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22/03/2023

L’OCSE ci è arrivata, Meloni no: l’austerità uccide la sanità pubblica

Sono serviti quasi sette milioni di morti globali dovuti al Covid affinché l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) riconoscesse che i sistemi sanitari di tutti i Paesi membri – che sono sostanzialmente tutte le economie avanzate capitaliste del pianeta – si sono fatti trovare drammaticamente impreparati e sottofinanziati all’appuntamento con la pandemia. Dopo decenni passati a predicare l’austerità e la riduzione del ruolo dello Stato nell’amministrazione della cosa pubblica, l’OCSE è così costretta a mettere nero su bianco che lo Stato deve mettere soldi, tanti soldi, per evitare che la salute della popolazione si deteriori in maniera inesorabile nei prossimi anni. È quello che si può leggere in un recente rapporto, intitolato Ready for the Next Crisis? Investing in Health System Resilience. Le criticità individuate sono note a chiunque abbia avuto la sfortuna di avere bisogno di assistenza medica negli ultimi anni: personale gravemente sottodimensionato, investimenti in strutture e macchinari sempre più carenti, spese in prevenzione totalmente insufficienti e tutto il campionario degli orrori con cui si confronta chi entra oggi in un ospedale pubblico.

In uno scenario che, se si guarda alla situazione media di tutti i paesi OCSE (i paesi più ‘avanzati’ del mondo), è sconfortante, l’Italia spicca e lo fa per le ragioni sbagliate. Non può essere una novità, d’altronde. Nei primissimi giorni della pandemia provammo a tracciare un bilancio degli effetti dell’austerità sulla sanità italiana: spesa pubblica corrente nella sanità (che include gli stipendi dei lavoratori del settore) diminuita in termini reali del 12% tra il 2009 e il 2018; investimenti pubblici in sanità, quali ad esempio l’acquisto di strutture e macchinari, che nello stesso periodo soffrono un taglio del 44%; carenze d’organico ad ogni livello, dai medici fino agli infermieri. Una serie di numeri che possono apparire astratti, ma che hanno un riflesso drammaticamente tangibile nella nostra vita quotidiana e che mostrano tutta la loro violenza quando andiamo a vedere come il numero di posti letto ospedalieri ogni mille abitanti fosse, nel 2020, un terzo di quello che avevamo nel 1980 (3,19 posti letto ogni 1000 abitanti nel 2020, 9,61 nel 1980, secondo dati OCSE).

Posti letto ospedalieri ogni 1000 abitanti, Italia (1980-2020). Fonte: OCSE

Che fare per arrestare questo sfacelo? Una risposta sicuramente prudenziale la fornisce lo stesso Rapporto dell’OCSE di cui parlavamo all’inizio di questo articolo: aumentare sostanzialmente la spesa in sanità fino a portarla al 10,1% del PIL di ciascun Paese membro. Arrivati a questo punto, può essere utile confrontare queste prescrizioni con quanto sta concretamente facendo in merito il Governo Meloni. Anche qui, purtroppo, siamo costretti a tornare su quanto già detto e ridetto: nell’ultima Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, licenziata a novembre 2022, si può notare come la spesa sanitaria in rapporto al PIL sia prevista al ribasso per gli anni a venire, partendo dal 7,2% del 2021 per poi scendere al 7%, 6.6%, 6.2% e 6% negli anni fino al 2025 (come si può leggere nel documento approvato dal Governo qui, Tavola I.3B). Un provvedimento rivendicato con orgoglio e senza alcuna vergogna dal Presidente del Consiglio nella conferenza stampa di fine anno: leggere l’ultima domanda nella trascrizione dell’intervista per credere.

Detto in parole povere, il Governo Meloni, in totale e perfetta continuità con gli esecutivi che l’hanno preceduto, persevera senza esitazione nel progetto pluriennale di distruzione del sistema sanitario nazionale, un progetto che è un attentato diretto alla salute delle milioni di persone che non hanno i soldi per curarsi nella sanità privata e che possono solo sperare di non ammalarsi per evitare di dover iniziare un percorso che unisce alla disgrazia della malattia anche la beffa di liste d’attesa chilometriche, strutture fatiscenti e personale sanitario sfinito da turni massacranti. Non è retorica, purtroppo, ma ciò che ci dice l’OCSE e che ci dicono i dati sugli oltre 4 milioni di italiani che hanno rifiutato le cure per via delle liste d’attesa troppo lunghe. È inoltre ciò che, in spregio del ridicolo, ci dicono le Regioni, governate dalle stesse forze politiche che a livello di Governo centrale devastano la sanità pubblica: “Se davvero il livello di finanziamento del SSN per i prossimi anni dovrà assestarsi al 6% del PIL, prospettiva che le regioni chiedono che venga assolutamente scongiurata, occorrerà allora adoperare un linguaggio di verità con i cittadini, affinché vengano ricalibrate al ribasso le loro aspettative nei confronti del SSN. Saranno necessarie scelte dolorose, ma non più procrastinabili, al fine di evitare che le mancate scelte producano nel sistema iniquità ancora più gravi di quelle già presenti”.

Il Governo Meloni ha il pregio indiscutibile di essere totalmente trasparente e privo di qualsiasi pudore riguardo alle sue priorità: la salute e il benessere della popolazione sono un orpello da sacrificare sull’altare della fedeltà al dogma dell’austerità fiscale e un boccone da offrire in pasto a chi macina milioni su milioni di profitti con la sanità privata. Forte e spietato con i deboli, che siano i pazienti in attesa di essere curati o i migranti lasciati morire in mare senza batter ciglio, debolissimo e servile contro i forti, che siano i guardiani europei della disciplina di bilancio o il padronato nostrano che richiede manodopera da sfruttare.

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