Si tratta davvero un brutto colpo per l’orgoglio, l’immagine e la propaganda del più forte esercito del mondo. Il sito dell’esercito statunitense è stato attaccato ieri da un gruppo di hacker ed è stato oscurato per diverse ore. Responsabile dell’hacker attacco è il “Syrian electronic army”, che ha rivendicato prontamente l’azione, un gruppo giudicato vicino al governo di Damasco.
In un messaggio apparso sul sito dell’Us Army dopo l’intrusione, gli hacker hanno scritto che l’esercito statunitense è corrotto e che sostiene il terrorismo in Siria e altrove, invitando i cittadini statunitensi a non dargli retta. Il ministero della Difesa di Washington è stato costretto a confermare l’attacco informatico, precisando però che nessun dato è stato sottratto. Proprio ieri il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, nel corso di una conferenza stampa realizzata alla fine del G7 tenutosi in Germania, aveva detto che i sistemi informatici statunitensi sono troppo antiquati e che servono maggiori tutele contro i tentativi di violazione, rilanciando la sua proposta di una legge sulla “sicurezza informatica” che in realtà poco ha a che fare con la lotta contro le intrusioni e molto con il controllo e il monitoraggio della rete.
Per l'esercito degli Stati Uniti quello di ieri non è certo il primo attacco hacker subito, anche se quello ad opera del “Syrian electronic army” è il primo messo a segno contro la pagina web destinata al pubblico (www.army.mil). Lo scorso gennaio hacker ritenuti vicini allo Stato Islamico avevano attaccato gli account YouTube e Twitter del Us Central Command, anche in quel caso senza riuscire a rubare alcuna informazione (sempre a detta dei comandi militari statunitensi). Inoltre la scorsa settimana un altro pesante attacco ha piegato la rete statunitense, quando con un'azione coordinata di diversi pirati informatici sono stati sottratti i dati di milioni di dipendenti del governo di Washington. Un maxi attacco di cui Washington considera responsabili gli hacker al servizio del governo cinese malgrado le numerose smentite di Pechino.
E’ evidente che quello informatico è uno dei tanti fronti sui quali si sta combattendo uno scontro tra grandi potenze mondiali e regionali in un contesto segnato dall’escalation militare ma anche dall’inasprirsi della competizione tecnologica tra soggetti statuali concorrenti.
Su fronti opposti, sia i jihadisti dello Stato Islamico sia i supporter del governo siriano sono molto attivi nella cyberguerra in atto su scala mondiale.
Il Sea è un team di hacker siriano nato nel 2011 che, tramite diversi attacchi condotti in tutto il pianeta, prova a colpire le varie istituzioni ed enti schierati contro il governo del Paese sottoposto a una violenta opera di destabilizzazione da parte delle Petromonarchie arabe, della Turchia e delle potenze occidentali.
Più volte il “Syrian electronic army” è riuscito a violare i sistemi informatici di entità statunitensi. Ad esempio nel 2013 il Sea riuscì ad hackerare l’account Twitter della Associated Press, inviando un falso tweet su un attacco terroristico alla Casa Bianca. Un colpo che causò un enorme danno economico, visto che la mossa causò un immediato collasso del valore dell'indice Dow Jones che perse ben 150 punti in soli due minuti. Sempre nel 2013, il Sea prese di mira il New York Times, “spegnendo” per diverse ore il portale di uno dei più importanti quotidiani al mondo.
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