di Michele Paris
Il vertice NATO
andato in scena questa settimana a Bruxelles si è trasformato
nell’ennesimo prevedibile festival dell’ipocrisia, con i paesi
dell’Alleanza impegnati a dipingere la Russia come il pericolo
principale per la sicurezza europea, vista la presunta aggressività
mostrata nella questione ucraina. Per esigenze strettamente “difensive”,
gli Stati Uniti e i suoi 27 fedeli partner militari hanno così
annunciato, tra l’altro, l’avvio di discussioni sulle contromisure da
adottare anche nell’ambito degli armamenti nucleari.
Nei racconti
relativi ai contenuti del summit apparsi sui media ufficiali in
Occidente si sono sprecate le citazioni di anonimi funzionari NATO che
hanno riportato le preoccupazioni dei vari paesi membri e dei vertici
militari per le decisioni prese recentemente dal presidente russo,
Vladimir Putin.
In particolare, l’incontro di mercoledì e giovedì
nella capitale belga sarebbe stato motivato dal recente annuncio del
Cremlino di volere aggiungere altri 40 missili balistici
intercontinentali al proprio arsenale. Washington, inoltre, ha
insistentemente puntato il dito contro la Russia - in larga misura senza
fondamento - per avere violato il Trattato sulle Forze Nucleari a Medio
Raggio (INF), siglato tra USA e URSS nel 1987.
Quest’ultima
accusa dovrebbe portare i membri della NATO a formulare una nuova
“dottrina nucleare” già nei prossimi mesi, ad esempio incorporando in
essa nuove direttive riguardanti il ruolo delle armi nucleari
nell’ambito delle esercitazioni militari dell’Alleanza e
un’interpretazione aggiornata delle posizioni russe in merito all’uso di
questi stessi ordigni.
In altre parole, secondo la versione
occidentale, poiché la “dottrina nucleare” NATO attualmente in vigore
risale almeno a un decennio fa, quando la Russia era considerata un
possibile partner, essa non riflette più la nuova realtà strategica
venutasi a creare a causa della rinnovata aggressività di Mosca.
Nelle
parole del segretario generale della NATO, l’ex premier laburista
norvegese Jens Stoltenberg, “le attività nucleari, gli investimenti
nelle proprie capacità nucleari e le esercitazioni in ambito nucleare
della Russia fanno parte di un quadro globale nel quale è possibile
osservare un paese più risoluto” nella proiezione dei propri interessi.
Lo
stesso Stoltenberg giovedì ha messo anche in guardia dal rischio di una
ripresa dei combattimenti in Ucraina sud-orientale, ribadendo senza
fondamento come la Russia continui a fornire armi e soldati ai
separatisti che combattono contro il regime golpista installato a Kiev
dall’Occidente.
La
responsabilità del clima bellico che si respira in Europa, in sostanza,
secondo la NATO sarebbe da attribuire interamente al governo di
Vladimir Putin, intento a pianificare una qualche riconquista delle aree
sotto la sfera d’influenza sovietica.
Vista la situazione,
perciò, diventa legittima praticamente ogni genere d'iniziativa
militare volta a contrastare questo fantomatico tentativo di espansione
russo che sembrerebbe incombere in primo luogo sui paesi dell’Europa
orientale.
Durante il vertice di questa settimana sono stati così
confermati alcuni progetti per rispondere all’arroganza di Mosca. Il
numero di uomini da assegnare alla cosiddetta Forza di Reazione Rapida è
ad esempio salito a 40 mila dai 4 mila previsti inizialmente e in un
secondo momento già aumentati fino a 13 mila.
In maniera
chiaramente provocatoria nei confronti della Russia, queste forze
stazioneranno in vari paesi dell’Europa orientale, come Bulgaria,
Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania. Inoltre, la NATO
dovrebbe istituire una forza di circa 4 mila uomini in grado di
mobilitarsi contro ipotetiche manovre russe in maniera ancora più
rapida, cioè entro 48 ore.
Nella giornata di martedì, il
segretario alla Difesa americano, Ashton Carter, aveva assicurato che
gli Stati Uniti forniranno centinaia di veicoli militari, aerei da
guerra, droni, carri armati e artiglieria pesante da posizionare in
questi stessi paesi. Da qualche mese, poi, dal Pentagono viene avanzata
l’idea di stazionare in Europa missili Cruise con testate nucleari,
ovviamente puntati verso la Russia.
I preparativi in atto
confermano dunque come la NATO stia portando a compimento un vero e
proprio riorientamento strategico e militare contro la Russia. Ciò non è
dovuto alla crisi in Ucraina - peraltro creata dall’Occidente - ma è
bensì un progetto in cantiere da tempo, e accelerato dalla crisi in
Ucraina, che non può che essere percepito a Mosca come un’aperta
minaccia di guerra e provocare una risposta adeguata.
Le
implicazioni degli scenari creati in Europa sono state suggerite da una
recente dichiarazione del ministro della Difesa polacco, Tomasz
Siemoniak, il quale ha affermato che “il periodo di pace seguito alla
Seconda Guerra Mondiale è finito”, lasciando intendere come la classe
dirigente occidentale sia pronta per un nuovo conflitto, questa volta
potenzialmente combattuto con armi nucleari.
A
fronte delle provocazioni e dell’ostentato atteggiamento di unità, in
Occidente e all’interno della stessa NATO vi sono divisioni e conflitti
sulla strategia da perseguire nei confronti della Russia. I disaccordi,
evidenti anche dallo scarso entusiasmo con cui alcuni paesi hanno
sacrificato i propri interessi economici dando il proprio assenso al
recente prolungamento delle sanzioni contro Mosca, restano per il
momento in secondo piano nei confronti del rispetto formale dell’alleanza
strategica che li lega agli Stati Uniti.
Sanzioni e minacce
militari, d’altra parte, invece di isolare la Russia la stanno spingendo
sempre più a guardare a Oriente, in particolare verso la Cina, e ai
paesi emergenti (BRICS), nel quadro di una crescente integrazione,
soprattutto economica, da cui è un’Europa già in affanno che rischia di
essere esclusa.
Con l’evoluzione di queste dinamiche, a Londra
come a Parigi, a Berlino come a Roma, i governi occidentali saranno
chiamati a scegliere fra la cooperazione pacifica e il percorso di
guerra e distruzione preparato dall’impero in declino.
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