?
La risposta, forse, ce la da l’oncologo Silvio Garattini: perchè il mercato della sanità deve espandersi. E dunque se allarghi troppo la disponibilità di cure pubbliche, forse qualche problema al mercato della salute lo crei. Come d’altronde se previeni troppo: se la gente non si ammala, come si fa poi a vendergli la cura?
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