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31/03/2023

In Medio Oriente tutto è in movimento

In Medio Oriente tutto si muove, e rapidamente. Non c’è solo lo “sganciamento” dell’Arabia Saudita dall’influenza USA e l’accordo storico di Riad con l’Iran mediato dalla Cina. Anche le relazioni storiche tra Usa e Israele sembrano sottoposte a sollecitazioni fuori dalla “normale amministrazione”.

Martedì sera era stato il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden a dichiarare di essere preoccupato per i recenti eventi in Israele aggiungendo che ”come molti sostenitori di Israele sono molto preoccupati. Che lo capiscano bene... non possono continuare su questa strada”.

La replica, piuttosto dura, è arrivata direttamente nella notte tra martedì e mercoledì dal premier israeliano Netanyahu, il quale ha risposto seccato che “Israele è un Paese sovrano che non prende decisioni sulla base di pressioni provenienti dall’estero, anche quelle dei migliori amici”.

In seguito anche il vicepresidente della Knesset Nissim Vaturi, anch’egli membro del Likud, ha replicato alla Casa Bianca incolpando addirittura gli Stati Uniti dell’amministrazione Obama per la morte di alcuni soldati israeliani durante i bombardamenti del 2014 nella Striscia di Gaza.

L’agenzia israeliana Ynet news ha riportato le dichiarazioni dell’alto esponente del Likud secondo cui “Gli Stati Uniti non possono interferire negli affari interni di Israele. Questa è una democrazia e non si azzardino a dettarci ordini”, ha dichiarato Vaturi all’emittente Radio 103. Vaturi si è spinto ad accusare l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama per la morte di soldati durante l’operazione Protective Edge a Gaza. “Durante l’operazione Protective Edge, gli Stati Uniti hanno deciso un embargo sulle armi per i missili Hellfire per gli elicotteri Apache e Israele. I soldati sono stati uccisi, a mio parere, anche grazie al sostegno, tra virgolette, americano”. Un linguaggio decisamente inusuale.

Il giornale israeliano Times of Israel prova a gettare acqua sul fuoco delle tensioni tra Israele e Stati Uniti. Riporta infatti che la Casa Bianca mercoledì avrebbe elogiato i commenti di Netanyahu in risposta alle preoccupazioni del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden in merito alla revisione giudiziaria avanzata dal governo israeliano.

Secondo il Times of Israel le osservazioni del portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, sono apparse come un tentativo dell’amministrazione Biden di abbassare la temperatura dopo che le tensioni tra Stati Uniti e Israele si erano accese il giorno prima. “C’è molto da apprezzare. Ha parlato di ricerca del compromesso. Ha parlato di lavorare per costruire un consenso rispetto a queste potenziali riforme giudiziarie. Ha parlato di quanto sia incrollabile il rapporto tra Stati Uniti e Israele. E ha parlato del suo grande rispetto per il presidente Biden, un rispetto che anche il presidente Biden condivide”, aveva detto Kirby in un briefing con la stampa.

Kirby ha sottolineato però solo le parti della dichiarazione che gli Stati Uniti hanno apprezzato. Un funzionario statunitense ha dichiarato martedì al Times of Israel che la risposta di Netanyahu aveva fatto infuriare alcuni funzionari dell’amministrazione Biden.

Occorre ricordare che anche in passato ci stati momenti di “incomprensione” tra Stati Uniti e Israele. L’avvio del processo che portò agli accordi di Oslo tra Tel Aviv e l’Olp fu in qualche modo imposto dall’allora amministrazione di Bush senior. Israele poi ha fatto in modo che quegli accordi diventassero inservibili per la nascita dello Stato Palestinese, ma i mesi a cavallo tra il 1992 e il 1993 non furono proprio idilliaci nelle relazioni tra Washington e Tel Aviv. Ma anche durante l’amministrazione Obama, come rivelato dal tono delle dichiarazioni di Vaturi, i rapporti avevano vissuto momenti di alta tensione.

Adesso, mentre gli Accordi di Abramo tra Israele e alcuni, pochi, paesi arabi sembrano già una formalità sul calendario, la sincronia tra Usa e Israele in Medio Oriente è investita come un turbine sia dalle divergenze sulle forzature del governo fondamentalista di Netanyahu sul piano interno, sia dalle ripercussioni dei raid israeliani in Siria e contro l’Iran di cui Washington vorrebbe concordare tempi e modalità, mentre Israele si muove troppo spesso in modo autonomo in una regione in cui le alleanze a geometria variabile stanno modificando complessivamente rapporti e relazioni che sembravano inamovibili.

Infine, dagli Usa si segnala una iniziativa fino ad oggi inusuale. Alcuni congressisti statunitensi – guidati da Jamaal Bowman e Bernie Sanders – stanno guidando quello che molti definiscono uno sforzo senza precedenti per chiedere all’amministrazione Biden di indagare se Israele stia usando armi americane per commettere violazioni dei diritti umani contro i palestinesi

In una lettera diretta al segretario di Stato Antony Blinken e al presidente Joe Biden, i due legislatori hanno esortato l’amministrazione a garantire che il denaro dei contribuenti statunitensi non venga utilizzato per sostenere progetti negli insediamenti israeliani illegali.

Più di qualcuno avverte del rischio che Israele, alle prese con una crisi interna di consenso fortissima, possa giocare sulla carta dell’escalation militare verso l’esterno (Libano, Iran, Territori Palestinesi) per ricompattare una società e una classe dirigente che si sono duramente divaricate in questi mesi di contrapposizione contro le torsioni autoritarie e fondamentaliste del governo Netanyahu.

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