Il governo francese, dopo il voto favorevole al Senato, su direttiva di Macron ha deciso di ricorrere al famigerato articolo 49.3 della Costituzione, senza lasciare la possibilità che l’Assemblea Nazionale si esprimesse sul testo della riforma pensionistica, licenziato mercoledì dalla Commissione Mista Paritetica (CMP).
Con ogni probabilità, a conti fatti, dopo 4 riunioni in 24 ore, l’Esecutivo non era sicuro di avere la maggioranza in Parlamento e quindi di non poter contare in toto – o in maniera sufficiente – sul consensi dei gollisti; né forse di potersi fidare completamente dei deputati delle formazioni che sostengono il governo (Renaissance, MoDem, Horizon).
Si parla di una quindicina di possibili defezioni su una sessantina di deputati di LR.
Il “fronte anti-popolare” della Macronie più gollisti si è sfaldato grazie ad una pressione costante che il movimento contro la riforma pensionistica ha esercitato in maniera unitaria dal momento stesso dell’annuncio della riforma ad inizio gennaio. Un movimento che ha visto allineate (come funzioni diverse) l’intersindacale – composta da 8 organizzazioni dei lavoratori – e l’opposizione compatta della NUPES in Parlamento.
Anche l’estrema destra di RN – l’ex Front Nationale – era contraria, ma non ha certo animato le piazze, né è stata al centro della scena politica; ma potrebbe, per un proprio calcolo politico, essere fondamentale per fare cadere il governo.
Il governo non ha voluto rischiare una pesante bocciatura in aula che avrebbe ipotecato il proseguimento del quinquennio presidenziale, ma ora dovrà affrontare le forche caudine di una o più “mozioni di sfiducia” su cui – se proposta da un raggruppamento diverso dalle due ali opposte del Parlamento (la sinistra di NUPES e l’estrema destra del RN) – potrebbe far convergere i due poli e farlo saltare.
Fantapolitica? Vedremo...
Se nelle aule parlamentari la partita è tutto meno che chiusa, lo è ancora di meno nelle piazze, come ha dimostrato la reazione determinata e rabbiosa dei francesi dopo la comunicazione di Elisabeth Borne all’Assemblea sull’utilizzo del 49.3.
Si apre uno scenario inedito, figlio di una fase in cui le contraddizioni trascendono il quadro della governance sviluppatosi da una trentina d’anni a questa parte.
Il progetto di riforma ha perso la battaglia delle idee – il 92% della popolazione in età lavorativa si è detta contraria stando all’ultimo sondaggio di Elabe – e quello della piazza con la maggioranza dei francesi che sosteneva, prima di quest’ultimo colpo di scena, la mobilitazione.
Otto giornate di mobilitazione generale e relativi scioperi inter-professionali, scioperi prolunganti in diversi settori strategici, blocchi e forme di “azione diretta” che facevano presagire un montare del conflitto, ed una sua radicalizzazione, non hanno fatto cambiare rotta a Macron, che ha deciso il “colpo di forza” dimostrando di non avere i numeri per portare avanti uno dei perni del suo programma.
Il Re è nudo e solo.
Ne esce con le ossa rotte, così come i capibastone di LR (Ciotti, Marleix, Retailleau), che credevano che la propria formazione potesse essere il perno di un esecutivo senza maggioranza, ed ora si ritrovano con un cadavere che cammina, nemmeno buono a fare da “ruota di scorta” al Presidente dei ricchi.
Se il governo passerà indenne – e non è detto – ad una “mozione di sfiducia trasversale”, dovrà comunque affrontare il giudizio del Consiglio costituzionale ed un probabile referendum d’iniziativa popolare (RIP) che “permette di bloccare la riforma in nove mesi”.
Ma colui che avrà l’ultima parola sarà il movimento popolare che ha creato un blocco sociale trasversale, compatto e reattivo, con una direzione sindacale unitaria finora aliena da ogni compromesso, e coerente con i presupposti della mobilitazione.
Lo si è visto a Parigi, dove i manifestanti sono affluiti a Place de la Concorde, e dalle manifestazioni spontanee tenutesi in differenti città in risposta alla forzatura governativa.
“Ora non ci sono più regole”, ha ribadito Oliver Mateu, segretario della UD13 della CGT e candidato al ruolo di segretario della Confederazione: “L’Intersindacale ha condotto il conflitto in maniera molto accademica fino ad ora, ed ha fatto bene”, ma con la forzatura governativa tutto è cambiato e si annunciano azioni di blocco più incisive del paese.
L’intersindacale chiama ad iniziative locali questo week-end ed ad una nuova mobilitazione nazionale con sciopero inter-professionale per giovedì 23, ma è chiaro che da qui a sette giorni il movimento cambierà di segno.
Si “cristallizzerà la collera”, come ha detto un delegato della CGT a Place de la Concorde.
E allora che sia così...
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