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22/01/2022

Il virus dilaga nell’Occidente neoliberista

Il neoliberismo è un regime criminale. La prova sta ancora una volta nella gestione della pandemia da Covid. Anche se ogni paese occidentale decide per conto proprio cosa fare in proposito, fanno tutti esattamente le stesse cose, cambiando appena i termini e i tempi (dipende solo dal tasso di saturazione delle strutture ospedaliere pubbliche).

La giornata di giovedì presentava infatti questo quadro.

Sono oltre 3 milioni i contagi giornalieri di Covid-19 registrati in tutto il mondo tra il 13 e il 19 gennaio, secondo un conteggio dell’agenzia Afp, che si basa sui bollettini ufficiali dei singoli Paesi. La cifra è più che quintuplicata dalla scoperta della variante Omicron, a fine novembre.

Tutti asseriscono che questa variante sia “meno letale”, e non c’è da dubitarne (perché lo dicono anche scienziati “socialisti”, di altri paesi), ma nessuno ancora sa dire di quanto sia meno letale rispetto a Delta o Alfa.

Quella percentuale andrà infatti moltiplicata per 5, in modo da avere un totale delle vittime attese anche per Omicron. In base alla regola che si apprende alle elementari: “cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia”.

Le regioni che attualmente registrano il maggiore incremento sono l’Asia (385.572 casi giornalieri in media negli ultimi sette giorni, +68% rispetto alla settimana precedente), il Medio Oriente (89.900 casi giornalieri, +57%) e l’America Latina/Caraibi (397.098 casi giornalieri, +40%).

Ma e il Vecchio Continente a guidare da settimane la classifica in numeri assoluti, dimostrando di essere forse il vero “terzo mondo” in materia di prevenzione sanitaria.

In Europa, nelle ultime 24 ore la Germania ha registrato un nuovo incremento record di casi giornalieri di Covid-19: 140.160, secondo i dati aggiornati del Robert Koch Institute (Rki), che riferisce anche di 170 nuovi decessi. Si tratta del terzo giorno consecutivo in cui il Paese aggiorna il record assoluto dei contagi da inizio pandemia, quindi il cosiddetto “picco” è ben lontano dall’essere raggiunto.

Giovedì, la cifra delle nuove infezioni annunciate era stata 133.536 con 234 morti. L’incidenza – la media dei nuovi casi ogni 100 mila abitanti su sette giorni – ha superato per la prima volta la soglia dei 600 (638,8).

Intanto da Londra a Madrid, dal Portogallo alla Francia, (ma anche per Washington e l’Australia) si guarda al “modello Sanchez”, ossia “trattare il Covid come una normale influenza”. Come se i virus obbedissero alle decisioni dei governi, comportandosi in modo diverso dalla propria natura se qualcuno “glielo ordina”.

Il premier spagnolo nei giorni scorsi ha avvertito che è arrivato il momento di monitorare la pandemia in modo diverso e vuole una riflessione in merito anche nell’Ue: “Abbiamo le condizioni per aprire, gradualmente e con cautela, il dibattito a livello tecnico ed europeo, per iniziare a valutare l’evoluzione di questa malattia con parametri diversi da quelli che abbiamo usato fino ad ora“.

Anche il governo britannico vuole imparare a “convivere con il Covid come si convive con l’influenza“: revocate le restrizioni del ‘piano B’, dal 27 gennaio in Gran Bretagna non saranno più obbligatori il pass vaccinale e la mascherina rimane solo “consigliata” nei luoghi affollati; mentre l’obbligo di mascherina nelle aule scolastiche è revocato già da venerdì 21.

Anche in Francia, nonostante il numero di contagi imponente e mai toccato finora – oltre 500.000 casi Covid registrati in un solo giorno – dal 2 febbraio dovrebbe cadere l’obbligo della mascherina all’aperto; dal 16 febbraio verrebbero riaperte le discoteche.

Scelte omicide, fatte soltanto per consentire all’economia di marciare come se nulla fosse, anche se ovviamente più gente si contagia, più gente si ammala (e spesso viene anche ricoverata) e quindi si assenta sul lavoro, facendo scricchiolare tutta la catena delle forniture (che sconta la vecchia politica “senza magazzino” della globalizzazione just in time).

L’Italia, dopo due settimane a botte da 200.000 contagiati al giorno, nonostante un tasso di vaccinazione al di sopra dell’87%, è uno dei pochi paesi dell’Occidente neoliberista che potrebbe essere costretto ad aumentare le restrizioni invece che – come altrove – allentarle ulteriormente.

Perché? Semplice: da noi i posti letto per abitanti sono molti meno rispetto alla media UE, per non parlare del numero di medici o di infermieri.

Quasi dodici anni di tagli continui alla spesa pubblica per la sanità (-37 miliardi) ci presentano ora il conto. Ma, appunto, lasciar dilagare il Covid è una scelta “economica” omicida – stragista, a voler essere precisi – che rischia però di diventare suicida a medio termine anche per il capitale.

Zitti zitti, tra lockdown assoluti ma territorialmente limitati, controlli alle frontiere, vaccini per tutta la popolazione, test di massa ad ogni rilevazione di contagio, la Cina e altri paesi vedono crescere la propria capacità produttiva molto più solidamente. E con popolazioni assai meno “stressate”.

Dev’essere per questo che la direttrice generale del Fmi, Kristalina Georgieva, nel corso di un panel di presentazione del Global Economic Outlook al Forum economico mondiale di Davos, si è scagliata contro la politica “zero Covid” adottata – con grande successo da Pechino.

Il “rallentamento economico dell’economia cinese sta avendo un impatto globale” (tradotto: esportiamo di meno verso la Cina, così) e “varianti molto trasmissibili del virus rischiano di essere molto difficili da contenere, senza un impatto drammatico” sull’economia.

È da sottolineare che l’aggettivo “drammatico” non è usato per indicare i milioni di morti (quasi 2,5, ormai, tra Usa e Unione Europea), ma solo le percentuali di Pil che in tal modo l’Occidente neoliberista mette in conto di poter perdere.

Ricordiamocene, ogni volta che li sentiamo parlare. Sono assassini dentro, ma sul serio.

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