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03/03/2023

Meloni in India… e i Marò?

Ieri Giorgia Meloni ha incontrato in un bilaterale il primo ministro dell’India Narendra Modi. A margine di un G20 dei ministri degli Esteri molto teso, con la guerra in Ucraina sempre sullo sfondo, il capo del governo indiano ha accolto la sua corrispettiva italiana per l’inaugurazione dell’ottava edizione del Raisina Dialogue.

Si tratta di un forum regionale organizzato dal think tank Observer Research Foundation (ORF) sulla sicurezza dell’area e in generale dell’Indo-Pacifico. Significativo dunque l’invito della Meloni, arrivata a Nuova Delhi per discutere proprio di un partenariato strategico in cui il settore militare è uno dei vettori principali.

Nell’ultimo decennio le relazioni diplomatiche tra i due pesi hanno vissuto fasi difficili, in primo luogo per il famigerato caso dei due Marò (arrestati per aver ucciso dei pacifici pescatori scambiati per “pirati”).

All’inizio del 2013 il caso aveva portato ad un vero conflitto diplomatico tra Italia e India, in cui è bene ricordare che gli attuali vertici di Fratelli d’Italia erano nettamente fomentati a sostegno dei fucilieri italiani diffondendo nel dibattito politico un vero e proprio tormentone: “e allora i Marò?”

Ma oltre a questo, con l’India c’erano altri punti di frizione, sempre legati all’ambito militare. Solo nel 2019 si è conclusa la lunga vicenda giudiziaria che aveva coinvolto, allora, due manager di Finmeccanica e poi Leonardo, accusati di corruzione nei confronti di ufficiali indiani per l’acquisto di 12 elicotteri della controllata Agusta Westland.

La ricucitura dei rapporti era cominciata già nel 2017, ma ha fatto un passo decisivo dopo il G20 di Roma dell’ottobre 2021. Dopo pochi giorni, infatti, l’India ha revocato l’estromissione dal subcontinente della Leonardo, che durava dal 2014. E oggi è proprio il complesso militare-industriale che riavvicina i due paesi.

Fincantieri aveva già mantenuto importanti rapporti, soprattutto per progetti della marina. Ora che il governo indiano ha annunciato 200 miliardi di investimenti nel settore militare, Leonardo è un ottimo attore con cui costruire joint ventures, in particolare sui sistemi di sorveglianza marittima e aerea. Di fronte ai miliardi, tutte le occasioni di vuota propaganda nazionalistica sono facilmente dimenticate.

Quello della guerra non è l’unico segmento delle relazioni che beneficerà di questa riappacificazione. Ma la cooperazione militare, produttiva e l’ipotesi di esercitazioni congiunte sono il principale segnale che, in contemporanea, viene dato a Pechino. L’Occidente vuole assicurarsi l’India nella sua cintura di contenimento della Cina, e fra qualche mese Palazzo Chigi dovrà decidere se confermare l’adesione alla “Via della Seta” cinese, che non piace a Nuova Delhi.

È evidente che l’intenzione è quella di accentuare la pressione sul Dragone. Eppure, l’India non sembra schierarsi in una dinamica per blocchi: giusto qualche giorno fa si è astenuta su una risoluzione ONU che condanna l’invasione russa dell'Ucraina, e Modi ha ribadito che “la presidenza indiana del G20 ha voluto dare una voce al Sud globale”. Il documento finale si concentra infatti sulla necessità della sicurezza alimentare mondiale.

La missione in Asia di Giorgia Meloni non si conclude in India, però. Oggi e domani sarà ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi, per rilanciare la cooperazione in ambito energetico e ambientale, in vista della Cop28. Ovviamente, dietro ci sono interessi ben precisi, dato che l’amministratore delegato ENI, De Scalzi, accompagnerà la prima ministra.

Ma anche questa visita segna la distensione di rapporti resi tesi da tre dossier delicati. La transazione sulle dispute commerciali e legali Etihad/Alitalia, il riconoscimento di passi avanti in tema di stato di diritto e la decisione di fermare le esportazioni di armi verso Arabia Saudita ed Emirati, paesi guida della guerra contro gli Houthi dello Yemen, hanno riaperto una finestra di dialogo.

L’attenzione data a India ed Emirati, e l’incontro che Meloni dovrebbe avere con Netanyahu al rientro, potrebbero essere collegati alla volontà del governo italiano di diventare un terminale mediterraneo dell’I2U2, il format di cooperazione che unisce India, Israele, Emirati Arabi Uniti e USA. Roma si sta proiettando con forza sul Mediterraneo allargato e sulla sua estensione fino a lambire il Pacifico.

Gli scopi sono appunto quelli della competizione strategica con la Cina, e le forze trainanti sono dunque le grandi multinazionali delle armi come Leonardo, con il consenso di ampi interessi materiali che si porta dietro.

Dentro la cornice Euroatlantica l’Italia di Giorgia Meloni cerca una propria funzione su quella che uno dei massimi esperti dell’economia dei trasporti e della logistica, Rocco Giordano, ha definito la “Via del Cotone”, che dovrebbe vedere nel Nord Africa il primo punto di contatto con le coste italiane. Non a caso, il settore di mondo su cui più forti sono le mire della UE.

La loro pacificazione dei rapporti internazionali è, in sostanza, necessaria a preparare il prossimo conflitto. C’è da preoccuparsi, e da rilanciare al più presto la mobilitazione contro la guerra e per una pace che porti con sé anche la giustizia sociale. Una condizione sine qua non è ammettere che la pace ha decisamente più chance dentro un mondo multipolare.

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