Il braccio di ferro tra il governo australiano e il campione del tennis, il serbo Djokovic, sta diventando un affaire internazionale che riporta a galla lo scontro sulla concessione – in Serbia – di miniere del preziosissimo litio alla multinazionale anglo-australiana Rio Tinto, presente in molti paesi del mondo.
Ad aprire il fuoco è stato il quotidiano serbo “Republika”, che chiama in causa il governo australiano di Scott Morrison, ma in modo più preciso il suo segretario John Kunkel.
Republika ricorda che Kunkel dal 2016 al 2018 ha lavorato per la Rio Tinto come capo del dipartimento per la cooperazione con il governo australiano per poi passare nel 2018 all’ufficio del primo ministro.
“Ecco perché ci sono sempre più commenti secondo cui Djokovic è solo un danno collaterale del conflitto di interessi di questi due personaggi”, prosegue il giornale serbo, fino a parlare di una “vendetta” trasversale nei confronti del governo serbo, che intenderebbe fermare il progetto di sfruttamento minerario della multinazionale.
Djokovic, sui propri canali social, aveva pubblicato le immagini delle proteste popolari e ambientaliste contro la Rio Tinto, verso la quale viene rilevato il marcia indietro della premier Ana Brnabic e del presidente della Repubblica, Aleksandar Vucic, nelle trattative con il gruppo minerario.
Il 7 gennaio la premier Brnabic aveva affermato che “il governo è vicino” alla decisione di annullare tutti gli accordi presi in precedenza con Rio Tinto.
“Bisogna vedere solo quale è lo scotto e quale il prezzo da pagare per la rescissione degli accordi”, ha detto la premier aggiungendo che di questo avrebbe discusso con il capo dello Stato. Lo stesso Vucic, pochi giorni dopo aveva affermato “di avere l’impressione” che il governo deciderà di fermare le trattative con la multinazionale dopo aver agito invece per agevolarle.
La proposta avanzata a fine novembre di una modifica alla legge sull’esproprio, che eliminava di fatto alcune barriere legislative a tutela dei proprietari di terreni, era stata vissuta dalla popolazione come una norma a favore di Rio Tinto, per consentire un più rapido avvio dello sfruttamento dei ricchissimi giacimenti di litio nella valle di Jadar, nei pressi della città di Sabac.
L’altra rogna è che le modifiche avanzate dal governo contemplavano anche l’abolizione del quorum per la validità del referendum contro la concessione mineraria e l’introduzione di una tassa da pagare per i cittadini che aderivano alla raccolta delle firme per le iniziative civiche.
In molti hanno collegato questa misura ai cedimenti verso la Rio Tinto, perché nei mesi precedenti era stata avanzata l’ipotesi di svolgere un referendum per l’approvazione dell’investimento anglo-australiano.
A novembre sono partite le proteste popolari e ambientaliste e ancora sono in corso. Le manifestazioni hanno trovato il sostegno del campione di tennis Novak Djokovic.
“Aria pulita, acqua e cibo sono la chiave della salute. Senza questo, ogni parola sulla ‘salute’ è superflua”, aveva scritto Djokovic postando sui social una foto delle proteste contro la Rio Tinto a Belgrado, e forse quei post non sono stati molto graditi dal consiglio d’amministrazione delle multinazionale anglo-australiana.
La Rio Tinto non gode di buona fama in materia di violazioni dei diritti umani e del lavoro e devastazioni ambientali perpetrate da Rio Tinto in tutto il mondo e nel corso di decenni.
“Dalla Papua Nuova Guinea alla Namibia, dalla penisola superiore del Michigan negli Stati Uniti al Madagascar, e dal Camerun all’Indonesia, Rio Tinto ha un lungo e vergognoso primato”, è scritto in un apposito dossier curato dal sindacato internazionale dei minatori.
Nel 2019 una manifestazione contro le violazione dei diritti dei lavoratori si tenne sotto la sede della Rio Tinto a Londra.
La legge sull’esproprio dei terreni a Sabac non è stata firmata dal capo dello Stato e alla fine è stata ritirata con grande “scorno” della Rio Tinto. Ma la mobilitazione non accenna a rientrare ed ha annunciato nuovi blocchi stradali in tutto il Paese, promettendo di non fermarsi fino a che non ci sarà la rinuncia ufficiale all’investimento Rio Tinto.
Tutto questo mentre il tennista serbo si apprestava a varcare il confine in un aeroporto australiano.
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