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17/03/2023

Banche, la crisi arriva amplificata in Europa

Il crack Svb, di cui abbiamo parlato qualche giorno fa, si è rivelato finora un fenomeno di distruzione della filiera del credito alle start-up tecnologiche con immediato impatto sul sistema bancario americano e, successivamente, su quello europeo. Il fatto che in Europa il fenomeno sia arrivato persino amplificato, con considerevoli perdite azionarie, suggerisce una serie di riflessioni.

Nonostante le analisi di testate, come il Financial Times, che parlavano di sistema finanziario globale frammentato si nota come sia rimasta una stretta connessione, nella crisi, tra banche americane e banche europee. Il fallimento di Svb, strategico ma non di colossali dimensioni, è così andato a sollecitare il crollo delle azioni di nomi di banche europee già noti durante la crisi Lehman come Axa, Commerzbank, Santander etc. Il colpo è poi arrivato anche più forte in Italia visto il peso dei titoli bancari nel listino di borsa di Milano.

È evidente che la maggiore regolamentazione del rischio delle banche europee rispetto a quelle americane è uno strumento per attutire il colpo anche se serio, come in questi giorni. Ma è anche evidente che le azioni non crollano mai a caso: quando le perdite sono delle dimensioni registrate in questi giorni vuol dire che sono emersi gli investimenti a rischio in USA da parte delle banche europee, la svalutazione dei bond americani detenuti e la minore copertura europea per le banche in caso di crisi improvvisa. Insomma, il problema esiste e la banca centrale europea vi deve far fronte.

Per quanto riguarda le banche centrali, visto lo scenario, anche per la Bce, come per la Federal Reserve, siamo di fronte a un dilemma che non sarà facile superare: o salvare la propria moneta o salvare il sistema finanziario di riferimento. Quello che stiamo vedendo infatti – in USA ed Europa – è che l’aumento dei tassi di interesse, per sostenere la propria moneta, ha provocato serie criticità nel proprio sistema bancario di riferimento e in quello finanziario globale. Allo stesso tempo salvare il sistema finanziario di riferimento, per gli USA può avere l’effetto di un indebolimento del dollaro che, oltre a essere la moneta della principale economia del mondo, è un prezioso servizio finanziario venduto in tutto il pianeta che sostiene il debito USA.

Per l’Europa, inoltre, c’è un punto nel quale la svalutazione dell’euro rende più difficile le stesse ragioni della sua esistenza ovvero la soglia sotto l’essere un prodotto finanziario solido, alternativa al dollaro. Si tratta quindi di non far precipitare i tassi ma nemmeno il sistema finanziario. È possibile? Finora, per quanto appaia magico il capitalismo, questo genere di rito esorcistico non è mai andato a buon fine.

E c’è anche un’altra questione: disallineare le politiche monetarie USA ed europee, nonostante l’attuale sofferenza economica continentale, significa aprire il terreno a guerre finanziarie vaste, giocate tutte nella predazione di ricchezze tra sistemi in crisi e concorrenza.

Non a caso sia Goldman Sachs che Morgan Stanley, due colossi del mondo finanziario, hanno ufficialmente chiesto una revisione della politica di rialzo dei tassi di interesse e che la BCE, a breve, sarà di fronte alla scelta delle modalità di rialzo dei tassi europei. Per tutti vale la scelta “o la propria moneta o la propria finanza” con ripercussioni globali per adesso tutte schiacciate sulle banche europee. Scegliere di salvare la propria finanza, che si incastra con quella globale, nel caso, per evitare ripercussioni sul sistema monetario globale ma anche il rigonfiarsi eccessivo di bolle finanziarie, dovrà essere connesso con una serie di politiche delle banche centrali tutte da scrivere. Ma significherà anche che i mercati finanziari sono in grado, e con forza, di invertire i comportamenti delle banche centrali verso esiti incerti sul piano planetario.

In ogni caso, visto l’impatto dei rialzi dei tassi sulle banche europee, l’Europa è di fronte a una serie di nodi, di politica monetaria e finanziaria, non facili da risolvere. Basta ricordare che la crisi del 2009, irrisolta per gli europei provocò il dramma della Grecia, la crisi del debito sovrano dell’area euro e il rischio di più seri crack sistemici.

Paul Krugman ha recentemente scritto “Svb non è Lehman“. Verissimo, altrimenti staremo commentando uno tsunami di dimensioni epiche persino, visto il livello di titoli tossici che gravitano sul pianeta, superiore a quello del 2008. Ma è anche vero che il rialzo dei tassi, in difesa del capitalismo non certo di qualche ideologia da ragionieri, ha messo in seria crisi il capitalismo stesso. Una contraddizione tra capitale e finanza già vista in passato che produce sempre situazioni nuove e velenose tutte da vivere, purtroppo, di nuovo anche in Europa.

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