di Chiara Cruciati – Il Manifesto
Una qualità che certo non
manca all’inviato Onu per la Libia, Bernardino Leon, è la
caparbietà: dopo l’umiliazione rimediata a Berlino il 9 giugno,
quando il governo di Tobruk rifiutò la quarta bozza di accordo delle
Nazioni Unite, ripartono i negoziati tra i due parlamenti del paese.
Teatro del dialogo torna ad essere il Marocco: le delegazioni di
Tripoli (il movimento islamista Fajr Libya) e di Tobruk (l’esecutivo
riconosciuto dalla comunità internazionale) sono arrivate tra
giovedì e ieri per discutere la proposta di due settimane fa.
A favorire l’ennesima svolta nel caos libico è stata la
decisione del parlamento di Tobruk di accettare, mercoledì sera,
la bozza redatta da Leon. Un via libera che ha generato rinnovato
entusiasmo al Palazzo di Vetro, con Leon che dal resort di
Skhirat (dove si aprirà il tavolo del negoziato) sbandiera «una
soluzione vicina»: «Il fatto che tutti i partecipanti abbiano
accettato la bozza come base per una soluzione definitiva è
estremamente incoraggiante», ha detto ieri alla stampa.
Un via libera che, però, resta zoppo: Tobruk ha messo le mani
avanti e chiesto «modifiche» alla quarta bozza d’accordo, ritenuta
troppo sbilanciata a favore dei rivali islamisti. La
proposta Leon prevede la formazione di un governo di unità
nazionale, a tempo determinato (un anno), con un consiglio dei
ministri guidato da un triumvirato rappresentativo delle due
fazioni rivali; la formazione di una Camera dei Rappresentanti
(ovvero l’attuale parlamento di Tobruk) con potere legislativo e di
un Alto Consiglio di Stato (120 membri di cui 90 provenienti dal
parlamento islamista di Tripoli) con potere consultivo; e
l’integrazione in un unico esercito delle due forze armate.
La bozza era stata accolta positivamente da Tripoli, ma
rigettata all’ultimo momento da Tobruk che accusava Leon di essersi
piegato alle richieste islamiste e aver concesso agli avversari
un potere eccessivo: l’Alto Consiglio avrebbe la facoltà di
emettere pareri vincolanti, ovvero di approvare o bocciare i
disegni di legge della Camera. Ora, però, quella stessa proposta
torna sul tavolo, accompagnata dal plauso della comunità
internazionale che vede in un governo di unità la risposta alla
crisi libica e all’emergenza migranti, reale preda di Unione Europea e
Nazioni Unite. Che, ciecamente e colpevolmente, attribuiscono le
stragi nel Mediterraneo all’assenza dello Stato in Libia e
sperano che un nuovo esecutivo permetterà di implementare
l’operazione navale EuNavFor, approvata lunedì da Bruxelles per
fermare le imbarcazioni di disperati diretti in Europa.
Eppure i due parlamenti libici, divisi in tutto, paiono vicini
proprio nella reazione al piano Ue: la sovranità della Libia è una
linea rossa invalicabile. E se Tripoli ha già manifestato le
proprie riserve in merito, lunedì, aprendo il fuoco contro un
barcone, Tobruk ha minacciato raid aerei nel caso di ingresso nelle
acque territoriali libiche di navi europee.
In tale contesto si apre il negoziato marocchino,
debolissimo perché superficiale, alienato dalla reale situazione
del paese. Se è vero che il potere “ufficiale” nel post-Gheddafi appare
diviso a metà, tra Tobruk e Tripoli, la realtà sul terreno è diversa:
la Libia è smembrata in una miriade di autorità rivali sul piano
religioso ed etnico, milizie armate, tribù, organizzazioni
islamiste che coprono l’ampio spettro degli incubi occidentali, dall’Isis ad al Qaeda nel Maghreb Islamico.
Di gruppi (molti armati durante l’operazione Nato contro il Colonnello, nel 2011) ne esisterebbero almeno 1.700. Laici,
islamisti, secessionisti, liberali. Ideologie diverse ma
obiettivi comuni: controllo del territorio e delle immense risorse
energetiche libiche. Ogni milizia, ogni tribù va alla
caccia di alleanze profittevoli, con Tripoli o Tobruk, per
garantirsi il controllo del traffico d’armi da Ciad e Niger o quello
del greggio.
La Libia è tornata il paese della “tribalizzazione”
pre-Gheddafi: talmente frammentata in autorità avversarie,
geograficamente divisa tra tribù rivali, che pensare di risolvere
le innumerevoli guerre civili che la scuotono con un governo
Tripoli-Tobruk appare ingenuo. Per questo nei giorni scorsi
Leon ha incontrato a Misurata le milizie armate attive a ovest, per
discutere di cessate il fuoco locali e scambio di prigionieri.
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