Alla vigilia della data limite, pare che l’accordo sul nucleare
iraniano verrà posticipato. Ancora una volta. Lo ha rivelato ieri all’AP un
alto funzionario americano presente a Vienna per il round finale dei
colloqui tra il 5+1 (i paesi del Consiglio di sicurezza dell’Onu + la
Germania) e la Repubblica Islamica, colloqui intrapresi due anni fa e
già estesi una volta per far fronte alle difficoltà del raggiungimento
di un accordo quadro sull’atomica di Teheran.
Ad avvalorare le affermazioni del funzionario Usa ci sarebbe anche la
partenza repentina del ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad
Zarif, che secondo i media locali starebbe rientrando a Teheran per
ricevere istruzioni su come agire riguardo ai nodi ancora non
sciolti del negoziato, primo fra tutti il grado di intrusione degli
esperti dell’Onu negli impianti della Repubblica Islamica – compresi i
siti militari – e il sollevamento delle sanzioni internazionali.
La disputa sui maggiori controlli agli impianti iraniani, che pure
Teheran in passato si era detta disposta ad accettare, è stata
risollevata ieri dalle parole del generale Masoud Jazayeri, che ha
avvertito che qualunque ispezione straniera nelle centrali iraniane sarà proibita:
“Qualunque tentativo – ha aggiunto – da parte degli Stati Uniti e dei
propri alleati di ottenere informazioni militari dietro la minaccia
delle sanzioni non riuscirà nel suo intento”.
Si fa sempre più tesa, quindi, l’atmosfera che ruota intorno
all’eventuale storica firma, con la rappresentanza iraniana che tenta di
essere accomodante a fronte di ripetuti proclami ostili da parte
dell’ala dura dell’esercito e del Parlamento: poco più di una settimana
fa, infatti, i deputati di Teheran avevano approvato con una
maggioranza di 199 su 213 un disegno di legge che proibisce l’ingresso a
qualunque sito militare da parte di ispettori stranieri, oltre al
sollevamento immediato di tutte le sanzioni che gravano sulla Repubblica
Islamica qualora l’accordo sul nucleare fosse firmato.
Se ratificato, il disegno di legge complicherebbe
ulteriormente i colloqui, già disturbati a più riprese dai proclami e
dalle norme fuoriuscite dal Congresso Usa, che ormai da mesi
osteggia la riuscita del negoziato e l’eventuale successo del presidente
Usa Obama nel riportare il suo unico successo mediorientale entro la
fine del mandato, con disegni di legge fatti apposta per bloccare la
ratifica dell’accordo e nuove sanzioni pronte per essere spedite a
Teheran.
Disappunto e flebili speranze sortiscono dalle voci dei funzionari
presenti a Vienna, dai rappresentanti della Germania a quelli del Regno
Unito, passando per l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera
Federica Mogherini: “Sarà dura – ha detto ai giornalisti – ma non
impossibile. Posso dire che c’è la volontà politica, e si vede ovunque.
Per questo abbiamo affidato ai negoziatori il compito di lavorare tutta
la notte sui testi”. Parole già sentite in passato. Ma forse questa
volta sarà troppo tardi.
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