Quattro dei cosiddetti campioni industriali europei – Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, e le francesi Edf ed Edison – hanno annunciato una lettera d’intenti con l’obiettivo immediato di “valorizzare le competenze della filiera nucleare italiana”, di cui proprio Ansaldo Nucleare è un esponente di primo piano, per sostenere lo sviluppo dei progetti del nuovo nucleare della multinazionale francese Edf.
Eppure già ad ottobre ilSole24Ore segnalava che per la francese Edf il 2022 è stato un annus horribilis, con oltre metà dei 56 reattori nucleari bloccati per manutenzione o “corrosione” e le tariffe bloccate dallo Stato, tanto che “sta per chiudere il bilancio peggiore della storia, con una perdita che si annuncia shock”.
Questi grandi gruppi industriali puntano a ricavarsi un ruolo centrale nell’inserimento del nucleare all’interno della transizione energetica in Italia. Ovviamente tenendo conto “delle crescenti esigenze di sicurezza e indipendenza energetica del sistema elettrico italiano”.
“L’energia nucleare – si legge nella lettera di intenti dei quattro gruppi industriali – è una delle fonti di generazione con le minori emissioni di CO2, che assicura un ridotto consumo di suolo rispetto alla potenza elettrica installata e consente un’ottimale programmabilità della produzione”.
L’offensiva per il ritorno del nucleare in Italia punta sui cosiddetti small modular reactor, reattori nucleari a fissione di piccole dimensioni che, secondo le quattro aziende, possiedono “caratteristiche di sicurezza molto elevate, richiedono investimenti contenuti e possono essere utilizzati per produrre energia elettrica e termica, rispondendo in modo versatile alle esigenze del sistema elettrico e dei territori” sostengono all’Edf.
“Non è ben chiaro quale sia il “nuovo nucleare” cui si fa riferimento nell’accordo” – scrive la pagina web Greenreport – “perché le tecnologie cui si accenna sono in realtà discusse già da decenni: gli European pressurized water reactor (Epr) e gli Small modular reactor (Smr)“.
“Per il nostro Paese, dove il nucleare è stato bloccato dal referendum del 1987, c’è un crescente numero di politici ed esperti che stimola una riflessione sul tema”, sottolinea ilSole24Ore. Anche Greenreport rileva che “non sorprende la scelta di approfondire il ruolo del nuovo nucleare nella transizione energetica in Italia, dato che la maggioranza politica che sostiene il Governo Meloni si è espressa più volte a favore”.
L’intesa firmata dalle quattro aziende sarà oggetto di accordi vincolanti che le stesse parti intendono definire a breve. Ne consegue che il loro pressing sul governo, in particolare quello italiano, crescerà esponenzialmente per imporre in Italia – il nucleare – quello che la maggioranza della società ha respinto per ben due volte e con ben due referendum (1987 e 2011).
Ma il vento filo-nucleare sta tornando a spirare fregandosene degli esiti delle consultazioni popolari in materia.
Occorre infatti rammentare che la scorsa settimana a Stoccolma, c’è stato un vertice di undici Paesi europei (Francia, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Bulgaria, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca e Ungheria), i quali hanno riaffermato congiuntamente la loro volontà di “rafforzare la cooperazione tra i settori nucleari nazionali e di utilizzare l’energia nucleare tra i tanti strumenti che ci permetteranno di raggiungere gli obiettivi climatici, grazie alla generazione di potenza e per garantire la sicurezza di approvvigionamento elettrico ed energetico”.
“L’obiettivo – secondo il ministro dell’Energia francese – è di creare l’alleanza nucleare e di lanciare un segnale forte nei vari negoziati europei“. Il nucleare rientra tra gli investimenti che la Commissione europea ritiene compatibili con le transizioni ecologica ed energetica e sono note le posizioni contrarie a questa eventualità, tra le altre, di Austria, Germania e Spagna. Al vertice di Stoccolma non ha partecipato l’Italia.
Intanto anche l’Eni si è data da fare ma sul terreno della fusione. Ha firmato infatti un accordo di cooperazione con la statunitense CFS (Commonwealth Fusion Systems), per accelerare l’industrializzazione dell’energia da fusione.
Eni ha investito per la prima volta in CFS nel 2018 e ne è diventata azionista strategico – spiega Milano Finanza – ma l’accordo appena siglato a Boston rafforza la partnership tra le due società, intorno ad una serie di progetti per lo sviluppo e distribuzione dell’energia da fusione su scala industriale.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento